Oggi Sissy avrebbe compiuto 36 anni. Invece è morta per aver denunciato traffici e abusi all’interno del carcere della Giudecca. Una storia di coraggio, solitudine e giustizia negata.
Il 1° novembre 2016, all’interno dell’ospedale civile di Venezia, un colpo di pistola esploso dalla sua stessa Beretta d’ordinanza ha messo fine alla vita dell’agente penitenziaria Sissy Trovato Mazza. Quel giorno si trovava sola, in un contesto che di sicuro l’aveva già marchiata.
Sissy, calabrese di origine, non era una qualunque. Era una donna dello Stato. Ma era anche una voce fuori dal coro, una che non aveva accettato le regole del silenzio, soprattutto quando queste si traducono in abusi, soprusi, traffici illeciti, e violenze dentro le mura del carcere femminile della Giudecca, a Venezia, dove lavorava.
Due anni prima della sua morte, Sissy aveva iniziato a segnalare situazioni gravi all’interno della struttura: dal traffico di droga, agli abusi del personale penitenziario sulle detenute, fino a strane movimentazioni e negligenze nella gestione dei turni.
Le sue denunce, invece di essere ascoltate, l’hanno resa un bersaglio. Isolata. Umiliata. Oggetto di procedimenti disciplinari. Circondata da colleghi che le voltavano le spalle e da un sistema che anziché proteggerla, l’ha sacrificata.
Un mistero ancora irrisolto
Quel colpo di pistola che l’ha colpita alla nuca non è mai stato chiarito del tutto. La pista ufficiale parla di suicidio o di “incidente”. Ma la realtà – e la memoria viva di chi l’ha conosciuta – continua a urlare omicidio.
Nessuna arma dovrebbe mai uccidere chi la impugna in nome dello Stato. Eppure è successo.
Chi l’ha uccisa – fisicamente o moralmente – non ha ancora un volto, ma ha un nome: omertà istituzionale.
In un mondo in cui il confine tra chi controlla e chi è controllato si assottiglia fino a scomparire, Sissy ha avuto il coraggio di stare dalla parte giusta. Ha creduto che dire la verità fosse un dovere. Ha sfidato la “cultura del segreto” che vige in molti ambienti chiusi e verticali, come i penitenziari, e ha combattuto per rispetto, giustizia, dignità.
Oggi, nel giorno in cui avrebbe compiuto 36 anni, non possiamo che renderle omaggio.
Non con la retorica. Ma con la memoria attiva. Con la consapevolezza che la sua battaglia è ancora aperta.
Buon compleanno, Sissy. Guerriera della legalità.