A Somma Vesuviana, da anni, il cognome Bova è sinonimo di traffici illeciti e alleanze con i clan camorristici locali. Le protagoniste di questa fitta rete criminale sono Nadia e Rosa Bova, due sorelle più volte coinvolte in inchieste giudiziarie, arrestate e accusate di reati gravi: associazione mafiosa, spaccio di stupefacenti, usura e truffe.
Nadia Bova e i legami con il clan D’Avino
Nadia Bova, compagna del pregiudicato Giuseppe Perillo, detto “10 chili”, è nota agli inquirenti da tempo. Arrestata nel 2018, gestiva con Perillo una piazza di spaccio a Piazzola di Nola. Nonostante fosse agli arresti domiciliari, continuava a smerciare cocaina. È stata inoltre coinvolta nell’inchiesta “Bky Sky”, legata al clan D’Avino, guidato da Giovanni, detto “’o Bersagliere”, nella quale emerge come figura di rilievo nella distribuzione degli stupefacenti, seguendo le direttive dell’organizzazione mafiosa.

Il padre, Maurizio Bova, fu a sua volta coinvolto in gravi vicende giudiziarie, ma venne assolto per l’accusa di omicidio di un boss e per tentato omicidio. Per l’ingiusta detenzione, lo Stato gli riconobbe un risarcimento di oltre 2 milioni di euro, creando così una vera e propria cassaforte familiare, base economica per le attività criminali delle figlie.
L’ultima inchiesta della DDA di Napoli ha riportato al centro dell’attenzione Rosa Bova, arrestata di recente, titolare di una piazza di spaccio nel Parco Fiordaliso. Il clan Correale-De Bernardo le ha imposto un nuovo accordo di fornitura di cocaina, più oneroso rispetto al precedente con Di Caprio e Civita. La necessità di “mantenere” un numero crescente di affiliati carcerati ha costretto i clan ad aumentare le forniture e i guadagni.
“Devi faticare pure per noi… il servizio è aumentato… ora stanno aumentando pure i carcerati”.
Nonostante le resistenze di Rosa – che sosteneva di non avere una vera piazza e di gestire solo “4 o 5 clienti” – la pressione del clan è stata tale da spingerla a cedere. Il nuovo accordo prevedeva la fornitura di 30 dosi ogni 15 giorni, da piazzare nelle piazze di Somma Vesuviana, con un controllo sempre più stretto da parte dei vertici criminali.
I dialoghi intercettati: Rosa Bova sotto assedio
Alcuni passaggi delle intercettazioni riportano la tensione e la forza delle pressioni subite:
-
De Bernardo Rosario: “Ora stiamo io e lui qua. Tu stavi caricando in mano a quello… il servizio è aumentato.”
-
Rosa Bova: “Non me lo posso permettere… tengo a mia mamma che non sta bene, tengo un marito carcerato.”
-
De Bernardo: “Chi si prendeva cinquanta, si deve prendere cento… devi venire incontro a noi.”
-
Rosa: “A me lo dava Fabio, venti ogni 15 giorni… poi lo finivo prima. Ma io il fuori gioco non lo posso fare.”
L’inchiesta documenta con chiarezza come le sorelle Bova abbiano rappresentato snodi fondamentali nel traffico di droga, stringendo alleanze con diversi clan, ampliando le piazze di spaccio e gestendo una rete capillare sul territorio.
Il sistema Bova rappresenta uno dei tanti volti della camorra al femminile: intelligente, determinato, mimetico, ma profondamente radicato in una logica criminale e affaristica. Una linea familiare che dalla detenzione ingiusta del padre ha saputo riciclarsi nella gestione delle piazze, nelle truffe e nei legami con i clan. Le indagini della DDA dimostrano ancora una volta quanto il tessuto sociale e criminale a Somma Vesuviana resti permeabile a vecchi e nuovi equilibri mafiosi.