La riforma sull’autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perchè?
Sono contrario, come già più volte dichiarato alla stampa e nel consiglio regionale. Più volte abbiamo fatto appello al Presidente Occhiuto, sin dal primo voto in conferenza Stato-Regioni del marzo 2023, in cui lui diede parere favorevole. Sono contrario perché la ritengo un colpo mortale al mezzogiorno, ma non solo, perché nel tempo, finirà con indebolire anche quelle regioni che ora sono più forti, minando all’unità del Paese e rendendo l’Italia più debole nello scacchiere europeo ed internazionale. Ovviamente i nostri appelli sono rimasti tutti inascoltati.
Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?
Calderoli è stato il più furbo e il più coerente. Certamente più di Occhiuto. In nome del “Dio Po” ha seguito da 40 anni una linea e oggi incassa. Non più sbattendo il muso contro una riforma costituzionale che infatti non è mai passata, ma gettando in pista una legge ordinaria che riforma di fatto la Costituzione, minando alla base la tenuta sociale e democratica del Paese. Ha girato dalla porta di servizio e l’ha potuto fare proprio perché accompagnato da alleati compiacenti, non in linea con le aspettative o, addirittura, complici. È il programma di sempre della Lega: revisione in chiave economica delle macroregioni dell’ideologo Prof. Miglio. Calderoli e la Lega hanno cambiato mille spartiti per suonare sempre la stessa musica: quella dell’autonomia e successione del nord!
C’è chi dice che per primi, questa legge, l’ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?
Qualcuno continua a rimproverare al centro-sinistra la riforma del titolo V che certamente poteva essere fatta meglio, ma non confondiamo le due cose. La riforma di Calderoli nulla ha a che vedere con l’impianto autonomista che informa la costituzione e che ispirò quella riforma. È esattamente tutto il contrario, la cristallizzazione di una visione miope che danneggerà l’Italia intera. La filosofia della Riforma del Titolo V era sicuramente più autonomia non differenziata, per dare più forza al ruolo delle Regioni, ma all’interno di una forte unità nazionale.
Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?
La Costituzione prevede la possibilità di assegnare forme di autonomia regionale ma a condizioni fissate dal nuovo Titolo V (Lep, e perequazione) che a 14 anni dalla legge sul federalismo fiscale non sono ancora soddisfatti. L’egoismo di Calderoli e della Lega parte da un assunto, ridefinire i Lep a partire dalla spesa storica che vede per un cittadino del Nord un livello di prestazione essenziale di 17.621 euro e per uno del Sud di 13.613 euro. Un cittadino del Nord vale di più secondo questo governo. Vale circa 4.000 euro di più. Fissata così la spesa al Sud verranno meno 60 miliardi, tra gli 8 e i 10 miliardi per la Calabria.
Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?
Non è una battaglia di bandiera, bensì per il bene del paese. Diversi sindaci e governatori sono contrari e, pertanto, ci auguriamo di superare le differenze di partito per mettere insieme tutte le forze democratiche da Nord a Sud affinchè ci sia unione utile a salvaguardare la coesione sociale del Paese. Lo stesso grido d’allarme arriva dal mondo della Chiesa, diversi sono i vescovi calabresi intervenuti sulla discussione e anche la CEI – CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA ha diffuso una nota sul tema dell’autonomia differenziata e le relative preoccupazioni per l’aumento degli squilibri territoriali, distruggendo la solidarietà e mettendo a rischio l’unità nazionale.
Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull’autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?
Sono a favore del movimento spontaneo nato dai sindaci e credo anche che tale movimento vada allargato a tutte le istituzioni presenti sul territorio. Anche la presidente Anci Calabria, Rosaria Succurro, ha palesato le stesse perplessità del governatore Occhiuto, senza però intervenire in maniera consequenziale e sostanziale. Riscontro molta ipocrisia nelle loro posizioni.
Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c’è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c’è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d’Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perchè?
Come già detto, se si parte dalla spesa storica per definire i lep, è chiaro che ci sarà una discriminazione tra i territori del Sud e del Nord Italia.
C’è chi afferma, però, che con l’autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno…
Si, certo perché la legge Calderoni è una legge ad invarianza finanziaria, poiché vengono definiti i LEP senza finanziarli, le Intese sono singole regione per regione e La legge permette ad invarianza di spesa le pre-intese senza finanziare, utilizzando il famoso “residuo fiscale” che per le regioni ricche è sufficiente.
Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?
Si, se il Governo dovesse trovare questi soldi che – secondo Svimez valgono complessivamente circa 100 miliardi – allora la sfida dell’autonomia può essere colta, ma tutte le regioni devono partire dallo stesso livello. Ribadisco, però, che deve trattarsi di autonomia non differenziata.
Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?
Si legge testualmente dall’Anci «che l’autonomia differenziata si abbatterà sulla sanità rubando risorse alla Calabria per il 40%, alla Campania per il 38% e alla Puglia per il 37%. E tutto questo entro il 2027. Un disastro che costringerebbe i cittadini del Sud a lasciare la propria casa pur di potersi curare». La fondazione Gimbe conferma che in sanità, nonostante la definizione dei LEA nel 2001, il loro monitoraggio annuale e l’utilizzo da parte dello Stato di strumenti quali Piani di rientro e commissariamenti, persistono inaccettabili diseguaglianze tra i 21 sistemi sanitari regionali. Siamo oggi davanti ad una “frattura strutturale” Nord-Sud che compromette qualità dei servizi sanitari, equità di accesso, esiti di salute e aspettativa di vita alla nascita, alimentando un imponente flusso di mobilità sanitaria dal Sud al Nord. Di conseguenza, l’attuazione di maggiori autonomie in sanità, richieste proprio dalle Regioni con le migliori performance sanitarie e maggior capacità di attrazione, non potrà che amplificare le diseguaglianze già esistenti». Secondo De Matteis presidente nazionale emerito del Sindacato Medici Italiani la Riforma: “Metterà fine all’accesso alle prestazioni sanitarie uguale per tutti; dando un colpo di grazia alla sanità calabrese e a quella del Mezzogiorno”.
Trova aspetti critici in questo Ddl? Se è si, quali e perché?
Questo è il programma della Lega da sempre. Le altre forze di governo hanno dovuto cedere in cambio dell’appoggio al presidenzialismo che vuole la Meloni e della riforma della giustizia, da sempre chiodo fisso di Forza Italia. Quindi è stato solo uno scambio sulla pelle dei cittadini per mantenere gli equilibri di governo.
A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?
Accontentare l’elettorato leghista senza rendersi conto che anche i ceti produttivi del nord verranno danneggiati. Nel contesto economico globale – penso alla Cina, all’India, agli Stati Uniti – che ruolo e che funzione potrà avere il Veneto di Luca Zaia che chiede la delega ai “rapporti internazionali”? Solo se il Nord capirà che questa legge oltre a ridurre la competitività complessiva del sistema Italia, disgrega l’Unità di Italia, e in particolare di quello produttivo il referendum potrà avere successo.
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