di Salvo Germano, opinionista e recensionista
Fermo qui il racconto di questa storia scritta per Maria Laura Annibali facendo mio l’epilogo di una leggenda popolare che si conclude con queste parole: il mio racconto arriva solo fin qui: finisce, e il vento se lo porta via.
Fermo qui questa storia che continuerà in tutte le cose che Maria Laura Annibali penserà – mi si conceda la metafora – sotto i suoi tanti cappelli.
Fermare una storia è il privilegio dello scrittore che vuole che l’ultimo capitolo del suo libro non sia l’ultimo della storia. È solo l’ultima pagina di un libro perché – e rispondo adesso alla domanda formulata nella premessa – perché una vita si fa storia solo quando consegna alla memoria l’impegno nel dare uno smisurato amore per gli altri.
Attraverso il proprio lavoro, senza brame di lustrini e riflettori, ma solo dando un senso a un’umanità, il cui bene non ha colori né divise.
Quello che ho riportato è la chiusa del libro biografico – saggistico, che Antonella Giordano ha voluto dedicare, col cuore (*), a Maria Laura Annibali, che la designa come La Signora dai cento cappelli.
Antonella Giordano è un personaggio pubblico, noto per l’impegno profuso in molteplici ambiti della conoscenza, in primis, quello giuridico ed esperta di Diritto Tributario ed Etica della Comunicazione. Insegna all’università di Siena. Competenze, che per scelta ed indole personale, infonde al servizio del bene comune, attraverso i mezzi che le sono più congeniali e che rispondono meglio alle sue istanze di comunicazione, attraverso l’autorevole testata giornalistica International Web Post di cui è condirettore insieme ad Attilio Miani, che ha scritto la prefazione del libro, in questione.
Nel giornale è responsabile, in particolare, delle rubriche di Cultura, Diritti umani e Politica Internazionale. Inoltre cura il programma radiofonico Storia e storie su Regional Radio (di cui è direttrice di testata), in cui affronta problemi di natura sociale, storie di personaggi, noti e non, che con la loro ricchezza umana e valoriale, hanno contribuito e contribuiscono tra presente e passato, tra luci ed ombre, al progresso civile, morale, della nostra società.
Per le sue distinte qualità umane, culturali e impegno sociale e civile, ha ricevuto dalla Presidenza della Repubblica due importanti onorificenze: quella di Cavaliere al merito della Repubblica da Azeglio Ciampi e Ufficiale al merito dal presidente Sergio Mattarella.
Faccio una breve analessi, ritornando indietro nel tempo, quando Antonella, giovanissima, si definiva “insegnante di strada”, sulle orme di don Milani, una figura, di forte riferimento etico. Vedo in lei, pensandoci bene, anche il messaggio carismatico di don Roberto Sardelli, che ho avuto in passato il piacere di conoscere.
Il suo primo stipendio – mi raccontava – fu quello di tre uova di gallina.
Da allora, inizia la parabola ascensionale verso un umanesimo, che parte dal basso, e via via, raggiunge vertici sempre più elevati, impegnandosi senza risparmiarsi nella pubblica amministrazione, occupandosi, tra tante, della revisione dei processi penali.
Il suo non è un carrierismo ambito pervicacemente o di “scavalco” né tanto meno, per appagare il proprio ego, già ricco in sé, per le sue intrinseche qualità morali, un bagaglio culturale multidisciplinare acquisito dalle numerose letture, uno studio matto e disperatissimo per citare Leopardi, unito ad una spiccata sensibilità alla bellezza, kantianamente intesa, congiunta ad una profonda riflessione critica del giudizio, e poi… e poi… sacrifici, (tanti) per migliorarsi.
Ha sempre camminato con la schiena dritta, seppur rasentando defilata il muro di cinta e non il centro della piazza.
Contraria ad ogni protagonismo, ha prestato attenzione soprattutto agli ultimi, alle periferie, ai poveri, essendo loro la bussola verso cui indirizzare il proprio innato spirito filantropico.
Apro una piccola parentesi: Antonella in questo momento, leggendo le mie parole che sento utronee e spontanee, non finalizzate all’encomio della circostanza, ma verificabili effettivamente sul suo campo d’azione, scevre da ogni retorica o pleonasmo di troppo – spero che in cuor suo – non stia provando un senso di pacato imbarazzo, schiva e riservata com’è.
