Italia trascinata in un arbitrato internazionale dalla multinazionale Rockhopper per aver bocciato il progetto di estrazione petrolifera “Ombrina Mare 2” al largo della costa abruzzese. Questa notizia tre anni fa passò in sordina, per deflagrare poi solo con attacchi e accuse contro ambientalisti e cittadini.
«Avrebbe dovuto fare irruzione, catturare grande attenzione e travolgere la classe spolitica dei palazzi (colpevoli ieri, oggi e purtroppo anche domani) una notizia legata alle politiche energetiche, a quale direzione intraprendere per la transizione ecologica, per la lotta ai cambiamenti climatici, per recuperare l’indipendenza energetica che gli sgoverni degli ultimi decenni hanno vergognosamente affossato in ogni prospettiva – riportammo il 14 settembre 2022 – Ed invece la notizia l’hanno dovuta rendere nota movimenti ambientalisti, le analisi e approfondimenti migliori li abbiamo letti sul Guardian (nove mesi fa, come documenta la copertina di quest’articolo, perché l’arbitrato non è roba di pochi mesi…) e solo alcuni organi di stampa ambientalisti e per il resto qualche cazzata per un paio di giorni da parte di qualche sparuto esponente del governo dell’assembramento, qualche titolo ad effetto della stampa neocapitalista e neoestrattivista e nulla più».
«L’Italia non ha nessuna sovranità energetica, nessun potere decisorio, nessun potere, il destino dei territori, della salute, dell’economia, delle fonti energetiche non li decide il Parlamento, non li decide il governo. Tutti coloro che vediamo quotidianamente sfilare sono quasi tutti solo burattini e pupi, è show da campagna elettorale, sono chiacchiere di chi cerca di giustificare la sua esistenza. Hanno governato, sgovernano e governeranno ma su questioni fondamentali e vitali possono solo giocare come i cuccioli del maggio o quasi – sottolineammo tre anni fa – L’Italia è stata condannata a metà agosto in un arbitrato internazionale, basato sul Trattato della Carta dell’Energia, a pagare 190 milioni di euro più alla Rockhopper. La “colpa” dell’Italia: aver voluto tutelare i mari italiani, decidere sui propri territori e – attenzione – aver bocciato un progetto privato, Ombrina Mare 2. Mai approvato, bocciato durante l’iter autorizzativo. L’Italia ha cercato in quell’occasione di essere Stato, di tutelare interessi pubblici rispetto ad interessi economici di alcuni privati. Ha svolto quel che, sostanzialmente, su migliaia di progetti avviene ogni giorno. Ma questo, grazie al trattato firmato nel 1994 e ratificato nel 1997, di fronte gli interessi estrattivisti, speculativi, economici di una multinazionale non è consentito ad uno Stato, la sovranità che dovrebbe “appartenere al popolo” appartiene in realtà a ben altri. Follia finale: l’Italia sarebbe uscita dal trattato nel 2016 ma una clausola la vincola ancora per vent’anni».
Quei silenzi, quelle mancanze di riflessioni (e indignazioni) sono rimasti intatti tre anni dopo. Quando, e la notizia l’ha resa nota la stessa multinazionale nel silenzio di “sovranisti” e “tribuni del popolo” italici, il ricorso della Rochhopper è stato bocciato. Centomila presenze in due manifestazioni, a Pescara nel 2013 (40.000) e a Lanciano nel 2015 (60.000). Ombrina Mare 2, progetto petrolifero al largo della costa teatina, è nome legato ad una stagione di ampia partecipazione sociale all’opposizione a quella che i movimenti ambientalisti definirono “deriva petrolifera”. Tutto iniziò, nel 2007, contro il progetto del Centro Oli ad Ortona, primo di una lunghissima lista di progetti di estrazione a terra e a mare contro cui si espresse un vastissimo fronte di associazioni, cittadini, istituzioni e partiti politici. Nel 2007 erano pochissimi i no al progetto ortonese, otto anni dopo alla manifestazione di Lanciano parteciparono praticamente tutti i partiti politici e le istituzioni locali e persino la Chiesa cattolica.
