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CASO ATTILIO MANCA: parla il collega Simone Maurelli

by Paolo De Chiara
30 Agosto 2020
in L'Opinione
Reading Time: 11 mins read
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Perchè è stato ucciso il medico siciliano? Perchè la verità non vuole essere perseguita? Chi si sta nascondendo dietro a questo massacro? Questa è la storia di Attilio Manca, un urologo di fama mondiale. Mancino. Maledettamente mancino. Un eccellente medico, un luminare che usava solo la mano sinistra. Questo particolare ha fregato, parzialmente, i killer di Stato che hanno fatto irruzione nella sua abitazione, a Viterbo, per eliminarlo.

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Ufficialmente il dott. Attilio Manca si è suicidato. Lo hanno fatto passare per tossico. Il luminare di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) si è iniettato una dose di eroina. Un mix di droghe mortali. Lo hanno ucciso due volte ad Attilio. Povera signora Manca, la madre. Una donna dignitosissima che sta lottando con tuttte le sue forze. Come la madre di Peppino Impastato. Anche lui massacrato e fatto passare per terrorista. Versioni di comodo. Fate pena.

Queste stronzate potevate raccontarle un tempo. Lo avete fatto, ad esempio, in occasione del massacro del sindacalista Placido Rizzotto.

In quell'occasione, sempre con una siringa, eliminarono un pastorello. L'unico testimone oculare dell'omicidio. 

Lo avete fatto con Salvatore Giuliano, con Peppino Impastato, con Pier Paolo Pasolini, con Bernardo Provenzano, con il cugino di Sandokan (Casalesi). E con tanti altri. Siete dei dilettanti. 

Ora ciò che dichiarate, anche attraverso i tribunali, resta fuffa. Siete talmente imbecilli che non vi crede più nessuno. Attilio Manca era mancino. Tremendamente mancino. Primo passo falso. E poi come si è suicidato? Si è fracassato da solo il naso, i testicoli? Si è pure legato da solo? La verità verrà a galla, bestie!

Noi continueremo a parlarne, fino alla riesumazione del cavadere di Attilio. Senza tregua. Costi quel che costi. Non avrete scampo.  

Abbiamo intervistato il dottor Simone Maurelli, urologo e collega di Attilio Manca ed ora in servizio presso l'ospedale di Orvieto. 

Quanto tempo ha lavorato con il dottor Manca e dove?
«Siamo stati colleghi presso l'ospedale di Viterbo per circa 2 anni.»

Che medico era Attilio Manca?
«Era un medico scrupoloso, preparato, uno dei primi ad effettuare interventi alla prostata in laparoscopia, un sistema assolutamente innovativo in quegli anni; un professionista capace di effettuare ogni tipo di intervento.»

Eravate solo colleghi o c'era anche una amicizia e una frequentazione fuori dal lavoro?
«Eravamo anche amici, abbiamo fatto molte cose insieme. Ho ricordi stupendi e molti aneddoti mi legano a lui.»

Che uomo era Attilio Manca?
«Attilio era una persona molto generosa con tutti, era un buono. Lo ricordo come una persona, particolarmente solare, allegra,una persona positiva.»

Dottor Maurelli la morte di Attilio è stata archiviata dalla Procura di Viterbo come morte da overdose d'eroina, un suicidio secondo gli inquirenti. Lei sa se Manca facesse uso di sostanze stupefacenti?
«Lo escludo categoricamente. Attilio non ha mai avuto nessun tipo di problema o ha tenuto atteggiamenti che si potessero ricollegare alla assunzione di droghe.»

Le chiedo un parere da medico: una persona tossicodipendente, o comunque che faccia uso di sostanze, potrebbe operare ed esercitare la professione medica come faceva Attilio Manca?
«Assolutamente no, lo escludo.»

La famiglia Manca parla di un viaggio a Marsiglia che Attilio avrebbe fatto per effettuare un intervento su un paziente. Ci sarebbero state anche due telefonate con i genitori nelle quali lo stesso parlava di questa trasferta: ricorda qualcosa a riguardo o se Attilio ne parlò con lei?
«No, non mi ha mai parlato di un viaggio a Marsiglia; era una persona che parlava tranquillamente di tutto ma, come ognuno di noi in alcune cose, era riservato. Non ricordo comunque nessun viaggio.»

Torniamo alla morte di Attilio: la procura di Viterbo ha archiviato il caso come suicidio. Cosa ne pensa?
«Attilio era un uomo che non si sarebbe mai tolto la vita: era brillante, allegro aveva di fronte a sé un grande futuro professionale, una persona serena che amava la vita, aveva molti amici, era anche molto corteggiato dalle ragazze; ricordo che spesso organizzava uscite e mi proponeva di accompagnarlo.»

