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23 maggio di ogni anno: Viva l’IPOCRISIA italiota

by Paolo De Chiara
23 Maggio 2024
in Mafie
Reading Time: 11 mins read
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TRENTADUE ANNI di commemorazioni. Da quel maledetto 23 maggio 1992 cosa è cambiato nel Paese delle mafie? La morte di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonino Montinaro, Vito Schifani a cosa è servita? L’ipocrisia è stato l’unico baluardo che ha avvolto i tanti protagonisti di un’Antimafia parolaia, che lascia il tempo che trova. Resta, però, dannosa.

Chi ha premuto il pulsante che ha causato la deflagrazione? Chi ha ideato il piano con i 500 kg di tritolo? Sappiamo tutto sulla strage di Capaci? Chi sono i mandanti? E le menti raffinatissime?

In questo strano Paese, dove tutti si trasformano in inutili “paladini del nulla”, non esiste la volontà (soprattutto politica) di accertare la Verità. Ci si appiattisce in continuazione, ci si omologa alle circostanze. L’Antimafia, come sosteneva Sciascia, è diventata una “professione”. La questione riguarda coloro che la utilizzano per le loro carriere, per mascariare le loro malefatte (quanti politici miserabili usano – indegnamente – certe parole, di circostanza?). Ma riguarda anche coloro che, in buona fede, vorrebbero “ricordare”. Ma non basta solo “ricordare”.

Serve conoscere, capire, approfondire. Studiare e sviluppare uno spirito critico.

Quanti soldi sono stati buttati nel cesso in nome dell’Antimafia: cene, pranzi, ricevimenti, iniziative inutili, tavole rotonde deserte, presentazioni di libri. Il 23 maggio tutti si sentono Giovanni Falcone. Basta farsi un giro sui social: le foto e le frasi di “Giovanni” si sprecano. Peccato che il giorno dopo la mentalità continua ad essere quella opposta: furberia, menefreghismo, lassismo. Per non parlare, poi, delle scelte nelle cabine elettorali.

Ma cosa si dovrebbe fare? Per prima cosa bisognerebbe evitare di parlare di “eroi”. Giovanni Falcone – insieme a tutte le altre vittime delle mafie – non è stato un eroe. Ma una persona normale che ha fatto, semplicemente, il proprio dovere. Ha saputo fare il magistrato. Degnamente. Come ci mancano, oggi, questi magistrati.

Poi, bisognerebbe attuare il suo esempio. Partendo dalle piccole cose. È ovvio che non si possono ripetere certe azioni. Falcone è stato geniale (Maxi-Processo, vicenda Carnevale, l’impegno – criticatissimo dai tanti inutili esperti del nulla - presso il Ministero, ect.). Il ricordo passa anche attraverso le scelte quotidiane.

Non basta urlare il nome di “Giovanni” e poi votare i mafiosi nei Comuni, nelle Regioni e in Parlamento.

Conosciamo tutti chi sono questi personaggi da quattro soldi. Da anni hanno occupato le nostre Istituzioni. Ma lo hanno fatto per colpa nostra. Sono stati scelti da noi perché non siamo stati “attenti”.

Altra cosa: le persone vanno difese in vita e non dopo la morte. Giovanni Falcone è stato “colpito” e "massacrato" nel colpevole silenzio generale. Tanti possono essere gli esempi. Ne prendiamo uno: l’attentato all’Addaura. Dissero che se l’era fatto da solo. Per essere credibile – parole sue – bisogna essere ammazzati. Ed hanno eseguito. Platealmente.

Una vita contro la camorra. La storia vera del testimone di giustizia che ha denunciato la camorra

