L’inferno a cielo aperto: Gaza come lager del XXI secolo
Da oltre otto mesi, Gaza è diventata il simbolo della disumanità del nostro tempo. Dal 7 ottobre 2023, data dell’attacco lanciato da Hamas contro Israele, la rappresaglia militare dello Stato ebraico si è abbattuta sulla popolazione palestinese con una ferocia che ha scosso anche le coscienze più assopite. Le vittime palestinesi sono ormai tra le 54.000 e le 63.000, considerando anche i dispersi sotto le macerie. Un numero che parla da sé. Ma è il dettaglio più atroce a renderlo ancora più insopportabile: oltre la metà dei morti sono bambini, adolescenti, neonati.
Bambini massacrati. Senza volto, senza nome, senza colpa. Il governo israeliano, guidato da Benjamin Netanyahu, ha parlato di “legittima difesa”. Ma quello che sta avvenendo a Gaza ha ormai superato ogni definizione legittima. Non si tratta più di una guerra contro Hamas, ma di un bombardamento sistematico contro una popolazione civile intrappolata, affamata, assediata, privata di acqua, cure, libertà. Ospedali distrutti, scuole colpite, campi profughi ridotti in cimiteri.
Chi può ancora giustificare questo massacro? Le reazioni internazionali sono state per lo più timide, ambigue, ipocrite. Le potenze occidentali, in primis gli Stati Uniti e l’Unione Europea, continuano a ripetere il mantra della “sicurezza di Israele”, ignorando la catastrofe umanitaria che si consuma ogni giorno. La parola “genocidio” rimbomba nei cortei, nelle aule universitarie, nei tribunali morali del mondo. Ma resta tabù nelle stanze dei governi complici.
I numeri della vergogna:
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Vittime palestinesi: tra 54.000 e 63.000, secondo stime indipendenti e ONG internazionali.
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Minorenni uccisi: oltre 30.000.
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Feriti: oltre 70.000, spesso senza accesso a cure mediche.
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Morti israeliani: 1.139 (dato confermato dal governo israeliano), per lo più nell’attacco del 7 ottobre.
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Città distrutte: Rafah, Khan Younis, Gaza City, Nuseirat: una mappa di rovine.
L’accusa di crimini di guerra nei confronti del premier israeliano Netanyahu è stata formalizzata dalla Corte Penale Internazionale. Ma i tempi della giustizia rischiano di essere troppo lenti per chi, oggi, muore sotto le bombe o vede la propria famiglia sepolta viva. I leader del mondo si riempiono la bocca di “pace” mentre riforniscono di armi l’aggressore.
Tutto questo non è un conflitto tra pari. Non è una guerra classica. È un massacro unilaterale, uno sterminio pianificato, che ci interroga come esseri umani prima ancora che come cittadini. Chi tace, chi giustifica, chi si volta dall’altra parte è complice.
Il mondo occidentale – che si vanta dei suoi valori, della sua civiltà, della sua democrazia – oggi mostra il volto più ipocrita della sua storia recente.
La storia ci giudicherà. E lo farà presto. Le macerie di Gaza non sono solo rovine materiali, ma monumenti alla codardia di un’umanità che ha smesso di indignarsi. Non possiamo più dire “non sapevamo”.
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