“O voto, o mi consegno alla camorra”
Con queste parole Gennaro Ciliberto, testimone di giustizia inserito nel programma speciale di protezione, ha scritto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella denunciando un fatto gravissimo: l’impossibilità di esercitare il diritto di voto.
Un diritto che – secondo quanto afferma – gli è stato negato dallo stesso Stato che avrebbe dovuto tutelarlo.
“Questo governo ha mantenuto la sua promessa: negarmi un diritto fondamentale. In 14 anni ho fatto arrestare decine di criminali. Ora mi lasciate nelle mani dei clan.”
Le sue parole sono agghiaccianti. Ma soprattutto vere. E rivelano ancora una volta l’ipocrisia di uno Stato che festeggia la Repubblica mentre tradisce la Costituzione.
Il prezzo della legalità: abbandono e isolamento. Gennaro Ciliberto non è un criminale. È un cittadino onesto, testimone diretto di appalti truccati, infiltrazioni mafiose, minacce, collusioni tra potere e criminalità. Le sue denunce hanno portato a processi, condanne, arresti.
Eppure oggi, invece di essere onorato, viene trattato come un problema.
“Il Servizio Centrale di Protezione ci sta conducendo verso la morte. In questo momento critico, offrire ai clan l’occasione di vendicarsi sarebbe troppo facile.”
Parole che pesano come pietre. Perché non vengono da un oppositore politico, ma da un uomo che ha servito la Repubblica con coraggio.
Una Costituzione ignorata. Un governo che chiude gli occhi. Nel suo appello, Ciliberto punta il dito anche contro la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni:
“Ringrazio ironicamente l’onorevole Meloni che, pur conoscendo la mia situazione, ha scelto di ignorarla. Aveva già dichiarato la sua avversione al voto, e ha applicato questo principio al testimone di giustizia Ciliberto.”
Un’accusa durissima, ma documentata. Le istituzioni tacciono. Il Ministero dell’Interno non ha attivato alcuna procedura per permettere a Ciliberto di votare in sicurezza.
Nessuna scheda elettorale, nessun seggio protetto, nessun diritto garantito.
Due volte vittima: prima della mafia, poi dello Stato. Ciliberto lo dice chiaramente: “Non c’è speranza per gli onesti”. La sua è la storia di una vittima due volte: prima della camorra, poi dello Stato che – dopo avergli chiesto coraggio – l’ha lasciato solo.
È la storia di troppi testimoni di giustizia ridotti alla fame, abbandonati nei container, con figli senza futuro e incubi senza fine. È l’Italia che applaude la legalità solo nei comizi, ma la distrugge ogni giorno nella burocrazia e nell’indifferenza.
Legalità tradita, diritti violati. Lo Stato ha perso la sua credibilità. In un Paese in cui chi ha denunciato vive sotto scorta, senza diritti, senza voce, non è la criminalità ad aver vinto. È lo Stato ad aver perso.
Il caso di Gennaro Ciliberto è emblematico. E se il Presidente Mattarella non interverrà, sarà un’altra pagina buia nella storia della Repubblica.
Perché senza giustizia per i testimoni, non c’è giustizia per nessuno.
Ciliberto ha inviato congiuntamente alla lettera la propria tessera elettorale al Presidente della Repubblica Mattarella