Il bluff di Schiavone era una strategia. Non sempre gli aspiranti collaboratori di giustizia rendono dichiarazioni importanti e significative. Dopo il caso di Pasquale Scotti ora è il turno di Schiavone.
Molti avevano gridato alla resa dei casalesi. Il capo si era pentito, aveva iniziato la collaborazione con la giustizia. Però, mentre il boss del casalesi lasciava il 41 bis il clan si riorganizzava e il modus operandi criminale – a marchio Schiavone – iniziava una strategia del terrore sul territorio.
La camorra dei casalesi è una camorra stragista ma anche una camorra SPA con interessi milionari e fiancheggiata da insospettabili.
Da anni infiltrata nell'economia e nella politica. Il clan dei casalesi ha cambiato pelle ma non certamente la strategia omicida. Loro sono capaci di uccidere e di imprimere il loro credo criminale a chi si ribella. Allevano anche giovani delinquenti che sono tristemente attratti dal mito del boss che per decenni, grazie a coperture, eccellenti è stato uno dei tanti latitanti rimasti nella sua città, da dove divideva la vita e la morte.
E dove controllava direttamente gli affari illeciti e le alleanze.
Un boss del calibro di Schiavone non collabora ma scende a patti e forse, oggi, abbiamo capito che Schiavone non parla. Invia un messaggio criminale ai suoi sodali. Un bluff del boss Schiavone che ha una sua strategia e che la Procura dovrà decifrare al più presto, per evitare che il clan diventi ancora più forte.
Siamo fiduciosi che la magistratura sappia dare una visione più ampia di tale bluff e che il 41 bis – regime di carcere duro – sia veramente applicato a tutti i destinatari. A questo stagista il 41 bis dovrà essere applicato senza disattenzioni. Se un boss in carcere comanda allora i sodali al di fuori saranno capaci ancora di più di seminare morte e terrore sui territori.
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2024-07-03 19:30:40
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