L’attività antimafia «più importante eseguita nel capoluogo», così la stessa Polizia di Stato ha definito l’operazione Decimabis del 16 novembre scorso: 40 indagati in 15 province italiane ritenuti responsabili di «associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, tentata estorsione, usura, turbativa d’asta e traffico di sostanze stupefacenti, tutti aggravati dal metodo mafioso».
La maxi operazione ha colpito tre clan della «Società foggiana»: «Moretti-Pellegrino-Lanza, Sinesi-Francavilla e Trisciuoglio-Tolonese-Prencipe che, con la forza dell’intimidazione e dell’assoggettamento, avevano controllato le attività economiche della zona, ai danni di commercianti e attività economiche».
Gli indagati, si legge nel comunicato stampa diramato dalla Polizia di Stato, «attraverso una forte pressione estorsiva avevano il controllo delle attività economiche della zona: dal mercato settimanale cittadino al settore edilizio, dalle imprese di servizi funebri, alle sale scommesse ed alle aziende attive nel movimento terra, dall’agroalimentare alle corse ippiche: non vi è ambito economico che la mafia foggiana abbia risparmiato nella sottoposizione al racket estorsivo». Nell’inchiesta è coinvolto anche un dipendente del comune di Foggia, «indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, il quale ha fornito informazioni a esponenti del clan Sinesi-Francavilla, funzionali a estorsioni nei confronti di agenzie funerarie locali e di un imprenditore edile locale».
Un quadro confermato anche dalla nuova operazione della Squadra Mobile e dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato contro la «società foggiana» del 9 dicembre. Due gli arrestati per estorsione e tentata estorsione: dopo la denuncia di un noto imprenditore le indagini hanno accertato «numerosi tentativi di estorsione, alcuni andati a buon fine, a danno di imprenditori e commercianti della città» portate avanti avvalendosi «sempre della leva di appartenenza mafiosa dei due criminali».
Uno degli arrestati ha proseguito l'attività criminale anche mentre era posto agli arresti domiciliari e ha costretto una vittima a consegnargli il denaro direttamente a casa. «Le intercettazioni hanno documentato – sottolinea la Polizia di Stato – come un trafficante all’ingrosso di stupefacenti dovesse versare una “tassa di sovranità” di 3 mila euro al mese, per poter spacciare in città».
Il 28 novembre Leonardo Palmisano, sociologo e tra i più attenti e profondi studiosi e analisti dei sistemi criminali foggiani (e non solo, è autore anche di importanti libri d’inchiesta per esempio su caporalato e mafie nigeriane che abbiamo approfondito con lui nei mesi scorsi), ha definito le condanne in primo grado «per alcuni mafiosi foggiani» un «ottimo inizio» sottolineando che «l'uscita dal tunnel della mafia e della massoneria a Foggia è lontana: ma la strada imboccata con Decima Azione e DecimaBis è quella giusta», una settimana prima a seguito di una sparatoria a Foggia ha scritto su facebook che «c’è ancora tanta pulizia da fare».
Nelle ore successive all’operazione Decimabis Palmisano l’ha definita «un colpo durissimo» inferto alle «8 sorelle, gli 8 clan principali della mafia foggiana: Moretti, Pellegrino, Lanza, Sinesi, Francavilla, Trisciuoglio, Tolonese, Prencipe» sottolineando che tra gli arrestati ci sono anche «colletti bianchi dell’apparato amministrativo cittadino» e aggiungendo che «i presupposti per un intervento governativo che verifichi se ci sono gli estremi per scioglimento per mafia del Comune, a questo punto, ci sono tutti».
Al riferimento ad un intervento governativo (nei giorni successivi è stato il presidente della commissione parlamentare Nicola Morra ad intervenire nella stessa direzione) ha reagito con un durissimo attacco personale il sindaco di Foggia che ha affermato che querelerà Leonardo Palmisano. Nei giorni successivi ha definito l’attentato contro l’abitazione del calciatore del Foggia Calcio Gentile opera di «balordi», un evento criminale da noi raccontato venerdì scorso nell'articolo in cui abbiamo riportato anche la lunga scia di attentati, minacce e tentativi di intimidazioni contro Adriana Colacicco e Gerardo Gatti di Progetto Di Vita e il consigliere comunale di Carovigno Jacopo Russo. Gli attacchi contro Russo denunciati e condannati sui social proprio da Palmisano.
Entrando nei dettagli di quanto emerso dall’operazione Decimabis, Leonardo Palmisano già il 18 novembre ha sottolineato che «l’esistenza di un direttorio evidenzia il salto di qualità compiuto da questa organizzazione e ci porta indietro di decenni, quando Cosa Nostra siciliana,dominata dai sanguinari corleonesi di Riina, si impose come modello organizzativo per tutte le mafie. A Foggia c’è una cupola, questo il dato più significativo, che allunga i suoi tentacoli dentro la tecnocrazia privilegiando il soffocamento dell’economia di prossimità con le bombe e con il racket, a vantaggio di una tendenza oligopolistica nell’economia cittadina ben rappresentata dalla turbativa d’asta, dalla corruzione, dall’incuria verso la cosa pubblica».
Per lo studio dei sistemi criminali e mafiosi «è necessario costruire modelli interpretativi» in quanto le mafie, essendo organizzazioni sociali, «hanno modelli, si danno prospettive, si definiscono mentre si costruiscono». Già all’inizio di quest’anno Palmisano ha evidenziato come le mafie foggiane si stanno modellando con un processo di «’ndranghetizzazione», «fui attaccato, forse persino querelato» ha sottolineato in queste settimane «per averci visto lungo, alla luce dei fatti e di quanto sostiene un procuratore bravo e preciso come Giuseppe Gatti. La Ndrangheta è il modello organizzativo entrato nella testa dei mafiosi di Foggia e del Gargano. Un modello che si fonda su tre gambe: crimine, economia e politica».
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2020-12-31 12:00:26
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