Francesco Zanardi – Salgono a 5 i querelati da don Giuseppe Rugolo
Salgono a cinque le persone querelate da Giuseppe Rugolo, il sacerdote accusato di violenza sessuale aggravata su minori, a processo a l tribunale di Enna .
La sentenza è attesa per il prossimo 10 gennaio. Tre i giornalisti, querelati, tra quelli che si sono occupati in prima linea della vicenda, da Enna a Savona e Ferrara, per diffamazione e diffusione di atti procedurali. Rugolo ha anche querelato Antonio Messina, il giovane che aveva denunciato il prelato tre anni fa. Insieme a Messina, da ultimo, sono state denunciate un’altra giornalista di Enna, Manuela Acqua e Federica Tourn, che da oltre un anno conduce un’inchiesta sulla violenze nell’ambito clericale, finanziata dai lettori, su Domani.
Come nel caso di Pierelisa Rizzo, querelata dal sacerdote due volte per diffamazione e diffusione di atti procedurali, la Procura di Enna ha chiesto l’archiviazione, ma il legale di Rugolo ha presentato opposizione. La Rizzo comparirà davanti al Gup il 19 e 21 marzo 2024 mentre l’udienza per Antonio Messina e Manuela Acqua è fissata per il 28 maggio 2024. Non si conosce ancora l’esito della denuncia fatta alla Tourn, presentata presso la procura di Ferrara, spostata poi a Savona ed infine approdata alla Procura di Enna Di fatto tutti quelli che si sono occupati della vicenda Rugolo sono stati querelati.
Tra questi anche Francesco Zanardi, presidente di Rete l’Abuso , unica associazione italiana di sopravvissuti ad abusi clericali. Ad oggi tutte le querele presentate da Rugolo sono state ritenute prive di fondamento, sia dalla Procura di Enna che da quella di Savona dove ha sede l’associazione Rete l’Abuso. “ Fin dall’inizio dell’inchiesta, intorno a me e intorno a chi mi sostiene, è stato creato un clima avvelenato – dice Antonio Messina – E mentre i legali di Rugolo, in un articolo apparso su un giornale on line di Enna, si dichiarano ottimisti sull’esito della sentenza, io sono in possesso di un audio nel quale l’interlocutore, che poi è un giornalista, sostiene di essere a conoscenza dell’esito della sentenza, tanto da avere già predisposto l’articolo.
Questo audio verrà messo a disposizione della magistratura nella quale ripongo piena fiducia”.
Fonte – Rete L’ABUSO TG NEWS
Alessio Di Florio – Argentina condanna preti pedofili salvati in Italia dalla prescrizione
Era il 2009 quando L’Espresso pubblicò alcune inchieste su accuse di abusi sessuali di appartenenti all’Istituto Provolo di Verona. Negli anni sono arrivate altre inchieste giornalistiche e giudiziarie che hanno accusato appartenenti all’Istituto sia in Italia che in Argentina. A fine ottobre sul sito del settimanale è stato pubblicato un articolo in cui è stata data la notizia che in Argentina sono stati condannati ad oltre 45 anni di carcere sacerdoti accusati di abusi. Mentre in Italia è arrivata la mannaia della prescrizione.
«La Corte Suprema di Giustizia di Buenos Aires, che equivale alla nostra Cassazione, ha confermato in via definitiva le condanne per i primi tre religiosi finiti sotto accusa: dovranno scontare pene comprese tra 18 e 45 anni di reclusione. In Italia nessuno ha pagato: zero condanne, anche se le sentenze argentine spiegano che le violenze sui minori sono continuate per almeno cinquant’anni ed erano iniziate in Italia. Dove però l’unica inchiesta giudiziaria si è chiusa sul nascere, senza neppure un indagato, grazie alle norme italiche sulla prescrizione dei reati» riporta L’Espresso. Inchiesta del 2016 avviata grazie alle denunce di Rete L’Abuso.
Le indagini argentine sono iniziate nel 2015 dopo la scoperta che uno dei sacerdoti denunciati a Verona era diventato direttore del collegio della provincia di Mendoza. «Questo processo ha riguardato fatti avvenuti tra il 2005 e il 2016 a danno di undici bambini sordi o ipoudenti, quando avevano tra i 5 e i 17 anni. La maggior parte delle vittime proveniva da famiglie povere, che li affidavano ai collegi: i direttori del Provolo reclutavano i bambini sostenendo che il loro era un istituto modello» ha sottolineato la Corte Suprema in un comunicato.
