Viviamo in un’epoca paradossale. Sui social network, in televisione, sulle affissioni pubblicitarie, le immagini che ci rincorrono ogni giorno raccontano mondi sereni, allegri, spensierati. Una realtà patinata, che ostenta felicità, sorrisi e leggerezza. Eppure, sotto questa superficie levigata, si agita un mondo sempre più oscuro e inquietante.
Non si tratta di invidia verso la gioia altrui. Al contrario: che tutti siano felici, davvero. Ma c’è qualcosa di artificiale, quasi ossessivo, in questa continua rappresentazione dell’euforia. Sembra una strategia di esorcizzazione collettiva, un tentativo disperato di fuggire da una realtà che si fa, giorno dopo giorno, più cupa.
Nel frattempo, il riarmo globale avanza, spinto da interessi economici e finanziari che poco hanno a che fare con la vita quotidiana delle persone. Papa Francesco ha parlato di una “terza guerra mondiale a pezzi”, ma quei pezzi si stanno saldando, unendo, stringendo la morsa. Ucraina, Gaza, Mar Rosso, Taiwan: focolai che rischiano di fondersi in un unico grande incendio. E noi, che abbiamo vissuto un lungo periodo di pace, potremmo risvegliarci, all’improvviso, dentro la polvere e il sangue di un nuovo conflitto planetario.
È questa la distrazione di massa: un’operazione pianificata per distogliere l’attenzione dalla deriva bellica. Mentre ridiamo, balliamo e ci intratteniamo, vengono spostati confini, preparate alleanze, educate generazioni al culto delle armi. I militari nelle scuole non sono più una rarità. L’obiettivo? Creare consenso, abituare anche i più giovani alla logica dello scontro.
Il tutto al servizio delle lobby degli armamenti, di un nuovo ordine mondiale che cerca di ridefinirsi dopo la lenta, ma inesorabile, perdita di egemonia degli Stati Uniti. In questo disegno, persino un personaggio controverso come Benjamin Netanyahu, già sotto accusa internazionale per le azioni a Gaza, diventa una pedina utile per spostare sempre più avanti il limite della provocazione, del rischio, dell’escalation.
L’unico vero argine può essere una presa di coscienza collettiva. Una reazione delle persone comuni, prima che sia troppo tardi. Perché la tecnologia non ha reso l’uomo più evoluto. L’essere umano resta, dentro, primitivo, dominato da istinti tribali e da un darwinismo sociale feroce, nonostante l’intelligenza artificiale, i viaggi spaziali e l’energia atomica.
Se non aboliamo la guerra come strumento per dirimere i conflitti, sarà la guerra stessa a cancellare l’umanità. Non è retorica. È una profezia che bussa alla porta, mentre la musica dei reel scorre come una ninnananna.
Immagine AI