In un mondo dominato da una narrazione univoca e spesso manipolata, oggi abbiamo in mano uno strumento di democrazia diretta: i referendum. Un’opportunità che si intreccia in modo drammatico con quanto accade nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania, e con la crescente decadenza morale dell’Occidente.
Per oltre mezzo secolo, ci è stato raccontato che Israele era una vittima, un paese sotto costante minaccia, da proteggere ad ogni costo. Ma come è possibile che si sia taciuto sulla pulizia etnica del 1948, quando centinaia di migliaia di palestinesi furono espulsi dalle proprie terre per far spazio al progetto sionista?
Come si può continuare a ignorare che Gaza è una prigione a cielo aperto, bombardata quotidianamente, e che in Cisgiordania si assiste a un furto sistematico di terre? Oggi il genocidio in Palestina avviene in diretta, sotto gli occhi del mondo, eppure il silenzio delle istituzioni occidentali è assordante. Non è più possibile nascondersi dietro la retorica della pace mentre si finanziano i massacri.
Siamo testimoni di un fallimento globale. La globalizzazione, venduta come promessa di progresso, si è rivelata un boomerang che ha alimentato disuguaglianze, guerre e perdita di sovranità. I media, controllati dai centri di potere, hanno imposto verità prefabbricate, ma oggi, come nella favola, il re è nudo: fragile, pericoloso e pronto a trascinarci in nuovi conflitti per coprire le proprie crisi interne.
Ed ecco che, per una strana coincidenza, il popolo italiano può esprimersi. I cinque referendum toccano temi cruciali: ripristinare diritti cancellati, fermare la militarizzazione, e riaffermare la volontà popolare contro logiche di potere sempre più belliciste.
Chi comanda vuole che il quorum non venga raggiunto. Ma noi abbiamo un’occasione storica: usare le urne come strumento di pace e denuncia. Un segnale contro chi finanzia la guerra, contro chi tace davanti a un massacro, contro chi vuole un popolo muto e addomesticato.
Votare ai referendum significa dire no alla guerra, no alla complicità, sì alla giustizia, sì alla pace.
Non perdiamo questa occasione. Potrebbe essere l’ultima per fermare la catastrofe annunciata.