Ha ragione il testimone di giustizia Gennaro Ciliberto: “Oggi, in tanti, dimostreranno di voler combattere le mafie. Ma la tunica della legalità serve solo come spot pubblicitario e per far carriera e scavalcare posizioni nella società. Una bomba di 500 chili che sventra un’autostrada. Un’immagine ancora oggi, a 32 anni di distanza, indelebile per chi ha vissuto quell’epoca. La strage di Capaci, un attentato terroristico-mafioso che fece saltare in aria l’auto del giudice antimafia Giovanni Falcone e le vetture della sua scorta. Un’esplosione devastante che non lasciò scampo. Ma poi oggi, come sempre, c'è l'ipocrisia, la retorica, le mani dei collusi che professano la finta legalità. Un oltraggio alla memoria di chi ha perso la vita per lottare contro le mafie, che perse la vita per responsabilità di insospettabili soggetti che avrebbero dovuto proteggere quelle vite ma che, invece, hanno accompagnato alla morte chi nel suo impegno quotidiano ha contrastato ogni forma di illegalità. Da testimone di giustizia sono nauseato nel vedere costoro, vigliacchi e collusi che hanno costruito la loro fortuna sulle commemorazioni, sulle passerelle e le “frasi fatte” usate ad ogni convegno come un copione. Del resto c'è sempre di più una platea che non vuole vedere la verità. Plagiata dal sistema. Ricorda gli “eroi” solo come tappa fissa segnata su un calendario ma non nell'anima e nel cuore. Quell'anima che fa la differenza tra chi s'impegna fattivamente contro le mafie e chi usa la legalità come uno spot pubblicitario”.

Ecco, il punto è stato perfettamente colto da parte di chi ha messo la sua vita nelle mani dello Stato. Un certo Stato che non merita le persone perbene. Formato da massoni, mafiosi, delinquenti. Assetati di sangue, di soldi e di potere. Per loro le mafie sono necessarie.

Ma questa lotta alle mafie è reale o una mera finzione? Il “nodo è politico”, diceva il giudice Borsellino. Non è mai esistita la volontà politica di annientare le mafie. Molti Uomini dello Stato sono stati mandati a morire. Tra 57 giorni ripeteremo questi concetti per la strage di Stato di via d’Amelio. Invece di continuare a creare le “figurine” o i “santini” si pensi a fare luce sui legami politici e sui mandanti. Evitando la retorica.

Senza Verità non potrà mai esserci Giustizia.

 

NOTA A MARGINE

Ma è normale, con una inchiesta in corso, leggere la nota dell’Arma dei Carabinieri (foto in basso) in difesa dell’ex generale Mario Mori, indagato per le stragi del 1993?       

Riportiamo il punto di vista dell’ex ispettore della Dia, Mario Ravidà: «Pericolosissima e preoccupante, la nota diffusa dall'ufficio Stampa dell'Arma dei Carabinieri. Si può contestare una sentenza o alcune iniziative giudiziarie, sulla base di estreme conoscenze delle risultanze di investigazioni e di "fatti" contenuti nei fascicoli giudiziari, di cui non si è tenuto conto nell'emettere sentenze». Ravidà spiega ancora meglio il suo punto di vista. «Non credo che, in questo caso, l'Arma dei Carabinieri abbia contezza delle nuove risultanze investigative che hanno portato a nuove e gravissime incriminazioni per il generale Mario Mori, a cui si augura di poter provare la sua innocenza. Le solidarietà non possono essere date sulla base di una appartenenza di "giubba"».

 

LEGGI ANCHE:

L'INTERVISTA al colonnello dei carabinieri Michele RICCIO

Prima parte: «Dietro alle bombe e alle stragi ci sono sempre gli stessi ambienti»

Seconda parte: Riccio: «Mi ero già attrezzato per prendere Bernardo Provenzano»

Terza parte: «Non hanno voluto arrestare Provenzano»

Quarta parte: Riccio: «L’ordine per ammazzare Ilardo è partito dallo Stato»

 

- Stato e mafie: parla Ravidà, ex ufficiale della DIA

 - Attilio Manca suicidato per salvare Bernardo Provenzano

- INGROIA: «Lo Stato non poteva arrestare Provenzano»

- INGROIA: «Provenzano garante della Trattativa Stato-mafia»

- «Abbiamo bisogno della vera Antimafia, non quella da passerella»

- Ci restano le monete

- La sagra dell'ipocrisia

 

- A cosa serve commemorare?

- 30 anni dopo: la benedizione sui candidati dei condannati per mafia

- Un Paese al contrario

- L'INTERVISTA ESCLUSIVA AL MAGISTRATO NINO DI MATTEO

«Credo che l’opinione pubblica abbia non soltanto il diritto ma, oserei dire, il dovere di essere informata sui processi che sono stati celebrati e che non vengono raccontati dalla grande stampa. L’opinione pubblica deve essere informata e chi ha un ruolo all’interno dello Stato, della magistratura e delle forze di polizia, ha il dovere di non fermarsi.»

