«Il braccio destro di Matteo Messina Denaro, Leonardo Ciaccio, mafioso, omicida e tanto altro, mai pentito né dissociato», così nel settembre scorso l’avvocata Teresa Nannarone, consigliera comunale di Sulmona, sintetizzò la biografia di quel che si apprestava a diventare un nuovo bibliotecario volontario in città. Ciaccio era stato ammesso alla semilibertà per buona condotta.
«Il via libera è arrivato dal Tribunale della libertà dell’Aquila e dallo stesso Comune di Sulmona: Leonardo Ciaccio, ritenuto l’uomo di Cosa Nostra più vicino a Matteo Messina Denaro, lascia il supercarcere dell’Aquila, per completare la sua condanna all’ergastolo, inflitta a suo tempo dalla Corte d’Appello di Palermo, con una pena accessoria. Potrà infatti lavorare come volontario nella Biblioteca museale di Sulmona, dopo l ‘irreprensibile’ condotta tenuta durante la detenzione». Così l’Ansa sintetizzò la notizia. «Ritenuto il vero braccio destro di Messina Denaro, al punto da essere considerato uno dei pochi ad avere raccolto le confidenze del boss – sintetizza il profilo di Ciaccio l’agenzia stampa – Inoltre, dopo la condanna per omicidio, associazione mafiosa e un’altra sfilza di reati legati al traffico di droga, non si è mai pentito».
La decisione del Tribunale e l’approdo a Sulmona del soldale di Messina Denaro, nell’indifferenza più totale, sollevò forti critiche di Teresa Nannarone, militante politica da tanti anni in prima linea nel denunciare le presenze mafiose in Abruzzo (tra le prime a denunciare la presenza della mafia dei pascoli nell’Abruzzo interno e a lottare per avere piena verità sui moventi degli incendi sul Morrone nel 2017).
Due mesi dopo la Corte di Cassazione ha cancellato la concessione della semilibertà a Ciaccio che non doveva mai uscire di cella, quel provvedimento del Tribunale aquilano non solo è stato annullato ma non doveva mai esistere. «Gli allarmi e le preoccupazioni non erano infondati: la decisione del tribunale di Sorveglianza di concedere la misura alternativa della semilibertà a Leonardo Ciaccio, braccio destro di Matteo Messina Denaro, permettendogli di lavorare nella biblioteca diocesana di Santa Chiara di Sulmona, deve essere rivista – sottolinea Il Germe, i primi a pubblicare la notizia nella giornata di domenica – La Corte Suprema ha infatti accolto tutti e tre i motivi di ricorso della procura generale dell’Aquila, evidenziando una leggerezza imbarazzante, in alcune parti, dei giudici di Sorveglianza che di fatto hanno rimesso in circolazione un criminale di altissimo rango, detenuto in via Lamaccio, mai pentito, condannato all’ergastolo per omicidio, sequestro di persona, soppressione di cadavere e associazione mafiosa».
Il Tribunale di Sorveglianza non ha tenuto conto della mancata dissociazione e di ogni qualsivoglia percorso di “riparazione del danno”, non è stata analizzata con correttezza «l’eventuale assenza di collegamenti, attuali o potenziali, di Ciaccio con la criminalità organizzata e con il contesto mafioso» e, il passaggio che Il Germe definisce il più inquietante (e viste le presenze mafiose nell’Abruzzo interno e in tutta la Regione è un giudizio che si può solo sottoscrivere e condividere) ha «omesso di considerare la nota del Commissariato di Sulmona del 5 febbraio 2024 nella quale era stata rilevato come il luogo nel quale doveva svolgersi tale attività era frequentato da numerosi pregiudicati ed era attiguo a un’abitazione di un ex collaboratore di giustizia facente parte della medesima organizzazione criminale».
L’intervista a Teresa Nannarone nel settembre scorso di Daniela Senepa, TGR RAI Abruzzo, una delle più coraggiose ed impegnate giornaliste abruzzesi contro mafie e malaffare
Esattamente come a settembre a Sulmona l’unica presa di posizione è, ancora una volta, quella di Teresa Nannarone con questo comunicato che riportiamo integralmente.
«La sentenza della Corte di Cassazione segna un principio importante anche da un punto di vista politico: un territorio già gravato da presenze di appartenenti ad associazioni mafiose merita una valutazione puntuale. Questo il principio a cui attenersi per il futuro, e questo è esattamente quello che avevo sottolineato intervenendo sulla vicenda sotto il profilo politico, oltre alla NECESSITÀ per la popolazione di essere messa a conoscenza di tali presenze e del loro vissuto. Questo perché è dovere di tutti a mio avviso preoccuparsi di quello che succede in città: dal dilagare della droga alla disperazione economica, perché questi fenomeni sono strettamente connessi alla presenza delle mafie come ci insegna la storia di altre realtà geograficamente distanti da quelle del Sud ma pesantemente infiltrate (basta leggere gli studi di Confindustria Lombardia sulla diminuzione del PIL a causa delle infiltrazioni mafiose).
Così come a mio avviso sarebbe utile che quante più persone possibili approfondissero questi argomenti per evitare che episodi simili possano continuare ad accadere sulle nostre teste e a nostra insaputa. Ritengo altresì che il dovere della politica sia non porre limiti ai propri doveri perché è compito ineludibile proteggere un territorio e i suoi giovani. Per questo, certa di non sbagliarmi sul pericolo della semilibertà di Leonardo Ciaccio, ho voluto dirlo anche se sola, nel silenzio di partiti e movimenti, seguendo il monito di Falcone e Borsellino che hanno richiamato tutto al dovere dell’antimafia. E più di tutti i politici perché se l’antimafia la magistratura e forze dell’ordine è oggetto del loro lavoro, per i politici non può che essere imperativo etico soprattutto in un territorio così fragile. Diversamente in cosa si sostanzierebbe la loro azione? Nel girarsi da un’altra parte?»