Per ora il caso di Attilio è stato archiviato come morte per overdose come abbiamo detto: ma guardando le foto vediamo il cadavere di un uomo massacrato, con ferite ed ecchimosi su tutto il corpo, il setto nasale rotto perché secondo i rilievi "sarebbe caduto sul telecomando", a faccia in giù sul suo letto dove è stato ritrovato quel 12 febbraio del 2004. Cosa pensa al riguardo?
«Dopo la morte di Attilio,quando ho visto quelle foto, mi sono sentito male per giorni e ancora adesso non riesco a guardarle. Sono immagini strazianti e credo che nessun medico potrebbe negare che si tratti di un corpo straziato.»

Eppure l'autopsia parla di overdose. La famiglia insieme agli avvocati Repici e Ingroia, che seguono il caso, stanno chiedendo la riesumazione del cadavere: questo potrebbe far riaprire il caso e far luce sulle reali cause della morte.
«Sono molto amareggiato riguardo a questa assurda vicenda; per me è una ferita ancora aperta, mi tornano alla mente i momenti trascorsi insieme e provo tanto dolore. Sono diventato molto pessimista riguardo a qualche novità sul caso essendo trascorsi molti anni. Viviamo in un paese senza più speranze.»

Un altro fatto importantissimo è questo: Attilio era  mancino, ma secondo la ricostruzione, si sarebbe iniettato con la mano destra sostanze stupefacenti nel braccio sinistro. Le chiedo, avendo lavorato con lui a stretto contatto intorno al tavolo operatorio, ci conferma quanto affermano familiari ed amici e cioè che Attilio era mancino?
«Assolutamente sì: era un mancino puro, io a scuola dalle suore sono stato costretto ad utilizzare anche la destra, sono un mancino "rieducato", uso entrambi le mani. Ma lui no, faceva tutto con la sinistra. Ricordo benissimo un gesto buffo che ripeteva continuamente: era solito incrociare il braccio per prendere il telefono con la mano sinistra ma poi utilizzarlo all'orecchio destro, lo faceva sempre.»

Dottor Maurelli, quindi, lei esclude l'ipotesi dell'assunzione volontaria di droga da parte del suo amico e collega Manca come invece affermano gli inquirenti di Viterbo?
«Lo escludo nel modo più assoluto perché Attilio non era un drogato: fra l'altro mi torna in mente un episodio mentre parliamo, banale ma significativo. Un giorno Attilio lamentava un fortissimo mal di schiena, eravamo in ospedale e chiese un antidolorifico: ma quando arrivò l'infermiera con un voltaren da iniettare intramuscolo ricordo bene la sua riluttanza a fare l'iniezione e quel suo terrore per gli aghi: un piccolo particolare, ma che dice molto in merito.»

Spesso la voce del dottor Simone Maurelli è rotta dall'emozione mentre parla di Attilio: riaffiorano ricordi e momenti di una bella amicizia, che andava oltre alla frequentazione professionale.

Abbiamo provato a contattare anche un altro collega, il dottor Massimo Fattorini che, tuttavia, non ha accettato di rilasciare una intervista per Wordnews.it. 
In un vocale su whatsapp, dice di aver già raccontato tutto ciò che sapeva a polizia e giornalisti, ma ribadisce comunque il suo pensiero affermando: «ho sempre ritenuto Attilio non drogato e che non si è suicidato.»

Cercheremo in ogni modo di restare al fianco alla famiglia Manca in questo difficile percorso di giustizia e verità sull'omicidio del figlio, anche oggi a distanza di anni.

Fondamentale resta la riesumazione del cadavere del medico siciliano: sono troppi gli elementi che mettono in dubbio una archiviazione del caso per suicidio. Elementi e circostanze, neanche troppo nascosti, che potrebbero contrastare con l'autopsia effettuata dalla dottoressa Dalila Ranalletta, il medico scelto per effettuare l'esame sul cadavere di Attilio Manca. La consulente, che conosceva la vittima (essendo moglie del dottor Antonio Rizzotto, primario proprio del reparto di urologia dove Attilio Manca prestava servizio), durante una intervista televisiva non nascose, fuori onda, alcune sue perplessità collegate al mancato ritrovamento del laccio emostatico che probabilmente un medico "drogato" avrebbe potuto reperire con facilità.

Si tratta, dunque, di un suicidio inscenato per zittire definitivamente Attilio Manca.

