Michelangelo Di Stefano, socio e giurato dell’Associazione Dioghenes APS. Siamo arrivati alla terza edizione del Premio Nazionale dedicato a Lea Garofalo. Partiamo dall’anno scorso dove, nel corso della seconda edizione, sei stato premiato come “Testimone del nostro tempo”. Che sensazioni hai provato e quanto è importante portare questi eventi nelle scuole?
Partendo dal mio leit motiv che “non può esserci futuro senza memoria e non potrà mai esserci libertà senza la ricostruzione della verità”, non si può parlare di legalità e di ricostruzione della maleodorante storia contemporanea se non si parte dalle scuole dove cresce e si forma il nostro futuro, la futura classe dirigente, i futuri magistrati, investigatori e politici.
Parlare nel 2024 di Giuseppe Garibaldi come “l’eroe dei due mondi”, senza conoscere i macabri retroscena di quello scenario geopolitico, o leggere le chiose di Corrado Alvaro, senza comprenderne la semantica allorquando l’illustre conterraneo di San Luca, negli ultimi diari, scrisse: “il male peggiore che possa impadronirsi di una società civile è il dubbio che vivere onestamente sia inutile”, significa intortare i ragazzi di aria fritta e di nozionismi fatti da standard e protocolli di facciata.
Ecco, allora, la necessità di spiegare che in alcuni periodi storici, anche troppo recenti, vi sono state commistioni tra aree grigie, politica, colletti bianchi, massonerie deviate, istituzioni deviate, criminalità organizzate e potentati stranieri che hanno violentato il libero vivere democratico della nostra martoriata Terra.
Per quanto riguarda la mia sensazione rispetto al premio ricevuto, io sono un uomo delle Istituzioni che ha sempre lavorato in sordina lasciando ad altri immeritati blasoni e onori. Ricevere il premio è stato, senza dubbio, un privilegio, ancor più importante perché proveniente da un soggetto terzo che ha una visione ampia, e distaccata, della fenomenologia dell’antimafia; uno stereotipo fatto di vetrine, narcisismi e riflettori “lampeggianti” che, troppo spesso, sta assumendo i connotati di “mafia dell’antimafia”. Un cliché, più che un ossimoro, che Dioghenes ha dovuto ampiamente metabolizzare e cestinare con eleganza.
Da Dirigente della Polizia Di Stato ti sei occupato di importanti processi, tra cui quello di ‘ndrangheta stragista. Ma si riesce a raccontare e a far capire un’importante esperienza di questa, composta da molta parte tecnica e giuridica, agli alunni?
Premesso che non sono stato un dirigente ma un manovale della Costituzione, se un adolescente impara a risolvere una radice quadrata, un teorema, a disquisire di filosofia, decantare Dante o usare gli esametri dattilici nel leggere un autore latino, sarà certamente in grado di assimilare anche la melma storico giudiziaria che ha insanguinato il nostro Pese da Portella della Ginestra in poi, senza dover essere preso per il culo – non me ne vogliate per la scurrilità ma i ragazzi lo comprendono meglio e senza fronzoli – da ricostruzioni di facciata che non stanno in piedi neppure se le reggi con le mani.
Basta trovare il modo, gli strumenti adeguati e un lessico che sia alla portata dei ragazzi; che li attragga, non li annoi e incuriosisca la loro anima fino a farli innamorare.
La sete di sapere e di curiosità è il sale della vita e la poesia, alle volte, è finanche in grado di battere il diritto, ci ha insegnato Piero Calamandrei.
Come dicevamo siamo alla terza edizione del Premio. Che valutazione dai alle prime due edizioni e cosa ti aspetti da questa terza edizione?
La risposta che ho appena dato, dà la chiave di lettura di cosa mi aspetto: “schiena dritta e passi brevi”, senza “salamelecchi” come è stato, ad oggi, costume dell’Associazione, rigida e tagliente nelle sue scelte di campo che ho condiviso, apprezzato e tutelato.
È stata scelta la Calabria come regione dove svolgere il Premio e quindi una regione abbastanza importante ed impegnativa, a maggior ragione con la storia di Lea. Che importanza ha questo evento svolto proprio in questa regione?
La Calabria, lo si voglia o meno, ha avuto un peso molto rilevante nella storia del nostro Paese ela ricostruzione del processo di ‘Ndrangheta stragista ne ha descritto le tante facce della stessa medaglia: Da Piazza Fontana, ai moti del ’70, al Golpe dell’Immacolata, a Piazza della Loggia, all’Italicus, al sequestro Moro, al Rapido 904, fino alle tanti stragi degli anni ’90. Non si dimentichi che il primo (1990 Umberto Mormile) come l’ultimo (1994 i carabinieri Fava e Garofalo) eccidio della Falange Armata portano la firma, accanto alla falange, anche di questa immonda associazione criminale. Non da ultimo la ‘Ndrangheta è il soggetto politico criminale in grado di interloquire con tutti i cartelli mondiali delle droghe, riuscendo a condizionare – a livello globale – il volume reale delle transazioni economiche e dei prodotti interni, così avere autorevolezza ed autoreferenzialità che, nella geopolitica, si conferisce soltanto ad una nazione di rilievo.
Ma la Calabria è anche la Terra della resilienza e della resistenza, ed è necessario individuare ed omaggiare, oggi più che mai, i Suoi testimoni della legalità.
Premio Nazionale Lea Garofalo
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