IL PROGRAMMA UFFICIALE
2^ edizione
Casoli, 21/24 novembre 2023
PREMIO NAZIONALE
LEA GAROFALO
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Cosa è il Premio Nazionale Lea Garofalo e a chi è rivolto e quanto è importante parlare di certi argomenti e sensibilizzare il mondo scolastico?
«Il Premio Lea Garofalo rappresenta una opportunità per le scuole di ogni livello scolastico. Una opportunità rivolta all’intero corpo docente nell’avviare e coinvolgere gli studenti in un percorso di ricerca ed approfondimento del fenomeno mafioso e con esso le tante storie di mafia, note e meno note, insieme alle tante vittime di mafia, quali: magistrati, giornalisti, preti, agenti delle scorte, imprenditori, sindacalisti, politici, uomini e donne comuni e bambini, che distingue il nostro Paese dal resto dei Paesi dell’occidente.
Una occasione per conoscere le storie di uomini e donne che, indicano una precisa direzione da seguire. Storie che i libri di scuola non raccontano per mille motivi, tra cui la permanente attualità ed evoluzione del sistema di potere mafioso, insieme alla costante educazione al disinteresse da certi temi che per taluni diventa un modello di vita tra le mura di casa ed all’interno del mondo della scuola capace di condizionare pesantemente anche la didattica. A proposito di modelli didattici, a scuola incontro dei dirigenti e dei docenti meravigliosi che amano i loro ragazzi e danno il meglio di sé stessi.
Ma è anche vero che incontro docenti demotivati che non sono più in grado di parlare ai ragazzi se non alzando la voce e questo mi rattrista. La scuola è ammalata, contano i numeri che la scuola esprime e non i valori che i ragazzi si portano dietro. La scuola è ammalata come tutta la società e questo richiede un surplus di energie per cambiarla a partire dalla scuola dell'infanzia.
Per educare alla cultura della legalità è necessario in primo luogo, partire da noi stessi, sentirsi “cittadini” di questo Paese, a partire dal pagare le tasse, fare le fila, non chiedere e/o ricercare favori, rispettare le regole della convivenza civile, ma anche informarsi, studiare e confrontarsi su questi temi per allenare la propria capacità critica ed il pensiero autonomo. Sempre la mia piccola esperienza nel mondo della scuola mi porta oggi a poter abbinare la classe di studenti al suo docente e viceversa».
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Che risposta hai ricevuto dagli alunni, sia a livello numerico che di feedback?
«Devo dire che le risposte degli studenti dipendono molto da come ti poni. Mi spiego meglio: i giovani studenti comprendono subito il tuo modo di approcciare il tema della cultura della legalità ed in primo luogo della lotta alla mafia, capiscono al volo se si trovano catapultati per un paio d’ore di fronte ad uno che vuole fare la “lezione” e parla come un libro aperto, impartendo loro una lezione di cui non c’è traccia nei libri scolastici, o se stai raccontando loro un pezzo di storia della tua vita.
Gli strumenti che utilizzo sono assai spesso i fumetti, le mostre di fumetti, che raccontano, attraverso i disegni, i brevi dialoghi, ciò che i libri di scuola non raccontano. Ho scoperto i fumetti per necessità, per poter aggirare gli ostacoli e la diffidenza delle direzioni scolastiche e dei docenti nel concederti l’opportunità di parlare di mafia all’interno della scuola.
E’ cosi poi che, attraverso il passa parola da un docente all’altro, questo approccio e questo impegno sono divenuti prevalente nella mia vita. Ma la mostra di fumetti non è fatta solo dei fumetti di disegnatori affermati, ma anche dei disegni, dei testi rap e dei fumetti elaborati dagli studenti stessi e raccolti nei vari progetti. Sono questi la vera mostra, perché sono quelli più prossimi al linguaggio degli studenti, lo sono per mille motivi, per la loro semplicità e sintesi e genialità. Ci sono alcuni elaborati che mi accompagnano da sempre e che ospito sul mio desktop del PC e sulla mia pagina social. Questi elaborati mi ricordano tutti i giorni quale deve essere il mio impegno. E quindi per rispondere alla tua domanda il feedback è altissimo, di grande partecipazione e coinvolgimento».
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Dato il tuo impegno nella lotta alle mafie come valuti questa seconda edizione del premio?
«Sono soddisfatto, perché nonostante le modeste forze in campo, non siamo certo la portaerei dell’antimafia, ma questo è un altro racconto, abbiamo raggiunto numerose scuole e ricevuto moltissimi elaborati provenienti dal nord e dal sud del nostro Paese.
Siamo solo all’inizio, il mio e nostro impegno è quello di fare crescere attorno al Premio dedicato a Lea Garofalo, una squadra di persone impegnate e l’attenzione del mondo della scuola alla permanente e non episodica diffusione della cultura della legalità. Il coinvolgimento della scuola dell’infanzia e della università insieme ad una mostra itinerante degli elaborati ricevuti, saranno il principale obiettivo da perseguire in vista della terza edizione.
Partire dall’infanzia per noi sarà una priorità, in quanto se vogliamo davvero sconfiggere la più pericolosa delle mafie, la ‘ndrangheta, occorre partire dai più piccoli; così come fanno le mamme di ‘ndrangheta o le donne che crescono con quella cultura, le quali mentre allattano i propri figli al seno gli cantano questa ninna nanna: “tu figlio mio con gli sbirri non ci devi parlare …, tu figlio mio con gli sbirri non ci devi parlare …,” e questa litania diventa un imprinting che il figlio si porterà dietro tutta la vita, contagiando gli altri coetanei.
Ci siamo tutti impegnati nella valutazione degli elaborati e ci siamo tutti emozionati, abbiamo toccato con mano cosa vuol dire dare una opportunità alle scuole ai docenti, agli studenti di ogni livello scolastico e ogni forma di aggregazioni di giovani di parlare mafia ed in particolare delle storie di uomini e donne che hanno detto no alla mafia. Siamo solo alla seconda edizione».
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OMICIDIO LEA GAROFALO. Il suo assassino è ritornato per quattro ore in paese, a Pagliarelle (Crotone). Ufficialmente per fare visita a sua madre "moribonda". La donna, Piera Bongera, solo qualche giorno prima è stata vista arzilla e serena in un supermercato. Cosa hanno in mente questi criminali? Perchè sul territorio è rientrato anche il cugino Vito Cosco, implicato nella strage di Rozzano? Per l'avvocato Guarnera: «Hanno preparato l'ambiente per dare un segnale allo stesso ambiente».
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