Tra i vari ospiti era presente pure l'ex magistrato Alfredo Morvillo, fratello di Francesca Morvillo morta nella strage di Capaci il 23 maggio 1992.
Tra le altre cose afferma che un magistrato, per avere una formazione completa, deve passare da tutti i ruoli che lo stesso possa fare (diversamente da come la pensa la maggior parte della magistratura e dei cittadini, non si sa per quale motivo. esempio lo è l'ultimo referendum sulla giustizia e la schiforma Cartabia).
foto di Emanuele Di Stefano
“Palermo è quel piccolo segmento di territorio dove sono accaduti fatti inauditi. Tutto ciò di cui noi parliamo, tutti i fatti di sangue accaduti non sono accaduti in Sicilia o in Italia, ma sono accaduti a Palermo in un piccolo fazzoletto di territorio del nostro Paese. Noi viviamo in una città che ha una storia un po' particolare.”
– afferma l'ex magistrato Morvillo che continua dicendo:
“Parliamo la stessa lingua. A me piace sottolineare di avere come obiettivo quello di dire che siamo tutti dalla stessa parte anche se a volte terminologicamente possiamo avere delle differenze, ma questo è fisiologico che quando si parlano di certi temi si possono adottare linguaggi diversi. È importante ricordare che siamo e dobbiamo essere dalla stessa parte, perché ricordando la frase di Falcone sull'evoluzione e la fine della mafia, mi permetto di aggiungere, se tutti insieme la vorremo.”
Ha fatto inoltre un excursus storico e un punto su dove siamo arrivati nella lotta alle mafie.
“La lotta alla mafia è il nostro primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata. Non doveva essere solo una distaccata opera di repressione ma un movimento morale e culturale che coinvolgesse tutti, anche le giovani generazioni”
si sofferma pure su queste parole di Paolo Borsellino. Spiega di come il problema è la gente dove il problema è intriso nella società e di quanto sia importante il coinvolgimento di tutti in questa battaglia, eliminando la logica mafiosa. Finisce il suo intervenendo dicendo
“La storia di Palermo, oltre a quella d'Italia, è costernata da tanti misteri che passano tutti direttamente o indirettamente da uomini dello Stato, misteri che sono di enorme gravità. Ce e sono tanti ma ne cito uno: la mancata perquisizione del covo di Totò Riina… E quando Falcone ricevette l'attentato all'Addaura ha fatto riferimento alle menti raffinatissime e questi menti raffinatissime non possono essere Totò Riina o Matteo Messina Denaro.
Quindi c'è il tema dei misteri, misteri veri e reali e c'è chi preferisce dedicare i suoi interventi a questi misteri.”
immagine presa da "Repubblica"
Successivamente interviene il professore Visconti, affermando di essere d'accordo con quanto già detto facendo anche lui un excursus storico degli anni passati a Palermo e della sua esperienza.
“Ora non è allora. Adesso il mondo è completamente cambiato perché è entrato in campo un attore fondamentale che ai miei tempi non c'era, cioè lo Stato. Inizia la storia dal 1982 con la legge Rognoni- La Torre e poi arriva il '92, dove poi lo Stato ha voluto dimostrare la sua prevalenza sulla mafia.
Questa che adesso per voi e per noi è una cosa banale e scontata, per noi negli anni '80 e '90 era invece una posta in gioco. Ecco perché sono a volte polemico quando sento dire lo Stato è marcio, perché chi dice questo non sa di che cosa parla. Noi l'abbiamo conosciuta la mafia dentro lo Stato. La Democrazia Cristiana era divisa con le correnti in base alle famiglie mafiose, cioè ciascuna famiglia mafiosa aveva l'aggancio.
Questo non mi fa dire che tutta la DC era mafiosa, sennò non si capisce perché Piersanti Mattarella è stato ucciso dalla mafia. Però mi fa dire il passato lungo di 150 anni di storia è quello che in passato lo Stato coabitava, nella migliore delle ipotesi, con la mafia.”
inizia così il suo intervento il professore Visconti.
uploads/images/image_750x422_654658632d4bd.jpg
2023-11-05 16:48:57
161