Ricordo brevemente:
Brillante percorso liceale vincitrice della borsa di studio del provveditorato ogni anno e per l’intero quinquennio, laurea in giurisprudenza a pieni voti e in più le varie specializzazioni e i numerosi master.
Il suo, non è solo un riscatto sociale, fine a sé stesso, per elevarsi da una modesta posizione sociale da cui era partita, ma l’ambizione – questo sì – a dare il meglio di sé, per poi porgerlo al servizio del bene di tutti, estendendolo al giornalismo d’inchiesta, quello della divulgazione scientifica e letteraria, in particolare attraverso la radio o la scrittura, strumento che più le è congeniale per esprimere e guardarsi introspettivamente.
All’insegnamento universitario ha sempre dato passione e uno spirito di dedizione incalcolabili.
La Giordano è proiettata verso una posizione prospettica ed esponenziale, al fine di dare ai giovani un futuro migliore, a chi incappa metaforicamente nella pietra d’inciampo, o per precarie condizioni socio – culturali, chi per fragilità legate alla ricerca di una identità omosentimentale ancora ondivaga, in itenere o già ben strutturata in un preciso percorso univoco dal punto di vista emotivo – sentimentale verso persone dello stesso sesso.
La diversità omoerotica nella società contemporanea, non può, non deve più essere un tabù, un tormento interiore che degenera in una cupa depressione che poi cova nel nascondimento, non deve alterare l’equilibrio psico fisico di un essere umano, che per dirla con lo scrittore americano Walt Whitman, il singolo è una cellula unica ed irripetibile nella sua unicità, che fa parte di uno stesso organismo, che è la società, con tutte le alterità e le variegate stratificazioni a livello sensoriale erotico, sentimentale di diversa natura e dalle mille sfaccettature ontologiche.
E qui vengo al libro in questione, che viene presentato idealmente e fisicamente nel topos più iconico e rappresentativo, in cui, in quest’ultimo decennio, tante leggi a favore del progresso antropologico e di civiltà giuridica, verso le coppie dello stesso sesso, sono state promulgate, come le unioni civili, ma, ecco! … è quel ma… che fa la differenza. Bisogna andare in quell’oltre di civiltà giuridica e spingere il potere legislativo a superare una ulteriore barriera culturale ed ideologica, per la quale tante famiglie arcobaleno non si sentono pienamente legittimate in alcuni diritti, come l’adozione, il non riconoscimento giuridico del figlio non biologico in una coppia omogenitoriale e altre delicate e spinose problematiche giuridico legali.
La signora dai cento cappelli è un libro che tocca le corde del cuore, dapprima quelle note nella tonalità minore, usata dai compositori per evocare musicalmente presagi bui, crepuscolari, di maggiore pathos, il destino che batte e bussa alla porta. Penso alla Quinta sinfonia di Beethoven nella tonalità di Do minore.
Poi, via via, l’ordito narratologico si distende, si dilata, ritornando nella tonalità maggiore, aperta e lineare, pur portandosi i segni dolenti ereditati da una infanzia difficile con le laceranti tracce tematiche pregresse.
È quello che è successo alla Signora dai cento cappelli, Maria Laura Annibali. Una donna che non so definire del tutto. Io oltre ai cento cappelli, direi dalle cento vite.
Antonella, in questo libro, che si legge tutto d’un fiato, coniuga magistralmente la “fabula” narratologica della scrittura biografica con una prosa intrisa di una vena poetica, sentimentale, con frasi da appuntare segnatamente in un taccuino – cosa che ho fatto – che si liquidano, spesso nel romanzo sentimental che mi ricorda Sense and sensibility tradotto in italiano col titolo Ragione e sentimento di Jane Austen.
Commoventi le testimonianze finali che rinforzano ancora di più la caratura umana di una donna attivista che per diventare tale ha spurgato sangue dalla sua pelle. Ma alla fine le ferite sono rimarginate, ed ognuna di essa, porta una eredità ricca di valori che sono degne di essere ricordate, così bellamente, come ha fatto Antonella Giordano con la pubblicazione di questo libro.
(*) Per volontà di Antonella Giordano tutti i proventi derivanti dalle vendite del libro verranno devoluti all’Associazione DìGay Project.