Abbiamo vissuto, e continuiamo a vivere, sotto il giogo di un pensiero unico neoliberista, che ha come fondamento l’accumulo infinito di ricchezza e potere. Questo modello economico, privo di dialettica e contrapposizione con altre visioni, ha creato una società dove il denaro si genera dal denaro, senza necessità di produzione di beni reali. La ricchezza, così, non è più legata al valore dei prodotti, ma alla capacità di concentrarla nelle mani di pochi, aumentando le disuguaglianze.
La distribuzione della ricchezza, un tempo essenziale per il funzionamento delle economie democratiche, è divenuta irrilevante. Si è permesso che la ricchezza fosse accumulata in modo artificiale, senza alcun legame con la produzione reale. Questo ha portato a una crescente precarietà e povertà, mentre disastri finanziari, come la crisi del 2008, sono stati solo la punta dell’iceberg di un sistema malato che ha devastato la stabilità economica globale.
A livello ecologico e demografico, il neoliberismo ha contribuito a un disastro senza precedenti. La crisi ambientale si è accelerata, e il nostro futuro è messo in pericolo da un sistema che ignora i limiti della Terra. Oggi, mentre il neoliberismo raggiunge il suo apice di fallimento, stiamo assistendo a un mondo sempre più destabilizzato, con conflitti e guerre che rischiano di scatenarsi su scala globale. La sopraffazione, la violenza e la perdita della bellezza della vita sono diventati valori diffusi e accettati.
È giunto il momento di ripensare radicalmente questo modello economico prima che sia troppo tardi. La visione di una nuova Bretton Woods nasce proprio da queste riflessioni. Un nuovo sistema economico globale, fondato sulla cooperazione internazionale, sulla distribuzione equa della ricchezza e sulla sostenibilità ecologica, potrebbe essere l’unica soluzione per evitare ulteriori tragedie. La speranza è che possiamo evitarlo senza dover passare attraverso nuove guerre devastanti, come accadde nel 1944.