Una teca. Una borsa bruciata. Una commemorazione finta. Lo Stato pensa di commuovere l’Italia mostrando la borsa di Paolo Borsellino, carbonizzata il 19 luglio 1992. Nella strage di Stato di via D’Amelio, con esponenti di uno Stato corrotto e mafioso.
Ma quella borsa, lo sappiamo da decenni, conteneva l’Agenda Rossa, scomparsa nel nulla dopo l’esplosione. E proprio da lì parte l’indignazione rabbiosa, feroce, sacrosanta di Luciano Traina, fratello di Claudio Traina, uno degli agenti della scorta uccisi nella strage.
“Immensa vergogna. È irrispettoso verso chi ha perso un familiare. Quella borsa la conosciamo da anni. Vergognatevi. Tirate fuori l’Agenda. Chi dovete coprire?”
Parole che non cercano diplomazia, ma verità. Che non lasciano spazio all’ipocrisia, ma colpiscono al cuore del problema: trentatré anni dopo, l’Agenda Rossa non c’è. E nessuno la cerca davvero.
Uno Stato che espone trofei, ma nasconde le prove. La borsa è diventata una reliquia istituzionale, utile solo a inscenare un lutto finto davanti alle telecamere. Ma non è mai stato aperto un processo per il furto dell’Agenda Rossa. Non c’è stato un processo per la manomissione della scena del crimine, per la sottrazione del documento più esplosivo della Seconda Repubblica.
E intanto, la verità resta nascosta nei caveau dei Servizi Segreti, tra faldoni impolverati e silenzi garantiti dalla Ragion di Stato.
Luciano Traina lo sa. Lo dicono le sue parole. Non accetta più cerimonie, parate, parole di circostanza. Chiede verità, e la pretende in nome di suo fratello e di tutti i caduti.
“Quella borsa era solo un contenitore. Dentro c’era la verità. E lo sapete. Ma la nascondete perché fa paura. Perché smaschera collusioni, trattative, nomi e cognomi. Perché tocca pezzi di Stato.”
Memoria tradita, verità imbavagliata. Il commento di Luciano Traina è un pugno nello stomaco. Non è solo un grido individuale. È il dolore di tutte le famiglie delle vittime. È la voce di chi ha pagato con la vita, mentre i veri mandanti sono ancora coperti e protetti. È un grido che si unisce a quello di Salvatore Borsellino, che da anni denuncia lo stesso tradimento. Che accusa i poteri dello Stato di spettacolarizzare il dolore, mentre occultano la verità.
“Tirate fuori l’Agenda Rossa”. Non bastano le foto in posa davanti a una teca. Non bastano le dichiarazioni emozionate e finte. La giustizia si misura nei tribunali, non nelle teche.
E oggi, mentre la borsa bruciata viene santificata a Montecitorio, l’Agenda Rossa è ancora nascosta. E con lei, i responsabili veri.
“Vergognatevi.”
“Tirate fuori l’Agenda.”
“Chi dovete proteggere?”
Luciano Traina ha già detto tutto. Ora tocca a noi gridarlo più forte.