Nino Di Matteo

- LEGGI LA PRIMA PARTE: mercoledì 28 aprile 2021

Di Matteo: «Non abbiamo bisogno di una magistratura conformista»

https://www.wordnews.it/di-matteo-non-abbiamo-bisogno-di-una-magistratura-conformista

– LEGGI LA SECONDA PARTE: venerdì 30 aprile 2021

«Con determinati ambienti non si può convivere o tanto meno trattare»

https://www.wordnews.it/con-determinati-ambienti-non-si-puo-convivere-o-tanto-meno-trattare

– LEGGI LA TERZA PARTE: martedì 4 maggio 2021

Ergastolo ostativo: «Quella sentenza sancisce un principio che realizza uno dei principali obiettivi della mafia stragista»

https://www.wordnews.it/ergastolo-ostativo-quella-sentenza-sancisce-un-principio-che-realizza-uno-dei-principali-obiettivi-della-mafia-stragista

 

- A distanza di 32 anni dalla strage di Capaci gli studenti e le studentesse tornano in piazza

- Luisa Impastato: “Il 9 maggio è un giorno di memoria e dopo 46 anni ci tocca ancora difenderla”

- Salvatore Borsellino: «Fuori lo Stato dalla mafia!»

- Scarpinato a Meloni: «Abbia rispetto per i nostri morti»

- Veramente può esistere tutta questa ipocrisia? Sembra proprio di sì

- Salvatore Borsellino: «Disprezzo quello che è successo il 23 maggio»

- Resistenza Popolare: tutto pronto per il corteo antimafia

- Dopo le manganellate del 23 maggio il corteo del 19 luglio sarà un corteo di lotta


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Paolo De Chiara

FONDATORE e DIRETTORE WordNews.it - direttore@wordnews.it Giornalista Professionista, iscritto all’OdG Molise. Scrittore e sceneggiatore italiano. È nato a Isernia, nel 1979. In Molise ha lavorato con gran parte degli organi di informazione (carta stampata e televisione), dirigendo riviste periodiche di informazione, cultura e politica. Si dedica con passione, a livello nazionale, alla diffusione della Cultura della Legalità all’interno delle scuole. LIBRI: - Nel 2012 ha pubblicato «Il Coraggio di dire No. Lea Garofalo, la donna che sfidò la ‘ndrangheta» (Falco Ed., Cosenza); - nel 2013 «Il Veleno del Molise. Trent’anni di omertà sui rifiuti tossici» (Falco Ed., Cosenza, vincitore del Premio Nazionale di Giornalismo ‘Ilaria Rambaldi’ 2014); - nel 2014 «Testimoni di Giustizia. Uomini e donne che hanno sfidato le mafie» (Perrone Ed., Roma); - nel 2018 «Il Coraggio di dire No. Lea Garofalo, la donna che sfidò la schifosa 'ndrangheta» (nuova versione aggiornata, Treditre Ed.); - nel 2019 «Io ho denunciato. La drammatica vicenda di un testimone di giustizia italiano» (Romanzi Italiani, finalista del Premio Internazionale “Michelangelo Buonarrori”, 2019). Dal romanzo «Io ho denunciato», nel settembre del 2019, è stato tratto un corto e un medio-metraggio (CinemaSet, vincitore Premio Legalità, Fiumicino 2019). È autore del soggetto e della sceneggiatura del corto e del medio-metraggio «Io ho denunciato. La drammatica vicenda di un testimone di giustizia italiano», 2019 (Premio Starlight international Cinema Award, 77^ Mostra del Cinema di Venezia, settembre 2020). - nel 2022 «UNA FIMMINA CALABRESE» (Bonfirraro Editore). - nel 2023 «UNA VITA CONTRO LA CAMORRA» (Bonfirraro Editore). - Ha collaborato con CANAL+ per la realizzazione del documentario Mafia: la trahison des femmes, Speciàl Investigation (MagnetoPresse). Il documentario è andato in onda in Francia nel gennaio del 2014. Premio giornalistico letterario "Piersanti Mattarella", Roma, 30 novembre 2024. Premio Adriatico, «Un mare che unisce», Giornalista molisano dell’anno, Guardiagrele (Chieti), dicembre 2019. Premio Valarioti-Impastato, Rosarno (RC), maggio 2022. Premio Carlo Alberto Dalla Chiesa, San Pietro Apostolo (Catanzaro), agosto 2022. FONDATORE e PRESIDENTE di Dioghenes APS - Associazione Antimafie e Antiusura (dioghenesaps.it) - www.dioghenesaps.com -- paolodechiara.blog

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