Il calendario scorre impetuoso e implacabile, il tempo passa e svela e rivela l’essenza di ognuno. È passato anche quest’anno il 5 giugno, una data che stringe il cuore e commuove migliaia (forse milioni) di persone in Italia e non solo, sicuramente nel lontano (e ancora una volta abbandonato) Kurdistan. Persone che rimarranno per sempre, nonostante il passare dei lustri, a questo giorno nel ricordo di Dino Frisullo. Donato dalla vita a tutte e tutti noi un 5 giugno e strappato alla vita in un altro. Dino, con la sua stessa vita, la sua coerenza, la sua testarda passione, le milioni di denunce e battaglie, ci ha lasciato un numero sterminato di lezioni.
La sintesi della sua stella polare, la bussola del suo essere e agire la tratteggiò lui stesso. «Per riprendere il filo della lettura del mondo c'è un solo modo: mettersi dalla parte delle vittime. Guardare il mondo, anche il nostro, con i loro occhi. Con gli occhi dei profughi, dei discriminati, degli affamati. Ma questo non è possibile se, anche solo per un attimo, non si condivide una parte della loro vita». Sono parole attualissime e sempre meno pratiche. Quanto la stella polare di Dino andrebbe oggi seguita e praticata ce lo stanno dimostrando la pandemia prima e la guerra in Ucraina negli ultimi mesi. Così come accaduto con la pandemia attualmente non c’è nessuna vicenda, nazionale o internazionale, che occupa più spazio mediatico, politico e sociale della guerra in Ucraina.
Ad ogni ora del giorno e della notte fioriscono fiumi impetuosi di parole su quanto sta accadendo. Eppure resistono silenzi ed omissioni, riflettori spenti e complici silenzi. Servirebbe, sarebbe indispensabile ed umano, quanto ha praticato Dino tracciandoci un cammino sempre più inesplorato e non percorso. Nella quasi totalità dei dibattiti, dei talk show, dei discorsi, delle tonnellate di carta e bit è assente lo sguardo delle vittime, la loro stessa esistenza, il dolore, le sofferenze, l’atroce dilaniarsi delle carni vive, dei cuori e dell’animo delle vittime. Silenziate, trascurate, negate in nome dei più biechi interessi politici ed economici. Un tratto di questa guerra, e delle sue conseguenze, probabilmente ne è la massima dimostrazione: il disinteresse e la quasi nulla considerazione su come mafie, reti pedofile e i perpetratori della «cultura dello stupro» stanno sfruttando e si sono scatenati in questi mesi.
La prima denuncia è arrivata dalla Romania il 28 febbraio, oltre tre mesi fa. In più di novanta giorni hanno documentato e denunciato quanto sta avvenendo Sex Industry is violence, Ebano, Resistenza Femminista, giornaliste giornaliste come Amalia De Simone, Unicef, OIM, in Spagna è stato arrestato un trafficante pedofilo, un’operazione delle forze dell’Ordine in Puglia ha dimostrato ancora di più quanto è necessario accendere ogni riflettore possibile, la Chiesa moldava, Ge-Stac in Germania, Action Aid e altre associazioni. In questi mesi abbiamo costantemente cercato di contribuire a diffondere ogni denuncia, ad indignarci ed esporci. E continuiamo e continueremo a farlo cercando di riportare ogni nuova denuncia, ogni nuovo squarcio delle tenebre. Ci piacerebbe essere uno dei tantissimi, una goccia in un oceano sterminato. Ma purtroppo così non è.
Dopo OIM e Unicef un’altra grande organizzazione internazionale ha denunciato quanto sta accadendo: l’OSCE, Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Parole che concretizzano quanto anche noi documentiamo e denunciamo sulla «cultura dello stupro», sullo stupro a pagamento e sullo stupro pornografico (su cui, come riportato in diversi articoli, si sta denunciando ed intervenendo in altri Stati mentre in Italia vige l’omertà totale), sulla disumanizzazione criminale e carnefice degli stupratori patriarcali.
«È sempre più elevato il numero di ricerche online di pornografia e prestazioni sessuali relativa alla crisi – ha denunciato Valiant Richey, coordinatore per la lotta al traffico di esseri umani dell'OSCE – la chiave di ricerca Ucraina è aumentata del 600% sui siti pornografici mentre le ricerche di escort ucraine sono cresciute del 200% sui motori di ricerca».
È esattamente la denuncia che da inizio marzo abbiamo ripetutamente pubblicato grazie a Sex Industry is violence.
Nel suo articolo Federica ha ricordato Adelina Sejdini, le sue denunce e la sua importante battaglia abolizionista. La campagna «Libera la vita» e i video che Adelina realizzò documentano la totale indifferenza e disumanità degli stupratori a pagamento. Campagna sostenuta e pubblicata sul suo sito web da Resistenza Femminista qui http://www.resistenzafemminista.it/campagna-di-adelina-ex-vittima-di-tratta-per-smascherare-i-clienti-complici-del-racket/ . La denuncia e l’impegno contro lo stupro a pagamento, la martellante costanza contro stupratori a pagamento e porno (anche pedofili) non deve mai fermarsi. E proseguire anche per e in nome di Adelina Sejdini.
Adelina, sfruttata dalla mafia e abbandonata dallo Stato
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Stupro a pagamento, le tante Adeline e Lilian raccontate da Maris Davis
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2022-06-09 18:53:32
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