Siamo ormai nel pieno di un nuovo anno, sono passate settimane da quando abbiamo chiuso un libro della vita e abbiamo aperto nuove pagine bianche tutte da scrivere. È questo un Paese che con la memoria ha un rapporto falso e bugiardo, ipocrita e vacuo. Che imita il pesce rosso, che dimentica il tragitto appena tocca un lato della boccia, fa finta di commuoversi ad ogni occasione per poi – come fosse il passaggio da un canale televisivo all’altro col telecomando – passare oltre come nulla fosse.
Uragani e polveroni improvvisi e poi il vento e la polvere si posano e tutto passa. Per poi, nel mare della retorica e delle celebrazioni autoreferenziali, gonfiarsi e coprire tutto sotto fanfare a comando. Ipocrita e complice, oltre ogni sciagura e sventura, appare questo Paese. «Io sono Peppino Impastato», «Giovanni Falcone siamo noi», «Paolo Borsellino cammina sulle nostre gambe», «Noi siamo Pippo Fava», «Rita Atria vive», «Lea Garofalo ci insegna e noi proseguiamo», l’elenco potrebbe essere infinito e sterminato. Il giorno delle cerimonie, il giorno delle commemorazioni, delle lacrime a comando.
«Apri il giornale c’è l’ispirazione» cantano I Nomadi da molti anni. Anche senza aprire il giornale, basta alzare la testa e guardarsi intorno e la realtà reale è sotto gli occhi di tutti. E chi non si omologa, chi non si amalgama, chi vive dolori e sofferenze che non sono certo colpa di un destino lontano, chi non tace il resto dell’anno rimane solo di fronte l’ingiustizia, il dolore, la sofferenza, il peso dell’assenza di persone cari, di un distacco traumatico e che scava e scaverà sempre nell’anima e nel cuore.
Cinque anni fa sul libro della vita furono scritte pagine nere, buie, drammatiche, per molti il libro della vita si fermò per sempre e serpeggiava la paura, il terrore, che non ci sarebbe stato più un libro della vita. Un lustro dopo, solo un lustro dopo, tutto appare dimenticato, cancellato, gettato nell’oblio. La sanità pubblica e la pandemia sono stati dimenticati nella quasi totalità del dibattito pubblico.
Non se ne parla più, tutto cancellato da una memoria (strumentalmente ed ancora una volta in questo Paese senza memoria) più corta di quella del pesce rosso in una boccia. Mentre nei palazzi padrini e padroni si trastullano in chiacchiere sceme da finti polli di Renzo il Paese reale, le sue sofferenze e le ingiustizie subite vengono cancellate o al massimo strumentalizzate da pupi e pupari. L’Italia è un Paese senza memoria, in cui abbondano padrini, zone grigie e zone sporche, in cui tutto sparisce in un attimo. Dominato dall’emozione del momento, dalle grancasse mediatiche a libri paga di qualcuno, dall’arroganza di coloro che più son colpevoli e più gridano istericamente contro le vittime. C’è chi non ha dimenticato, ci sono dolori che non verranno mai superati, cuori che continuano a sanguinare e anime dilaniate per sempre.
Che si interrogano, pongono domande, chiedono giustizia e verità, non si accucciano alle “verità” interessate e strumentali, sono familiari che non vedranno più un loro caro e i cui affetti, amori, calori umani sono stati feriti. L’associazione #Sereniesempreuniti è nata dall’incontro di queste vite, di questi dolori, di persone che hanno vissuto pienamente quei mesi terribili e tragici. Antonio Gramsci scrisse, un secolo fa, che la Storia insegna ma non ha scolari e che chi non la conosce è destinato a ripeterla. Quasi cinquant’anni fa Pier Paolo Pasolini negli “Scritti Corsari” definì l’Italia un Paese senza memoria e quindi senza storia, che «rimuove il suo passato prossimo, lo perde nell’oblio dell’etere televisivo», «circolare, gattopardesco».
