Per circa 30 anni ho fatto politica nel partito e nelle istituzioni. Ho scoperto la concretezza dell'impegno, ma anche l'ambiguità dei politici, che poi è quella dell'essere umano.
Ho capito che a sinistra non basta definirsi "compagno" per essere dalla parte giusta.
Che non tutti i "compagni" sono buoni, sinceri, leali, onesti, capaci, disinteressati, come una certa agiografia vorrebbe far credere.
Ho incontrato alcuni lestofanti e qualche massone.
Ma ho incontrato anche Enrico Berlinguer e Pio La Torre.
E, soprattutto, negli occhi, nel cuore e nella mente di tanti, quasi sempre giovani, ho scorto l'entusiasmo e la purezza degli ideali. Questo, insieme al mio essere credente, mi ha aiutato a continuare, ad andare avanti, a non abbandonare, pur in mezzo alle contraddizioni.
Ho creduto nella rivoluzione come strumento per il cambiamento e per il progresso.
Ci credo ancora.
Ma quale rivoluzione, con quali valori, con quali progetti, con quale metodo?
Certamente quella delle coscienze, nel rispetto assoluto della persona e della Costituzione, e poi quella, non violenta, della politica. Ho capito che la mafia è trasversale.
I soldi e il potere sono gli unici obiettivi che persegue. Neppure la sinistra si è salvata dalla trasversalità della mafia, e talora vi sono state contiguità e collusioni.
Certo meno che altrove, ma vi sono state.
La mafia non sta mai all'opposizione, e quando l'opposizione non è più tale finisce con l'essere dalla parte della mafia.
Anche solo con il silenzio.
È sostenibile un progetto politico, persino il più nobile, in nome del quale sia consentito sacrificare anche una sola vita umana?
E se ciò accade, cosa diventa l'opposizione?
Credo che bisogna chiedere alla politica, tutta, di reinventarsi, di individuare valori e progetti, coraggio autentico, coerenze vere.
Occorre questo per costruire un altro futuro.
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2024-03-05 18:30:25
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