Lo sentite il rumore del silenzio, di questo silenzio che come nebbia scende e tutto avvolge. A San Martino sotto la nebbia urla e biancheggia il mare scrisse Carducci, sotto questa nebbia invece fragoroso è il silenzio. Nessuna urla, nessun mare che biancheggia, avanza come onde del mare solo un fragoroso, immenso silenzio. Quello dei templi e dei cerchi, dei professionisti e dei filosofi, dei tuttologi e di sapienti, sapientoni e sapientini. Pronti a giudicare, puntare il dito, emettere fatwe. Altrove, lontano, sui massimi sistemi. Per poi invece indossare la cappa dei balbettii e degli imbarazzi, dei garantismi a buon mercato fino ad affettuosi messaggi e messaggini.
Due vicende, due cerchi magici, due sistemi come più di qualcuno li ha definiti, descrivono plasticamente questa realtà che corregge quel che descrisse Sciascia. Il giornalista e scrittore siciliano su un punto aveva sicuramente torto: la gamma è molto ma molto più ampia di quel che lui individuò in uno dei suoi articoli più famosi. Al centro delle due vicende Silvana Saguto e Antonello Montante.
Descritti negli anni scorsi da un’ampia letteratura come paladini caduti del mondo dell’antimafia. Le inchieste di TeleJato e quel che emerse dalle indagini hanno raccontato quel che è stato definito il “sistema Saguto”, le inchieste di Bolzoni e pochi altri e le indagini giudiziarie quel che è stato definito il “sistema Montante”. A cui è dedicato anche, tra gli altri, il libro di Salvatore Petrotto presentato nell’ambito della rassegna dedicata a Pier Paolo Pasolini organizzato dall’associazione Dioghenes.
Un sistema “irrisolto” e che “lotta ancora contro di noi” abbiamo riportato in un nostro articolo del 6 settembre scorso. https://www.wordnews.it/il-sistema-montante-e-ancora-vivo-e-lotta-insieme-a-noi
«Anno 2007, la mafia cambia pelle, indossa la maschera dell’antimafia e mette a segno un vero e proprio colpo di Stato. Gli ultimi ‘professionisti dell’antimafia’ l’hanno combinata davvero grossa. Hanno inscenato la più solenne impostura che si ricordi, dai tempi dello sbarco anglo-americano a oggi. Il protagonista è stato un personaggio davvero pittoresco: Calogero Antonello Montante.
Un bohémien dell’imprenditoria di rapina che, all’improvviso, diventa uno dei principali leader nazionali di Confindustria. Compare dei mafiosi Paolino e Vincenzo Arnone, discendenti dei celebri padrini Don Calò Vizzini di Villalba e Genco Russo da Mussomeli, Antonello da Serradifalco viene nominato cavaliere del lavoro dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Per rifare il lifting alla sua biografia personale e familiare ci pensano scrittori del calibro di Andrea Camilleri. Poi dentro le postazioni dei servizi segreti italiani e della CIA gli cambiano i connotati. A colpi di dossier diventa il padre-padrone della Sicilia e si lancia alla conquista dell’Italia intera. Ma la mania di spiare e ricattare chiunque lo tradiscono.
La sua storia nel 2018 finisce male, tra arresti domiciliari, detenzione in carcere e conseguenti processi penali. Parecchi sono i lati oscuri della sua ‘spy story’ in cui è coinvolto l’ex presidente della Regione, Crocetta, alcuni ex assessori regionali, il suo delfino e successore alla presidenza di Sicindustria, Giuseppe Catanzaro, nonché capo in Sicilia della famigerata lobby delle discariche. La rete di protezione, di cui godevano i vertici degli industriali siciliani, era inoltre costituita dagli ex ministri dell’Interno e della Giustizia, Alfano e Anna Maria Cancellieri.
Nella maglie degli investigatori sono rimasti impigliati anche l’ex presidente del Senato, Renato Schifani e l’ex Capo di Stato Maggiore dei Carabinieri ed ex capo dei servizi segreti, Arturo Esposito. Molti sono i componenti delle associazioni a delinquere create da Montante, ancora a piede libero, che continuano a far soldi a palate, in maniera illecita, in ogni settore dell’economia siciliana, grazie ai soliti metodi corruttivi. C’è ancora da stabilire se quello che gli inquirenti di Caltanissetta hanno definito, ‘in suo onore’, ‘Sistema-Montante’, è davvero finito o se già si cela sotto altre mentite spoglie».
Nel processo attualmente in corso alcune prescrizioni sono scattate a fine maggio, l’11 settembre scorso l’Adn Kronos ha riportato la notizia che il mese prossimo ne scatteranno altre. Cosa rimarrà dei capi d’accusa? Cosa rimarrà del processo? Lo vedremo solo vivendo canterebbe qualcuno. Ma qua non canta nessuno. Quante prescrizioni in passato hanno scatenato barricate, prime pagine di fuoco, proteste e tanta indignazione. Cosa è rimasto in questo caso? La risposta è nel vento che pare aver spazzato tutto nel montare del silenzio. Il maxi processo, come l’Adn Kronos l’ha definito, non sembra interessare nonostante alcuni “imputati eccellenti”. Tra cui quello Schifani contro cui si scatenarono proteste vibranti e montarono indignazioni quando si candidò alla guida della Regione Sicilia. Di quel mare che urla e biancheggia pare proprio che neanche una goccia, neanche un’ondina è arrivata a toccare il processo in corso a Caltanissetta.
Oggi, intanto, poteva essere il capitolo fine per Silvana Saguto. Ma così non è stato. «Responsabilità confermata in relazione ad alcune accuse» si legge su Televideo. Ma «dovrà avere una pena più lieve rispetto agli 8 anni e 10 di reclusione che le erano stati inflitti in appello dai giudici di Caltanissetta», «riqualificati alcuni capi d'imputazione: prescrizione o cadute per assoluzione altre accuse per i 12 imputati nel processo» riporta sempre l’organo d’informazione di Mamma Rai. Riduzioni di pene, prescrizione, ancora un rinvio. Le forche che urlano contro la giustizia lenta, la giustizia che non è giusta, la prescrizione “scandalosa”, dove sono? Qualcuno ne ha notizia.
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2023-10-19 19:43:39
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