Dopo il disastro al largo del Golfo del Messico nel 2010 l’Italia cambiò la legge sulle concessioni, imponendo un limite a quelle in mare, e l’iter autorizzativo di Ombrina Mare 2 si bloccò. Due anni dopo il governo Monti con un decreto dell’allora ministro Corrado Passera eliminò questo limite e l’iter fu riavviato. Partì la vasta opposizione popolare che culminò nelle due manifestazioni e portò ad un nuovo cambio di rotta che portò alla bocciatura definitiva del progetto. La Rockhopper, multinazionale proponente, dopo qualche anno decise di trascinare l’Italia in un arbitrato internazionale sulla base del Trattato della Carta dell’Energia, nonostante il nostro Paese ne era uscito anni prima. Ad agosto 2022 l’Italia fu condannata a risarcire 190 milioni di euro alla multinazionale. Lo Stato italiano ha presentato appello contro questa condanna in base al Trattato Internazionale per il Regolamento delle Controversie relative agli Investimenti. Appello che è stato vinto dall’Italia portando così all’annullamento della condanna a risarcire la Rockhopper.
«La questione del risarcimento da 190 milioni di euro aveva avuto una vasta eco in Italia dove, invece di contestare le folli clausole capestro contenute nel Trattato dell’Energia improvvidamente firmato a metà anni ’90 dai nostri governanti, era stata montata ad arte una feroce critica alla sacrosanta protesta anti-trivelle del popolo abruzzese – ha sottolineato Augusto De Sanctis, Forum H2O – Avevamo ragione allora a contestare sia la deriva fossile, in piena epoca di crisi climatica, sia il trattato dell’Energia, da cui poi si è ritirata pure la UE. Il clima non lo si difende a chiacchiere o addirittura scavando nuovi pozzi di petrolio per giunta in un mare chiuso come l’Adriatico; serve invece abbandonare subito tutte le fossili».
«Con grande gioia oggi possiamo festeggiare la sconfitta della società petrolifera Rockhopper che aveva chiesto un risarcimento di 190 milioni di euro all’Italia: riceveranno 0 euro e non potranno più ricattare la nostra comunità come avevano fatto – esulta alla notizia della cancellazione del risarcimento Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Rivendico con orgoglio che siamo riusciti a fermare il devastante progetto di una gigantesca raffineria galleggiante Ombrina 2 davanti al Parco della Costa Teatina solo grazie a un meravigliosa mobilitazione popolare NoOmbrina che ha costretto tutte le forze politiche nazionali a dire no».
«Vorrei abbracciare tutte le persone con cui abbiamo condiviso una lunga lotta ecologista e comunitaria in difesa dei beni comuni, del nostro mare e della nostra terra, dall’irresponsabilità politica e dal saccheggio di un capitalismo predatorio – conclude Acerbo – La lotta contro il progetto Ombrina2 è stata (come quella contro la Sangrochimica ngli anni ’70) ha dimostrato che il popolo unito può vincere e con lo stesso spirito invito domenica e lunedì ad andare a votare in massa per i referendum».
Grazie ai giornalisti di Altreconomia è emersa un’altra circostanza sull’arbitrato, resa nota sui social da Augusto De Sanctis: uno degli avvocati della multinazionale era stato condannato e poi prescritto per il crack del Banco Ambrosiano.
«Quando il giornalista di Altraeconomia mi ha mandato le 100 pagine della sentenza stentavo a crederlo. Praticamente grazie a una segnalazione arrivata previa telefonata anonima (sì ) agli avvocati dell’Avvocatura dello Stato si e scoperto che l’arbitro scelto dai petrolieri in primo grado – dove l’Italia era stata condannata a pagare 190 milioni più interessi – era un avvocato condannato e poi prescritto per il crack del Banco Ambrosiano trenta anni fa – ha scritto in un post su facebook De Sanctis – A quel punto l’avvocatura ha sostenuto che l’avvocato in questione avrebbe dovuto astenersi o comunque dire subito della condanna (seppur prescritta) per permettere una valutazione sull’esistenza di un eventuale pregiudizio verso il paese. Il tribunale internazionale sulle controversie negli investimenti ci ha dato ragione su questo punto, senza entrare nel merito degli altri motivi di ricorso. Quindi ha annullato la sanzione e, di conseguenza, non dobbiamo pagare nulla».
«La Commissione UE aveva chiesto di essere ammessa come parte nel giudizio ma è stata estromessa – ha concluso lo storico ambientalista abruzzese – Giusto per capire il livello della partita».