Un sistema-lavoro incentrato sulla cooperazione può avvenire attraverso interazioni face-to-face, spaziando da occasioni strutturate come i brainstorming in presenza, su applicazioni di video call o in modalità ibrida, a momenti informali come le battute scambiate davanti alla macchina del caffè, che spesso contengono il nocciolo di intuizioni da sviluppare.
Oppure, si può lavorare in maniera asincrona su piattaforme di collaborazione, magari con funzionalità abilitate dall’AI, che consentono di unire la parte creativa a funzionalità di project management.
Spaziando negli assets mondiali ad elevata tecnologia è possibile assistere anche a vere e proprie riorganizzazioni del lavoro all’insegna della flessibilità, che conciliano le necessità organizzative individuali delle persone con l’esigenza di mantenere la produttività.
Una di queste modalità è il FAB working – dove l’acronimo sta per Flexible, Adaptable, Balanced – che prevede momenti di condivisione alternati a momenti di lavoro individuale, conciliando due aspetti complementari dell’attività lavorativa: in presenza si progetta, si discute, si condivide, si fa team building, mentre da remoto si procede con il lavoro individuale.
Il Fab Working consente infatti all’azienda di coniugare lavoro di squadra e individuale, concentrazione e interazione, autonomia e responsabilizzazione sui risultati.
Un’altra forma di nuova organizzazione del lavoro, particolarmente adatta ai piccoli gruppi, è l’adhocrazia (un neologismo sincratico derivante dal latino ad hoc ovvero “su misura” o “appropriato”, e dal suffisso -crazia, dal greco antico kratein (κρατεῖν), che significa “governare”). Questa struttura organizzativa è caratterizzata da grande capacità di adattamento che prevede la collaborazione di task force selezionate di individui con diverse competenze come esempio art, copy, content creation, project management, per realizzare obiettivi specifici o risolvere problemi particolari.
L’adhocrazia rappresenta un concetto fondamentalmente opposto a quello di burocrazia.
E’, infatti, caratterizzata dall’ elevata specializzazione dei componenti il gruppo di lavoro (che permette di risolvere problemi complessi senza ricorrere a regole o a procedure standardizzate e senza la necessità di rivolgersi a un livello superiore), da una forte autonomia decisionale (che presenta il vantaggio di rendere l’organizzazione flessibile e di condurre a decisioni rapide, basate su informazioni locali, specifiche e aggiornate) e dall’assenza di ruoli definiti e stabili (in tale forma di lavoro i ruoli evolvono in modo coerente alle esigenze dell’impresa, contrariamente ai principi classici di management, che suggeriscono di affidare a ogni persona una mansione determinata).
Che sia svolto con modalità tradizionali o innovative, strutturate o informali, analogiche o digitali, il lavoro creativo più efficace è quello che nasce da momenti di scambio, condivisione e ibridazione che in condizioni ideali arrivano a produrre concetti che prima non esistevano.
Quelle appena enunciate sono le nuove frontiere ma, è legittimo chiedersi se l’Italia riesce a favorire tipologie di lavoro innovative.
La risposta è inerziale. Solo volendo focalizzare una delle emergenze nazionali basti riflettere sull’expat giovanile. Negli ultimi tredici anni, dal 2011 al 2023, oltre 550.000 ragazzi italiani hanno scelto di emigrare sottraendo al Paese le proprie competenze e la propria professionalità: un capitale umano fatto di cultura costruito con sacrificio personale ed economico da parte delle famiglie.
Mentre il governo enuncia fantasmagorici risultati il Paese versa in un affossamento della produttività del lavoro che galleggia nella trentennale stasi salariale. La grande diffusione di contratti a termine e dei part-time involontari ha inferto il colpo di grazia esercitando un effetto domino dirompente sui salari, già poco competitivi nel contesto europeo.
Il governo – è evidente – ha cabale proprie che viaggiano sulle sacche mediatiche ad esso asservite Dal contesto della manipolazione del potere – non dimentichiamo che l’Italia, nonostante il numero enorme di testate che garantiscono la pluralità di opinione, nel 2024 si è collocata al 46° posto della graduatoria mondiale per libertà di stampa secondo il World Press Freedom Index dell’organizzazione Reportrs Without Borders) – sfuggono, a beneficio di chi ha la coscienza di informarsi attingendo dati e notizie ai centri di ricerca scientifica e alle fonti indipendenti. Infatti, il Cnel stima che i salari italiani sono cresciuti solo dell’1% dal 1991 a oggi, contro una media Ocse del 32,55%.
L’ultimo rapporto Istat certifica che nel 2024 i lavoratori a termine sono stati un milione in più rispetto a 20 anni fa. Mentre il part-time è andato sempre più aumentando la mancata chiarezza crea situazioni di disagio nelle famiglie e incoraggia i nostri cervelli a rinunciare a pensare di avere un meritato riconoscimento delle proprie competenze e a fuggire verso altre sponde alla ricerca di opportunità che, con tutti i pro e i contro, offrano comunque occasioni per maturare esperienza e mettersi in gioco. Esodare è un’alternativa al nulla, che è la sola certezza offerta ai nostri giovani più qualificati che rifuggono il favor delle politicanze.
La politica, se ancora esiste nella sua accezione vera, dovrebbe considerare la stima – 134 miliardi euro – della perdita economica ma imponderabile se valutata nelle sue implicazioni sociali e culturali e adottare le dovute misure per arginare il pezzo di futuro rappresentato dal valore complessivo di questo esodo qualificato.