Tra le tante applicazioni del programma di protezione testimoni di giustizia ci sono le regole per gli impegni di giustizia. Oltre alle convocazioni da parte dell’autorità giudiziaria ci sono gli impegni di giustizia: le udienze ove il testimone è chiamato a testimoniare. Questa procedura, a detta del Servizio Centrale di Protezione (SCP), è da ritenersi la più pericolosa, perché vi sono una serie di elementi (quali la data certa, l’ora e il luogo) ove verrà resa la testimonianza.
Il Servizio Centrale di Protezione che al suo interno ha una apposita sezione con l’acronimo divisione AFG chiamata anche sezione impegni di giustizia dovrebbe adottare il protocollo per tali impegni. Ma da anni qualcosa non funziona: tra errori o omesse notifiche o videoconferenze che non si possono attuare perché la sede prescelta dal SCP non è adatta a fare la videoconferenza con l’aula del tribunale ove deve essere resa la testimonianza. Come errori con i biglietti dei voli aerei che spesso lasciano a terra il testimone e la scorta poiché su quei voli non è consentito accedere armati, quindi si perde il volo. E l’udienza salta.
Abbiamo avuto la certezza che avviene anche che un testimone di giustizia congiuntamente alla scorta arrivino in località ove vi è la sede del tribunale e l’albergo prenotato (proprio dal SCP). Il personale di scorta, della cosiddetta località segreta, non potrebbe in autonomia prenotare le stanze poiché svelerebbero i propri nominativi.
Ma allora cosa fa la sezione affari di giustizia? Nulla, alla luce dei fatti accaduti. Il personale di scorta giunti in albergo, congiuntamente al testimone di giustizia, si vedono negare l’accesso poiché nessuno del SCP aveva provveduto ad accreditare la scorta e il testimone ponendo in essere la procedura di sicurezza che prevede che gli ospiti in questo caso carabinieri e testimone soggiornino senza registrazione dei documenti ma con l’accredito del SCP che avrebbe dovuto poi notiziare alla Questura di competenza.
Ma questo non accade ed allora il personale della struttura ricettiva insospettito chiama la Questura. La risposta drammatica? “Noi non sappiamo nulla!”
Tra il comico e il tragico il capo scorta cerca di mediare. Ma nulla. La risposta del responsabile dell’albergo è categorica. Senza documenti non entra nessuno.
Inizia un valzer di telefonate che si protrae per ore. Ma non c’è soluzione. Gli ospiti dell’albergo incominciano incuriositi a stazionare nella hall. Il colpo di scena arriva quando una volante della polizia, giunta sul posto, viene allertata tramite il 112 dal referente dell’hotel.
Cosa fa la polizia giusta sul posto? Dopo aver ascoltato brevemente la vicenda (molto omissata per ovvie ragioni di sicurezza) gli operatori della volante chiamano i carabinieri. Dopo circa 30 minuti giungono i militari e la platea del pubblico presente inizia a porsi domande: “chi saranno questi quattro?”.
La scena che si prospetta è degna dei film di Lino Banfi. Siamo al limite delle decenza. Il carabiniere, giunto sul posto, incomincia a citare articoli di legge e nonostante il capo scorta mantenga la calma il collega in divisa incalza e chiede i documenti a tutti. Nonostante tre fossero carabinieri in servizio di scorta al testimone di giustizia.
Gli animi si agitano e iniziano le telefonate ai superiori da parte del capo pattuglia dei carabinieri giunti in supporto alla volante della polizia. A questo punto la sicurezza e la mimetizzazione è saltata ma si è fatto tardi. Non c’è altra possibilità di mediare con la struttura per poter dormire. L’alternativa è ripartire e fare oltre 600 chilometri in un giorno dove già altri settecento erano stati percorsi.
In tutto questo, dal SCP non c’è reperibilità. Nessuno per un supporto. Nulla di nulla.
Un testimone di giustizia
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