Armando D’Alterio, Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Potenza. Tra i successi nel suo lavoro, nel 1994, come sostituto procuratore alla DDA di Napoli, riaprì le indagini sull’omicidio del giornalista Giancarlo Siani riuscendo a identificare e condannare i responsabili.
Nel 2019, come Procuratore della Repubblica di Campobasso, si è occupato del caso di Lea Garofalo e per la prima volta è stato applicato in una sentenza definita l’articolo 7 per il tentato sequestro della fimmina calabrese.
In collaborazione con il giornale WordNews.it e l’associazione Dioghénēs APS, rappresentata da Paolo De Chiara, e la rubrica A proposito di storia dell’antimafia.
Parlando del caso dell’omicidio di Lea Garofalo e, nello specifico, del ritorno di Carlo Cosco nella sua terra natale in Calabria con festeggiamenti e caratterizzato “dall’assenza di qualsiasi divieto di tali cortei e manifestazioni” si è parlato della mancanza legislativa, infatti questo fatto
“mi riporta al concetto del contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione in sé e perché collegati spesso alla criminalità organizzata.
E’ elemento che mi riporta, ancora una volta, a Giancarlo Siani perché l’inchiesta e l’arresto dei responsabili, tali ritenuti definitivamente dalla Cassazione per l’omicidio di Giancarlo Siani, mandanti ed esecutori, fa seguito a una profonda azione investigativa che abbiamo realizzato in quelle zone in relazione alle collusioni fra pubblici amministratori, imprenditori e criminalità organizzata.
I clan di cui stiamo discutendo, Nuvoletta per la gestione dei pubblici appalti per miliardi e miliardi di lire, e va ricordato che in quell’indagine sono stati arrestati e condannati tre sindaci, o ex sindaci, cinque assessori in carica, arrestati e condannati per reati di corruzione in relazione alla spartizione delle tangenti fra imprenditori, pubblici amministratori e camorra.
I vertici della ragioneria generale, della segreteria generale, degli uffici di contabilità, perché Giancarlo Siani si questo incentrava la sua azione, la tutela dei pubblici appalti dalle infiltrazioni camorristiche e in ciò era chiaramente un precursore perché forse era fra i pochi giornalisti che si procurava gli atti relativi agli appalti per e anche alle intestazioni di imprese, per verificare cointeressenze, infiltrazioni e corruzioni.
E questo tipo di attività criminale caratterizza anche la ‘ndrangheta che sappiamo come e anche più della camorra si infiltra, se non in molti casi costituisce un corpo unico, con il mondo dell’amministrazione corrotta. Direi che da questo punto di vista molto si potrebbe fare senza stravolgere le garanzie, senza creare nuovi sistemi o nuove figure criminali ma attuando gli strumenti che già abbiamo.”
“Nel momento che si abolisce il reato di abuso d’ufficio, perché si dice che la magistratura ne ha fatto un uso errato e senza entrare nella critica di questa affermazione che è alla base di una legge che va rispettata, ma è chiaro o non è chiaro che nel momento in cui si effettua l’abolizione di un forte strumento di contrasto dell’illegalità dolosa amministrativa è necessario quantomeno rafforzare i controlli interni.”
Si è parlato della legislazione che mano a mano sta venendo abolita, si sono fatti approfondimenti sui casi Lea Garofalo e Giancarlo Siani, ma non solo. Ma il procuratore D’Alterio ci lascia con un monito finale:
“Alla fine tutti devono fare il proprio dovere. Se la macchina dello Stato presenta delle ruote che non girano, allora le mafie non si sconfiggono. E’ vero che Falcone disse che la mafia è un fenomeno umano e tale deve avere un inizio, un’evoluzione e una fine. Ma Falcone in realtà non intendeva riferirsi alla mafia, intendeva riferirsi a cosa nostra.”
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