La madre di Alberto: “Aiutateci a riportarlo a casa”. Appello all’Italia per la liberazione del cooperante detenuto in Venezuela da novembre
ROMA – “Questa volta sarete voi giornalisti ad aiutarci a far liberare Alberto”. Con queste parole accorate Armanda Trentini, madre di Alberto, ha aperto la conferenza stampa tenutasi presso la sede dell’Ordine nazionale dei giornalisti a Roma, in collaborazione con Articolo 21.
Alberto è un cooperante italiano, arrestato in Venezuela il 15 novembre 2024. Dopo quasi sette mesi di detenzione, di cui molti passati in isolamento, la sua famiglia continua a chiedere a gran voce l’intervento delle istituzioni e il sostegno dei media per riportarlo a casa.
In una sala gremita e carica di emozione, Armanda ha letto una lettera toccante, in cui ha ripercorso il percorso di vita del figlio: dagli studi in Italia, alle missioni umanitarie in Ecuador, Bosnia, Etiopia, Nepal, Grecia, Libano, Colombia, fino al recente incarico con la ONG Humanity and Inclusion in Venezuela.
“Era sereno, pieno di ideali. Ora non so come sia. È in carcere da quasi 7 mesi, e dopo pochi minuti di telefonata, è tornato il silenzio”, ha detto la madre con voce ferma.
Accanto a lei, voci autorevoli della società civile e delle istituzioni: l’avvocata Alessandra Ballerini, il presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli, la segretaria Paola Spadari, Beppe Giulietti di Articolo 21, e gli onorevoli Rachele Scarpa, Gianni Cuperlo e Giuseppe Provenzano (PD).
Bartoli ha ribadito il ruolo fondamentale dell’informazione in casi come questo: “Se la nostra professione resta indifferente a una vicenda che lede i diritti umani, nulla ha più senso”. L’avvocata Ballerini ha denunciato l’assenza totale di contatti diplomatici tra Italia e Venezuela, sottolineando come Alberto non abbia ancora ricevuto la visita dell’ambasciatore italiano.
“Proteggere – ha detto – significa mettersi fisicamente a scudo. E oggi siamo qui, con i nostri corpi e i nostri volti, per chiedere al governo italiano di attivarsi con urgenza”.
La deputata Rachele Scarpa, eletta nei territori d’origine di Alberto, ha rilanciato l’interrogazione urgente presentata al Parlamento: “Alberto rappresenta la nostra meglio gioventù. Il nostro Paese deve proteggerlo e riportarlo a casa”.
Nel frattempo, amici, familiari e cittadini hanno organizzato iniziative di sensibilizzazione: raccolte firme, staffette di digiuno, manifestazioni silenziose. Ma non basta.
Il grido di una madre, l’impegno di una comunità, l’urgenza della diplomazia: la vicenda di Alberto non può restare inascoltata. È ora che l’Italia si mobiliti concretamente per restituirgli la libertà e per riaffermare il valore universale dei diritti umani.