Un passaggio di testimone che segna la storia della memoria. Dopo quasi quarant’anni di battaglie giudiziarie, memoriali e civili, Paolo Bolognesi ha annunciato le sue dimissioni dalla presidenza dell’Associazione dei familiari delle vittime della Strage di Bologna.
Una decisione sofferta ma necessaria, arrivata pochi giorni dopo la storica sentenza della Cassazione che ha reso definitiva la condanna all’ergastolo per Paolo Bellini, ex militante di Avanguardia Nazionale, uno dei killer fascisti riconosciuti come esecutori materiali dell’attentato del 2 agosto 1980.
“È la fine di un’epoca”, ha dichiarato Bolognesi al settimanale dell’Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna. “Ho quasi 81 anni.
Se vuoi bene all’associazione che rappresenti, devi sapere quando è il momento di passare la mano”.
Strage di Bologna, parla Bolognesi: «la strategia della tensione non è terminata»
Quel momento è arrivato. Il nuovo presidente è Paolo Lambertini, figlio di Mirella Fornasari, una delle “ragazze della Cigar” morte nell’esplosione alla stazione di Bologna. Da sempre impegnato nell’Associazione, vicepresidente da dieci anni, Lambertini rappresenta la continuità della memoria e della lotta per la verità.
Paolo Bolognesi, memoria vivente di un’Italia che ha scelto di non dimenticare, continuerà a far parte dell’Associazione come presidente onorario. La sua voce, la sua esperienza e il suo coraggio hanno contribuito a portare davanti alla giustizia nomi e volti dell’apparato eversivo che ha seminato morte nel cuore del Paese.
Lo ha raccontato in un’intervista esclusiva rilasciata a WordNews.it, in cui non ha fatto sconti:
“Dietro alla Strage di Bologna c’erano la loggia massonica P2, i servizi segreti deviati, i Nar, e uomini dello Stato.
Il denaro per finanziare l’attentato? Un milione di dollari legato al Banco Ambrosiano, transitato da Licio Gelli a Federico Umberto D’Amato, fino agli esecutori materiali della strage”.
Una ricostruzione precisa, basata su atti giudiziari, documenti ritrovati, prove processuali. Il biglietto nel portafoglio di Gelli, sequestrato in Svizzera, è diventato l’ennesimo indizio di un mosaico complesso e orribile. Perché Bologna non fu un atto isolato, ma parte di una strategia della tensione voluta per destabilizzare e “stabilizzare” – nel nome di poteri occulti, massonerie, interessi nazionali e sovranazionali.
Con Lambertini inizia una nuova fase. L’eredità di Secci e Bolognesi non è leggera, ma Lambertini porta con sé la memoria familiare, il dolore personale, e la determinazione civile. Sarà suo il compito di guidare l’associazione verso il quarantesimo anniversario dalla fondazione nel 2026 e oltre, rafforzando il legame tra le nuove generazioni e la memoria storica.
Nel Paese delle stragi impunite, dove i depistaggi sono stati sistematici e le verità parziali, il lavoro dell’Associazione ha avuto un ruolo fondamentale.
E ora, con una sentenza definitiva che chiama per nome un killer, si apre uno spiraglio di giustizia.
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Ma, come ha denunciato Bolognesi, la battaglia non è finita. “La gang è ben strutturata e funziona ancora”, ha detto a WordNews. Il riferimento è chiaro: non si tratta solo di nostalgie nere o cellule impazzite, ma di potere organizzato, ancora attivo, dentro e fuori le Istituzioni.
L’inchiesta sulla strage non è conclusa. Nuovi rinvii a giudizio sono attesi, e con essi la possibilità di riscrivere le verità ufficiali di un Paese che ha troppo spesso messo il silenziatore sulla propria Storia.
Il passaggio da Bolognesi a Lambertini non è solo un cambio di presidente.
È il simbolo di un testimone che continua a passare, di una memoria che si fa azione, di una verità che non può più essere rinviata.
Perché il 2 agosto non è finito. È ancora qui. È nelle domande aperte, nelle indagini in corso, nella sete di giustizia che non smette di bruciare.