Volavano aquiloni nei cieli de Il Cairo, a quiloni di tutti i colori. Blu, come le acque profonde del Nilo, gialli, come lo skyline della città che suda nei pomeriggi d’estate. E ancora, verdi, rossi, viola, arancioni: un bazar policromatico sospeso da terra, un’orgia di colori che galleggiano nell'aria. Volavano sogni nei cieli del Cairo. Adesso non più. Adesso far volare un aquilone è diventato un reato: si rischiano due notti di detenzione e fino a 60 dollari di multa. Il che, per una popolazione quasi sempre al di sotto della linea di povertà, sono una "barca di soldi".
Eppure, in Egitto è successo questo. Si è rotto l’aquilone, è rimasto solo il filo.
Il pretesto sarebbero stati degli incidenti avvenuti nei mesi scorsi. Una bimba di dodici anni faceva volare il suo aquilone su un tetto, si è sporta troppo, è caduta ed è morta. Un ragazzo di diciassette anni ha fatto la stessa fine, colpendo accidentalmente dei fili elettrici. Altri episodi simili si sono registrati in diverse città del Paese. Ma il parlamentare Khaled Abu Talib chiarisce: “non voglio criminalizzare gli aquiloni, voglio avvertire del pericolo di certe pratiche. Alcuni potrebbero attaccarci sopra delle piccole e moderne telecamere e fotografare siti vitali. Se oggi la gente li vede come divertimento, in futuro qualcuno con intenzioni malvagie potrebbe usare bambini e giovani per atti illegali”.
Così gli aquiloni, nella Repubblica del Presidente al-Sisi, diventano una questione di sicurezza nazionale.
Secondo la Middle East News Agency, gli aquiloni finora sequestrati sarebbero poco meno di quattrocento. I fermi sono stati eseguiti ad Alessandria, Helwan, Il Cairo, Suez e Menofia. Ma l'idea è quella di estendere le misure restrittive a tutto il Paese. Bandire la fantasia dall'Egitto.
Ma che Stato è quello che teme il volo di un aquilone?
L'Egitto di al-Sisi è una landa di terra lontana da cui parte un grido disperato di libertà. È il Paese che ha condotto al suicidio Sarah Hegazi, una ragazza di ventotto anni imprigionata, picchiata, torturata, minacciata e vessata nei modi più impensabili solo perché aveva osato sventolare una bandiera arcobaleno ad un concerto. “In Egitto ogni persona che non sia maschio, musulmano, sunnita, etero e sostenitore del sistema, viene respinta, repressa, stigmatizzata, arrestata, esiliata o uccisa” diceva lo scorso marzo, poche settimane prima di togliersi la vita, stremata. “Tutto questo è collegato al sistema patriarcale nel suo insieme, poiché lo Stato non può praticare la propria repressione contro i cittadini senza un’oppressione preesistente che ha inizio fin dall’infanzia”.
L'Egitto di al-Sisi è un Paese che si sta impoverendo sempre di più, anno dopo anno. Il debito pubblico è triplicato, la classe media sta via via scomparendo, le fila dei nuovi poveri si ingrossano sempre di più e oltre il 60% della popolazione vive attualmente in condizioni di miseria. Non tutti però. A beneficiare del regime di al-Sisi sono soprattutto i militari, che si aggiudicano gli appalti e si candidano come la nuova classe dominante. L'Egitto di al-Sisi è una nazione che imprigiona le influencer e bandisce i Tik-Tok perché sono “un oltraggio alla morale sociale”. Una realtà paradossale, un delirio parossistico mascherato da ragion di Stato. L'eterna, incrollabile ragion di Stato, in nome della quale si commettono delitti da cui ci si auto-assolve un attimo dopo. Una patente di immunità che promuove i criminali dandogli un certificato di legittimità.
Ed ancora, l'Egitto è un Paese in cui il sistema carcerario è al collasso. Ed è lì, nelle carceri appunto, che il Covid colpisce di più. Quelle stesse carceri in cui è ancora detenuto Patrick Zaky, lo studente dell'Università di Bologna accusato di diffusione di informazioni dannose per lo Stato e incitazione ad azioni contro le istituzioni. L'Egitto è anche il Paese che nega giustizia a Giulio Regeni. Che gli ha portato via prima la vita, poi il diritto alla verità. E quello stesso Egitto è il Paese con cui purtroppo l'Italia continua a trattare per non sconvolgere il sistema geopolitico e per continuare a fare affari. Per la ragion di Stato, sempre lei.
Per cui poco importa se, d'ora in avanti, alzando lo sguardo al cielo, gli egiziani lo troveranno sgombro di colori. Poco importa se la fantasia è diventata un reato. L'Egitto è la Repubblica in cui tutto ciò che ha bisogno di vento contrario per librarsi e spiccare il volo, va tenuto sotto controllo. Bandito, osteggiato, ostacolato, interdetto. Perché portare a spasso un aquilone, aggrapparsi a un sogno colorato e libero da costrizioni, quando tutt'intorno i diritti civili vengono oltraggiati e buttati al macero, può diventare il più sovversivo dei gesti.
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2020-08-02 18:55:00
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