Una storia rimossa dalla memoria collettiva, continuamente riscritta in maniera strumentale e comoda a taluni è quanto accadde nell’inverno-primavera 2020, nelle settimane in cui deflagrò la pandemia in Italia. Partì da quella che fu definita la Wuhan d’Occidente, nel cuore della Lombardia. Sereni e sempre uniti – Associazione Familiari Vittime Covid19 lotta perché la memoria rimanga viva, una memoria non fine a sé stessa ma che porti a verità e giustizia su quei mesi. Per non dimenticare, per mantenere la memoria e proseguire il percorso collettivo, il prezioso, vitale (per la democrazia e la vita stessa), indispensabile impegno di questi anni l’Associazione “Sereni e sempre uniti” anche quest’anno dà appuntamento ad un evento pubblico sabato 22 marzo 2025, alle ore 17:30 presso la Sala Polivalente “Vincenzo Signori” di Pedrengo, a pochi chilometri dalla città di Bergamo.
Questo il comunicato di presentazione dell’evento.
La memoria e la speranza sono i due fili che continuano a tenere uniti i familiari delle vittime del Covid dell’Associazione #Sereniesempreuniti che anche quest’anno, a distanza di 5 anni dalla pandemia, dedicano una serata evento ai propri cari e a chiunque volesse conoscere le loro attività. La Giornata nazionale in memoria di tutte le vittime della pandemia di coronavirus è stata istituita il 18 marzo proprio in ricordo di quella sera in cui l’esercito portò via le bare da Bergamo e tutto il mondo si accorse del dramma che Bergamo e l’Italia stavano vivendo.
“In occasione del 18 Marzo la nostra Associazione anche quest’anno ha deciso di organizzare un evento per ricordare, come da qualche anno a questa parte e soprattutto quest’anno, a 5 anni dalla pandemia, le persone a noi care che abbiamo perso – spiega Cassandra Locati, presidente dell’Associazione -. Vorremmo condividere i nostri progetti, le nostre attività e non solo, ci saranno ospiti importanti che interverranno durante la serata che ci aiuteranno a fare memoria ma soprattutto a riflettere sul presente”.
L’Evento commemorativo in memoria delle vittime del Covid-19 intitolato “NOI PER LORO – la memoria e la speranza” si terrà sabato 22 marzo 2025, alle ore 17:30 presso la Sala Polivalente “Vincenzo Signori”, Via Giardini 6 a Pedrengo. La serata sarà divisa principalmente in due momenti: il momento del racconto di quei giorni con i giornalisti Luca Cavadini di Seilatv e Giulio Valesini di Report che, con le loro inchieste e servizi televisivi, hanno continuato a fare memoria di quanto accaduto.
Seguirà un momento di riflessione in ambito medico-scientifico con medici luminari come il professore Silvio Garattini, ricercatore, presidente e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”; con il dottor Stefano Argenton, responsabile dell’unità operativa di Anestesiologia e Rianimazione agli Istituti Clinici Zucchi di Monza e con la dott.ssa Maria Rita Gismondo, virologa e consulente del ministero della salute. Ci sarà poi spazio per un dibattito. La serata si concluderà con la musica del pianista bergamasco Andrea Tonoli. In sala saranno esposte le fotografie della mostra Epicentro di Maurizio Milesi, anch’esso fotografo bergamasco.
“La speranza sarà il filo conduttore per provare a costruire un domani migliore. Abbiamo infatti voluto un evento che trasmettesse un senso di condivisione – conclude Locati – perché crediamo fortemente in quello che abbiamo costruito in questi 5 anni, nonostante le perdite incommensurabili che abbiamo subìto. Ringraziamo l’amministrazione comunale di Pedrengo per il patrocinio e la sensibilità dimostrata e vi aspettiamo numerosi così che tutti insieme possiamo dire: non abbiamo dimenticato”.