Scelto, suo malgrado, come medico per operare Bernardo Provenzano, malato di tumore alla prostata, proprio durante quel viaggio a Marsiglia di cui parlano i familiari e alcuni pentiti mafia?

Chi sa, parli.

 

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright WordNews

 

  • L’intervista a Salvatore Borsellino:

PRIMA PARTE: «Borsellino: «gli assassini di mio fratello sono dentro lo Stato»

SECONDA PARTE: «Chi ha ucciso Paolo Borsellino è chi ha prelevato l’Agenda Rossa»

 

 

  • Leggi anche:

 

Prima parte: «Dietro alle bombe e alle stragi ci sono sempre gli stessi ambienti»

 

Seconda parte: Riccio: «Mi ero già attrezzato per prendere Bernardo Provenzano»

 

Terza parte: «Non hanno voluto arrestare Provenzano»

 

Quarta parte: Riccio: «L’ordine per ammazzare Ilardo è partito dallo Stato»

 

 

  • Per approfondimenti:

 

Impastato: «La mafia è nel cuore dello Stato» 

 

Stato e mafie: parla Ravidà, ex ufficiale della DIA

 

Attilio Manca suicidato per salvare Bernardo Provenzano

 

INGROIA: «Lo Stato non poteva arrestare Provenzano»

 

INGROIA: «Provenzano garante della Trattativa Stato-mafia»

 

 

 

 

  • L’intervista al pentito siciliano Benito Morsicato:

 

Prima parte: «Cosa nostra non è finita. È ancora forte»

 

Seconda parte: Il pentito: «Matteo Messina Denaro è un pezzo di merda. Voglio parlare con Di Matteo»

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2020-08-30 18:59:21

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Paolo De Chiara

FONDATORE e DIRETTORE WordNews.it - direttore@wordnews.it Giornalista Professionista, iscritto all’OdG Molise. Scrittore e sceneggiatore italiano. È nato a Isernia, nel 1979. In Molise ha lavorato con gran parte degli organi di informazione (carta stampata e televisione), dirigendo riviste periodiche di informazione, cultura e politica. Si dedica con passione, a livello nazionale, alla diffusione della Cultura della Legalità all’interno delle scuole. LIBRI: - Nel 2012 ha pubblicato «Il Coraggio di dire No. Lea Garofalo, la donna che sfidò la ‘ndrangheta» (Falco Ed., Cosenza); - nel 2013 «Il Veleno del Molise. Trent’anni di omertà sui rifiuti tossici» (Falco Ed., Cosenza, vincitore del Premio Nazionale di Giornalismo ‘Ilaria Rambaldi’ 2014); - nel 2014 «Testimoni di Giustizia. Uomini e donne che hanno sfidato le mafie» (Perrone Ed., Roma); - nel 2018 «Il Coraggio di dire No. Lea Garofalo, la donna che sfidò la schifosa 'ndrangheta» (nuova versione aggiornata, Treditre Ed.); - nel 2019 «Io ho denunciato. La drammatica vicenda di un testimone di giustizia italiano» (Romanzi Italiani, finalista del Premio Internazionale “Michelangelo Buonarrori”, 2019). Dal romanzo «Io ho denunciato», nel settembre del 2019, è stato tratto un corto e un medio-metraggio (CinemaSet, vincitore Premio Legalità, Fiumicino 2019). È autore del soggetto e della sceneggiatura del corto e del medio-metraggio «Io ho denunciato. La drammatica vicenda di un testimone di giustizia italiano», 2019 (Premio Starlight international Cinema Award, 77^ Mostra del Cinema di Venezia, settembre 2020). - nel 2022 «UNA FIMMINA CALABRESE» (Bonfirraro Editore). - nel 2023 «UNA VITA CONTRO LA CAMORRA» (Bonfirraro Editore). - Ha collaborato con CANAL+ per la realizzazione del documentario Mafia: la trahison des femmes, Speciàl Investigation (MagnetoPresse). Il documentario è andato in onda in Francia nel gennaio del 2014. Premio giornalistico letterario "Piersanti Mattarella", Roma, 30 novembre 2024. Premio Adriatico, «Un mare che unisce», Giornalista molisano dell’anno, Guardiagrele (Chieti), dicembre 2019. Premio Valarioti-Impastato, Rosarno (RC), maggio 2022. Premio Carlo Alberto Dalla Chiesa, San Pietro Apostolo (Catanzaro), agosto 2022. FONDATORE e PRESIDENTE di Dioghenes APS - Associazione Antimafie e Antiusura (dioghenesaps.it) - www.dioghenesaps.com -- paolodechiara.blog

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