Si è verificata un’esplosione, con conseguente incendio, questa mattina all’interno dell’acciaieria di Taranto: fortunatamente nessun ferito, ma tanto spavento. Anche questa volta è andata bene, ma quanto durerà? La condizione all’interno del sito siderurgico si fanno sempre più difficili per i lavoratori.
Una popolazione stremata, quella di Taranto, per la situazione ambientale e lavorativa.
La gestione di Lucia Morselli, ad di ArcelorMittal Italia, non sta migliorando una realtà che si fa sempre più precaria e pericolosa per chi lavora all’interno dello stabilimento e per i tanti cittadini che vivono nei pressi della ex Ilva.
Abbiamo parlato con Francesco Rizzo, coordinatore provinciale di Taranto di USB.
Francesco Rizzo, USB (ph Tarantini Time)
Cosa è accaduto questa mattina all’interno dello stabilimento di Taranto?
«C’è stato un grave episodio che per fortuna non ha avuto conseguenze gravi come avrebbe potuto, abbiamo evitato una strage per pochi secondi. Poco prima dell’esplosione, all’interno della linea con gli impianti in marcia, erano presenti una decina di lavoratori che svolgono il lavoro di controllo e tutte le operazioni necessarie a mandare avanti la produzione, due di loro erano vicini alla zona in cui c’è stato lo scoppio. Pochi istanti prima si sono diretti nella zona in cui ci sono le postazioni adibite all’attesa durante la lavorazione: uno degli operai è stato sbattuto a terra dall’onda d’urto causata dell’esplosione. L’acciaio esploso ha iniziato a piovere dappertutto, in spazi per lo più ristretti e i due lavoratori sono rimasti lì in attesa di mettersi in salvo. Si è evitato il peggio solamente per una serie di fortunate coincidenze.»
Quali sono le condizioni di lavoro e quale il livello di sicurezza all’interno del sito?
«Il livello di sicurezza per chi lavora è zero, pari a quello di Thyssenkrupp del 2007 (dove alla acciaieria di Torino morirono 7 operai investiti da una fuoriuscita di olio bollente): ho denunciato più volte il livello di manutenzione dell’impianto ai ministri Di Maio e Giorgetti, inviando loro dettagliate documentazioni. Da quando è iniziata la gestione ArcelorMittal le cose sono peggiorate. Vi è stata una escalation in negativo dopo i Riva, anche durante la gestione commissariale la manutenzione era garantita, invece con la nuova proprietà è pari allo zero. Basta pensare che su 4000 cassaintegrati molti sono manutentori che dovrebbero stare dentro allo stabilimento e invece sono a casa.»
Quali sono attualmente i livelli occupazionali dell'ex Ilva? Il ricatto tra tutela della salute e posti di lavoro è da anni la questione che tiene banco nella discussione su Taranto. Le chiedo: il numero degli occupati e la tenuta economica, possono giustificare il dramma sanitario e ambientale che state vivendo?
«Questa è una domanda che non può avere una sola risposta. Se prendiamo il dato record di produzione, nel 2008, solo a Taranto avevamo circa 20 mila persone, tra diretto e indotto, che lavoravano all’interno della fabbrica; oggi su 8200 lavoratori, 3500 sono negli appalti. Quindi la logica applicata dalla politica di allora era: è vero c’è l’inquinamento, ma anche molto lavoro. Questo oggi non vale più. Abbiamo poche migliaia di unità occupate che rappresentano un grande problema in caso di chiusura; per questo, come sindacato USB, tra le proposte presentate al Governo abbiamo inserito un accordo di programma che preveda il ricollocamento di tutti i lavoratori. Perché quella fabbrica, e lo ho sempre detto ai vari Ministri, chiuderà a prescindere, ma lo stiamo nel peggior modo possibile. E chiuderà non solo per la crisi del mercato, ma soprattutto perché la politica italiana non difende le nostre aziende: al contrario le vende a multinazionali che, come in questo caso, non investono un centesimo sulla fabbrica, ma le prendono per disintegrarle, penso a Taranto, a Terni, a Piombino. Il problema principale è che non regge più il sistema ambientale, tutto è ampiamente documentato nello Studio Sentieri, l’impatto sulla salute è insostenibile.»
La politica non riesce a fare progetti a lungo termine; ci sono territori che vedono legato il proprio destino a quello di una fabbrica. Se questa chiude resta solo disoccupazione e danni ambientali gravissimi. Quali sono le alternative?