«I giudici hanno inflitto 45 anni di reclusione al prete argentino Horacio Hugo Corbacho Blank, ex direttore di Mendoza; 42 al suo vice, il sacerdote italiano Nicola Bruno Corradi Soliman, già attivo a Verona; 18 anni ad Armando Ramón Gómez Bravo, un dipendente dell’istituto religioso. All’arresto è sfuggito un altro sacerdote italiano, Eliseo Pirmati, che nel 2017 è scappato dall’Argentina, rifugiandosi nella sede del Provolo a Verona, dove è stato poi filmato da L’Espresso. Proprio quell’anno Papa Francesco, il pontefice italo-argentino, ha rimosso la dirigenza e commissariato l’istituto Provolo» conclude l’articolo pubblicato da L’Espresso.
Federica Tourn – Si riapre il processo canonico a don Marko Rupnik
Papa Francesco il 27 ottobre ha derogato alla prescrizione decisa dal Dicastero per la dottrina della fede nell’ottobre 2022 sui presunti abusi commessi su diverse religiose ed ex religiose da don Marko Rupnik. «Siamo state molto sorprese dal comunicato della Santa Sede nella quale il Santo Padre chiede di esaminare il caso Rupnik al Dicastero per la Dottrina della fede e deroga alla prescrizione per consentire lo svolgimento di un processo che possa rendere giustizia alle vittime. Speriamo che questo sia un passo idoneo per vedere riconosciuta la verità. Siamo in attesa di ulteriori sviluppi». Questa è la dichiarazione che cinque delle persone offese da don Marko Rupnik hanno voluto rilasciare al quotidiano Domani. A firmare sono quattro ex sorelle della Comunità Loyola, di cui Rupnik era il consigliere spirituale nei primi anni ’90 – Gloria Branciani, Mirjam Kovač, Vida Bernard, Mira Stare – e una religiosa che appartiene ancora alla comunità, Jožica Zupančič. Le prime quattro il 19 settembre scorso avevano già scritto, insieme a Fabrizia Raguso, un’altra ex suora della Comunità Loyola, una lettera aperta a papa Francesco in cui dichiaravano di sentirsi profondamente offese dalla relazione finale della visita canonica al Centro Aletti, che in sostanza riabilitava la figura di Rupnik, fondatore e mentore del centro.
Gloria Branciani e Mirjam Kovač sono uscite dall’anonimato e hanno reso pubblico il nome con cui avevano affidato a Domani le loro testimonianze, quasi un anno fa. Gloria Branciani infatti è “Anna”, che aveva raccontato in una lunga intervista gli abusi sessuali e di coscienza subiti da Rupnik per nove anni, e Mirjam Kovač è “Ester”: aveva raccontato i suoi tentativi di denunciare gli abusi di Rupnik alle autorità ecclesiastiche e ai gesuiti a partire dal 1993. Il Coordinamento contro gli abusi sessuali su minori e persone vulnerabili Italychurchtoo ha accolto favorevolmente la decisione del papa: «la deroga alla prescrizione è certamente la condizione per chiarire le responsabilità di Rupnik e per disegnare un debito percorso di giustizia per le vittime – si legge nel comunicato – Ma le parole non bastano». Ora, continua ICT, ci si aspetta che il processo arrivi in tempi brevi, sia nel segno di una effettiva trasparenza e non si trasformi in un processo alle vittime, che dovranno essere informate e coinvolte nel procedimento.
La lettera aperta di ICT si può sottoscrivere mandando una mail a postmaster@italychurchtoo.org
fonti: Domani e Italy Church Too
Pierelisa Rizzo – Distrutti documenti in Svizzera
Fa discutere il caso della Svizzera dove sarebbero stati distrutti documenti secretati contenuti negli archivi dove vengono custoditi gli atti dei processi penali ecclesiastici e tutto quello che riguarda l’abuso sessuale di minori al di sotto dei 16 anni.
