Il tatuaggio rappresenta la forma d’arte più antica che l’essere umano ha utilizzato per affermare la propria personalità. Originariamente utilizzato nelle civiltà arcaiche con scopi rituali, fino ad arrivare ad oggi dove in parte è considerato una forma d’arte, affermandosi non solo come canale per comunicare la propria identità ma anche come semplice ornamento. Tuttavia, il tatuaggio resta ancora ancorato a una forma di mutilazione del corpo, lontano dagli standard estetici e morali stabiliti dalla società. Secondo tali standard, chi sceglie di tatuarsi è considerato una persona rozza, poco raffinata e priva di buon gusto.
Decidere di “imbrattare” volontariamente la propria pelle è una scelta profonda ed intima che va al di là dell’aspetto estetico o dall’essere considerati egocentrici.
Ogni tatuaggio non è mai fine a sé stesso, è un riflesso dell’anima, il ricordo di una carezza o un’eterna promessa incisa sulla pelle.
Ciascun segno impresso sulla pelle racchiude un capitolo di vita che resterà indelebile nel tempo. Qualcuno sceglie di tatuare le date importanti o i nomi delle persone che amano, oppure simboli che in un determinato momento della propria vita li rappresentano, come ancore di salvezza fissate sulla pelle.
I più coraggiosi portano con orgoglio il ritratto del viso dei propri figli o il muso del proprio cane. Ci sono poi quelli che, nonostante non amino i tatuaggi, decidono di voler imprimere una data in particolare, molto spesso quella in cui annunciano la vittoria contro una malattia. Sono cicatrici che scegli, ferite d’arte che un intenditore sa ben interpretare e capire chi si nasconde dietro quelle scelte.
Nelle fasi della realizzazione del tatuaggio si è consci di vivere un momento quasi catartico. Non appena l’ago trapassa la pelle, quella lieve sensazione di dolore diventa trasformazione. È il voler riconoscere il proprio corpo dopo la malattia o un trauma. La rinascita dopo un periodo che ha segnato profondamente corpo e anima, lo spauracchio alle proprie paure, l’elaborazione di un lutto. Il dolore momentaneo si trasforma in bellezza permanente. Un segno indelebile che rende diversi, come spesso accade nelle più profonde esperienze di vita.
Il tatuaggio invecchia insieme a chi lo possiede, sbiadisce ma non muta il sentimento, così come il ricordo che racconta. Fedele testimone di un lungo viaggio di vita che narra chi siamo stati e dove, cosa abbiamo affrontato e persino chi abbiamo amato.
Molti lo definiscono imbrattare il corpo, mettersi in mostra, nascondere le proprie insicurezze, senza pensare invece che chi sceglie di tatuarsi lo fa immaginando il proprio corpo come una tela bianca su cui poter fare emergere la propria essenza, e che l’inchiostro sulla pelle parla un linguaggio universale capace di superare le barriere culturali che questa società trattiene.
Sono la dimostrazione che alcune storie meritano di essere eterne, degne di restare impresse non su carta ma sulla pelle, con coraggio, dolore, bellezza e, per ultimo l’inchiostro.
I tatuaggi sono noi, in tutta la nostra imperfetta, fragile umanità.
Una finestra sull’anima, un modo di ricordare a sé stessi “anche io ho una storia da raccontare”.