«Esattamente. O ti accontenti di andare a lavorare lì pur di avere uno stipendio, o se chiedi la chiusura devi prendere atto che il territorio muore perché non si è creato altro. Si poteva fare quello che hanno fatto in Belgio e in Germania dove le fabbriche sono state portate fuori dal centro abitato: in Belgio lo hanno capito trent'anni fa che non esistono emissioni zero o produzione green per questi livelli di produzione. Si sono posti il problema e hanno spostato il sito a qualche chilometro dalla città.»
Torniamo alla attuale gestione ArcelorMittal: l'ad Morselli (nome noto nello stabilimento di Terni, dove alcuni anni fa era stata chiamata sempre per operare pesanti tagli occupazionali), cosa sta facendo e come viene gestita questa difficile fase industriale?
«La nuova ad è una persona che ha tanto potere e lo usa nei confronti di chi non può difendersi. Ha licenziato molti lavoratori, alcuni di questi vicini al mio sindacato e messi fuori per le denunce che abbiamo fatto. Un lavoratore è stato licenziato dalla Morselli perchè accusato di avermi consegnato un video che documentava irregolarità: dopo un anno ha ottenuto il reintegro dal giudice. Si generano in questo modo dei meccanismi particolari all’interno della fabbrica che creano paura e ricatto.»
Proprio in questi giorni, come sindacato, avete denunciato le pressioni fatte dall’azienda ad alcuni lavoratori che, dal proprio profilo fb, invitavano a seguire una fiction di Canale 5 dal titolo “Svegliati amore mio”, nella quale si parla di una realtà molto simile a quella di Taranto e di ogni sito inquinato dalla presenza di grandi industrie. In particolare nella fiction si narra la vicenda di due genitori che vivono il dramma della malattia della figlia, una situazione vissuta purtroppo da molte famiglie di Taranto. Potrebbe essere controproducente questo atteggiamento tenuto dalla dirigenza di ArcelorMittal, che ha innescato moltissime critiche da parte dei cittadini e di volti noti della tv? (Si sono espressi contro i provvedimenti presi dalla proprietà, lo stesso regista Ricky Tognazzi, la protagonista Sabrina Ferilli e Rita Dalla Chiesa).
«La proprietà ha fatto un grosso errore: pensava di poter colpire i lavoratori nel silenzio assoluto dei sindacati ricattati dalla minaccia del licenziamento. Ma il mio sindacato non tace, denuncia e contesta, lo abbiamo fatto anche in questo caso, mi aspetto di tutto.»
Quali sono le vostre richieste alla politica?
«Ho fatto presente al Ministro che la nuova proprietà non sta facendo niente per rispettare il contratto firmato con lo Stato. Basta dire che la ArcelorMittal non sta neanche pagando il canone di affitto; il Governo non sta facendo niente per far rispettare gli accordi alla multinazionale. Abbiamo presentato al Ministro alcune proposte: innanzitutto abbiamo chiesto una svolta di cui Taranto ha bisogno. Il momento è fondamentale per la disponibilità dei fondi del Recovery Fund che secondo noi non devono essere utilizzati per rifinanziare lo stabilimento, ma per riconvertire l’economia locale; fino a quando Taranto sarà economicamente dipendente dall'acciaieria ci sarà sempre il ricatto occupazionale. Quindi abbiamo chiesto al Governo di allontanare la Multinazionale interrompendo il contratto in essere e gestendo la fase transitoria con una gestione commissariale. In questo momento,senza manutenzione, si sta portando la fabbrica al disfacimento e così si arriverà alla chiusura entro pochi anni, con ancora molti lavoratori che resteranno senza alternative.»
Quindi anche voi come sindacato, tenuto conto della drammatica situazione, siete favorevoli alla chiusura dell’impianto come stanno chiedendo molti tarantini che vivono sulla propria pelle un dramma ambientale e sanitario ormai allarmante?
«Noi rappresentiamo i lavoratori, ma in queste condizioni la fabbrica non può rimanere aperta: non possiamo dire alla gente di farsi ammazzare, dentro e fuori al sito. Si parla di un ulteriore accordo che prevede un ulteriore taglio occupazionale di circa 3500 unità. Una cosa che condivido, sottolineata dal ministro Giorgetti, è che negli ultimi 30 anni la questione industriale è sempre stata trattata da Ministero dell'economia, quindi la questione economica ha avuto la priorità su tutto il resto. Occorre un cambio di passo, i Ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico devono dettare i tempi, occorre cambiare prospettiva e guardare meno all’industria e più ai lavoratori. Ma le parole si devono trasformare in fatti: ecco perché il Ministro dovrebbe convocare i sindacati e ragionare sull’intera filiera siderurgica italiana che è in totale decadimento,occorre mettere in sicurezza gli impianti e i lavoratori, ma nel contempo costruire una alternativa per dare impulso all'economia.»
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2021-04-05 19:02:18
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