A vent’anni dalle denunce di Gérard Falcioni, ormai adulto, che per anni ha denunciato, inutilmente, le violenze subite da bambino , autore del libro “Il banco di prova della vita. Sono stato abusato all’età di cinque anni”, edizioni Mon Village 2002, la Conferenza dei vescovi svizzeri, la Conferenza centrale cattolica romana e le Comunità religiose cattoliche della Svizzera hanno incaricato una commissione indipendente dell’Università di Zurigo di indagare sulla realtà degli abusi in tutte le sei diocesi della Confederazione. I ricercatori – un team guidato da due donne, Monika Dommann e Marietta Meier – hanno potuto consultare liberamente gli archivi ecclesiastici, compresi quelli “segreti”, a cui ha accesso soltanto il vescovo, in cui vengono conservati gli atti dei processi penali ecclesiastici e quindi anche tutto ciò che riguarda l’abuso sessuale su minori di meno di sedici anni, considerato «reato in materia di costumi».
Molti di questi archivi, però è stato scoperto, risultano lacunosi e frammentari per diversi motivi, non ultimo la distruzione di parte dei documenti secretati. Ai ricercatori non è stato invece permesso di visionare i documenti depositati alla Nunziatura apostolica e al Dicastero per la dottrina della fede, segno quanto mai evidente della non disponibilità del Vaticano a una politica di reale trasparenza sulla questione degli abusi, al di là di tutte le dichiarazioni di “tolleranza zero” fatte da papa Francesco. E’ proprio a Lugano che i ricercatori zurighesi hanno avuto le difficoltà maggiori nel ricostruire i casi di abuso, a causa della distruzione di interi archivi segreti, contenenti i “casi riservati”.
Nel 1995, secondo quanto riporta una lettera dell’allora vicario generale al nunzio apostolico, il vescovo Eugenio Corecco ha dato l’ordine a un sacerdote di bruciare il contenuto dei suoi cassetti: il sacerdote in questione, contattato dal gruppo di ricerca, ha però negato di aver distrutto la corrispondenza sui casi di abuso sessuale. Quattro anni dopo, un altro prete, già cancelliere diocesano, ha eliminato in dieci mesi ben cento anni di carte riservate: «un impegno che ho svolto con il criterio evangelico della ‘misericordia’ – scrive in una nota alla diocesi – togliendo tutti quei documenti che gettassero anche un’ombra sugli interessati». Il diritto canonico, infatti, consente che gli atti riguardanti «le cause criminali in materia di costumi», come gli abusi sessuali sui minori, possano essere distrutte «se i rei sono morti oppure se tali cause si sono concluse da un decennio con una sentenza di condanna». Una norma che certo non agevola la trasparenza.
Le gravi lacune trovate negli archivi ecclesiastici ticinesi si sommano alla mancanza di un’associazione di sostegno alle vittime di lingua italiana, come invece accade nella Svizzera francese e tedesca, e restituiscono l’immagine di una comunità in cui ancora oggi vige il silenzio sulla pedofilia dei preti. Non stupisce quindi che la Commissione diocesana di esperti sugli abusi sessuali in ambito ecclesiale sia stata contattata in sette anni soltanto da quattro persone, un dato – sottolinea il report – verosimilmente non dovuto al fatto che in Ticino si sono verificati pochi casi, ma che «evidenzia, piuttosto, una forte riluttanza da parte delle persone offese a denunciare i casi di abuso alla Commissione ticinese».
Fonte DOMANI
Francesco Zanardi – La diocesi di Buffalo offre 100 milioni di dollari alle vittime di abusi sessuali
La diocesi cattolica di Buffalo ha annunciato martedì la promessa di donare almeno 100 milioni di dollari alle vittime di abusi sessuali.
La diocesi afferma che con l’aiuto delle parrocchie e di altre entità cattoliche affiliate, creerà un fondo di compensazione di almeno 100 milioni di dollari.
La diocesi afferma inoltre che il totale non include i soldi dell’assicurazione.
Secondo i documenti ufficiali del tribunale, la diocesi contribuirebbe con tutte le sue liquidità e probabilmente dovrebbe vendere il Catholic Center sulla Main Street a Buffalo e il Christ the King Seminary Campus a East Aurora.
La diocesi ha rilasciato una dichiarazione, dicendo in parte: “Riconosciamo che onorare questo impegno sarà impegnativo, ma è assolutamente necessario che facciamo tutto ciò che è in nostro potere per rimettere le cose a posto, per andare oltre questo capitolo oscuro della nostra storia e andare avanti mentre insieme lavoriamo per ricostruire e rinnovare la nostra chiesa. .”
La diocesi di Syracuse ha raggiunto un accordo simile, promettendo 100 milioni di dollari a favore delle vittime di abusi a luglio.
Fonte spectrumlocalnews.com