Cos’è la sanità pubblica? Quale la sua funzione? Perché esiste? Quale il suo ruolo sociale e perché è previsto che lo Stato e le sue articolazioni territoriali dovrebbero gestirla? Sono domande dalle risposte apparentemente scontate, ovvie, lapalissiane. Sulla carta, nella teoria teorica della dottrina e dell’accademia. Poi si cala nella realtà e assalgono dubbi, interrogativi e la differenza tra il dire e il fare, che una volta la saggezza popolare voleva fossero divisi da un mare, appare più abissale degli oceani.
Quanto accade ogni giorno nella sanità pubblica, quali calvari e difficoltà devono affrontare i malati e le loro famiglie è cronaca quotidiana. Come già sottolineato e testimoniato in nostri precedenti articoli la realtà reale è che a volte, troppo spesso, nonostante la professionalità, l’umanità e la totale dedizione del personale medico e para-medico, non si sa se si riesce a curare una persona ma, stazione dopo stazione della Via Crucis, si ammalano anche i familiari.
L’Ospedale San Pio di Vasto è uno dei pochi presidi sopravvissuti a tagli e chiusure negli anni, da Sanitopoli in poi. È punto di riferimento per un’ampissima porzione del territorio della provincia di Chieti, ogni giorno centinaia se non migliaia di persone accedono per visite, urgenze, ricoveri. Chi sta male, chi vive condizioni anche croniche di profonde problematiche di salute, si attenderebbe di essere accolto, agevolato, aiutato, sostenuto e supportato. Medici, infermieri ed OSS lo fanno ogni giorno, con una tenacia e una professionalità esemplare. Ma persino l’arrivo all’ospedale, per chi ci lavora e per pazienti e familiari, può diventare un’odissea. In attesa che il decantato (se ne parla “solo” da quasi quarant’anni) nuovo ospedale arrivi, la prima pietra è stata annunciata ormai innumerevoli volte nei decenni, i cittadini devono arrivare all’attuale struttura.
E ogni giorno c’è chi si ritrova a dover parcheggiare a chilometri di distanza, a trovare parcheggi di fortuna (sperando di non incappare, come è capitato di recente alla nipote di una paziente grave oncologica e ingessata, nelle multe dei “solerti” vigili urbani), a dover lasciare – in qualsiasi condizione climatica – pazienti anche in età avanzata e in carrozzella da soli all’ingresso. E se provi a chiedere di entrare nel perimetro ti ritrovi, e non è certo responsabilità e “colpa” di chi svolge il lavoro che gli è stato assegnato da colà dove si puote, a dover giustificare, in imbarazzo, quasi stessi chiedendo chissà quale favore, giudicato. È un problema pluridecennale, peggiorato negli anni, ma da nessuno lassù sembra mai essere arrivata una mano tesa, un tentativo di agevolare, anche un solo domandarsi cosa poter fare.
Parcheggiare nei pressi di un ospedale, essere aiutato nello spostare malati gravi, non lasciare all’addiaccio pazienti anche in età avanzata, essere considerati al centro di chi dovrebbe gestire quella che si chiama sanità pubblica, a quanto pare non è contemplato. Giudicare, costringere a giustificarsi, scoraggiare, quello a quanto pare si. Nell’aumento improvviso del debito sanitario (su cui tante domande assalgono, che attendono risposte che mai sono arrivate e mai a quanto pare vogliono far giungere dal grande management che è riuscito anche a rivendicare di recente il proprio “eccellente” agire) nel mirino sono finite anche le spese per i farmaci. Schael, direttore generale della Asl Lanciano-Vasto-Chieti, continua a dire e ridire che lui non taglia nulla, che nulla ha tagliato e nulla taglierà. La parola magica è appropriatezza, come riferito in molti nostri precedenti articoli. Per la serie non sono loro che tagliano, sono i malati che potrebbero prendere più di quel che è sostenibile.
È stato nominato il nuovo direttore del settore farmaceutico della Asl e il primo pensiero è stato questo: sforato il “budget” previsto (in base a quali parametri? Se son di più porsi domande sullo stato di salute della cittadinanza è chiedere troppo per quella che dovrebbe essere la sanità pubblica?) i medici sono costantemente invitati a rivalutare ogni terapia, a non prescrivere più di una confezione di un farmaco, a cercare di ridurre ed eliminare il più possibile. Appropriatezza, la parola magica mantra di tutto. Appropriato per chi e per cosa lo vedono sulla propria pelle quotidianamente, e le segnalazioni riportate anche da noi nei mesi ne sono testimonianza, i malati e i loro familiari.
Ma non finisce qui e ogni settimana porta (almeno) una novità. E nel quadro costantemente aggiornato (in peggio) si comprende il senso delle domande iniziali di quest’articolo. Le risposte le lasciamo ai lettori. Riportiamo i fatti, che come si suol dire, parlano da soli.
L’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas) ha presentato i dati relativi al 2023 del modello di valutazione multidimensionale della performance manageriale riguardo alle aziende sanitarie pubbliche, ospedaliere e territoriali.
«Si tratta di un lavoro che scatta una fotografia rispetto all’attività di 110 aziende territoriali e 51 aziende ospedaliere – riporta l’agenzia – Riguardo le prime, il monitoraggio si basa sulla valutazione di 34 indicatori classificati in 6 aree (prevenzione, distrettuale, ospedaliera, sostenibilità economica-patrimoniale, investimenti e mortalità evitabile) e 12 sub-aree; in merito alle aziende ospedaliere, gli indicatori presi in considerazione sono 27 classificati in 4 aree (accessibilità, gestione dei processi organizzativi, sostenibilità economico-patrimoniale, investimenti) e 10 sub-aree».
Tra i parametri valutati dall’Agenas c’è la presa in carico dei pazienti nelle Asl, a partire dal 118 e dall’assistenza domiciliare. Secondo quanto ripreso da Milena Gabanelli sul Corriere della Sera, per questo parametro, tra le peggiori tre in Italia c’è la Asl Lanciano-Vasto-Chieti.
Il Comitato Civico Tutela del Malato, nato nei mesi scorsi dalla protesta di molti cittadini sul fronte della carenza di farmaci e delle lunghe liste d’attesa, «ringrazia» per questo «triste primato» il Direttore Generale Schael e il Presidente Marsilio «per averci assegnato e riassegnato questo direttore e l’Assessore alla Sanità della Regione Abruzzo Nicoletta Verì nonostante il dissenso del popolo e lodando le qualità che mai hanno avuto e che ci hanno portato ad essere a livello nazionale al secondo posto fra i peggiori Servizi Sanitari».