«Aveva ragione da vendere la consigliera comunale Teresa Nannarone nel denunciare il caso Ciaccio, ossia la semilibertà concessa a un mafioso mai pentito ed ex braccio destro di Matteo Messina Denaro, con possibilità di essere presente durante la mattina, in centro a Sulmona, per fare il bibliotecario – hanno sottolineato in un comunicato stampa Daniele Licheri, Segretario Regionale Sinistra Italiana, e Fabrizio Giustizieri, Sinistra Italiana L’Aquila – stupisce il silenzio assordante che c’è stato sulla vicenda, rotto solo dall’azione coraggiosa e, purtroppo, politicamente isolata dell’avv. Nannarone. È evidente che, nei luoghi dove insistono carceri dedicate al regime del 41 bis legge 663/86 (legge Gozzini), si necessita di particolare attenzione e prevenzione. Ci allerta la notizia, riportata dai media, secondo cui già una nota del Commissariato di Sulmona del 5 febbraio 2024 aveva rilevato come il luogo nel quale doveva svolgersi tale attività (quella di bibliotecario del Ciaccio) era frequentato da numerosi pregiudicati ed era attiguo a un’abitazione di un ex collaboratore di giustizia facente parte della medesima organizzazione criminale».
«Grazie alla Procura generale presso la Corte d’Appello dell’Aquila che con il suo ricorso ha portato all’annullamento di un provvedimento nefasto per il nostro territorio. Grazie alla Corte di Cassazione che lo ha accolto. Grazie anche a chi si era comunque prodigato per evitare che per mesi il braccio destro di Messina Denaro NON fosse tra noi, e mi riferisco al Commissariato di Polizia di Sulmona – si legge in un post su facebook pubblicato dall’avvocata Nannarone – E grazie anche alla stampa tutta, a cominciare da quella locale, che con coraggio ha dato un risalto importante alla vicenda. La lotta alle mafie deve essere assunta come imperativo etico se si sceglie di fare politica, soprattutto nel nostro territorio prosciugato da interessi e avidità di ogni genere. Altrimenti meglio cambiare “attività”».
La denuncia di Teresa Nannarone, la sua indignazione per quanto stava avvenendo, hanno trovato piena conferma nel provvedimento della Corte di Cassazione, l’avvocata e consigliera comunale aveva pienamente ragione. «Lieta di aver dato un contributo infinitesimale a svelare questa assurda storia di errori e omertà» conclude l’attivista antimafia il suo post. I fatti documentano che il suo impegno non solo non è stato infinitesimale ma giusto, corretto, decisivo. Senza Teresa Nannarone, come troppo spesso accade in questa Regione, tutto sarebbe caduto nel silenzio, nulla sarebbe cambiato e ancora una volta sarebbe avvenuto l’ennesimo sconcertante capitolo della storia peggiore d’Abruzzo. Come già abbiamo sottolineato a settembre quanto avvenuto a Sulmona con la semilibertà a Ciaccio può apparire un triste deja vù di fatti passati a partire da quanto avvenne (o meglio non avvenne) cinque anni con Salvo Riina.
Dopo il suo ritorno a Corleone la stampa nazionale è tornata ad occuparsi di lui, vasta eco ha avuto quest’estate l’indignazione per la memoria calpestata del giudice Terranova. Per poi tornare il silenzio sul post in cui, proprio a settembre, è tornato ad esaltare il padre boss. Parole che paiono contenere messaggi ben precisi (indirizzati a chi non sappiamo) e che ripetono quanto sostenuto nei tanti mesi passati a Casalbordino. Anche allora, come oggi a Sulmona con Ciaccio, tutto nell’indifferenza e nell’accondiscendenza di tanti, troppi. Isolata e attaccata l’unica voce che si espresse allora, unica nel deserto oggi Teresa Nannarone.
Unica ma giusta, corretta, un coraggio e una tenacia ancora una volta confermati dai fatti. Le domande poste da Teresa Nannarone nel settembre scorso alle istituzioni, le nostre domande su Salvo Riina (ripetutamente pubblicate negli anni e aumentate nel tempo), le denunce sulla documentata e sempre più forte presenza (altro che infiltrazioni nell’isola felice, quella fase è superata da trent’anni) su mafie pugliesi, Cosa Nostra, camorra, ‘ndrangheta, mafia albanese, mafia nigeriana, mafie romane (tra l’altro alcune “famiglie” provenienti proprio dall’Abruzzo) e altre permangono e continuano a trovare conferma e documentazione in fatti e atti.
Ma questa regione continua ad essere indifferente, a narrarsi favolette e accettare tutto. Fino a quando? Quando si smetterà con questa complicità? Quando arriverà il giorno che non dovranno servire voci uniche come Teresa Nannarone, Domenico Pettinari, le piccole associazioni animate da chi unico si espresse su Salvo Riina nel vastese cinque anni fa, Angelo Venti, Lina Calandra, Massimiliano Di Pillo, l’indimenticabile (ed infatti questa Regione l’ha già “dimenticato”) Peppe Vespa e quasi più nessuno?