A Somma Vesuviana, nel cuore dell’area vesuviana, una famiglia criminale ha costruito nel tempo un vero e proprio impero di potere e terrore. È la dinastia dei De Bernardo, una stirpe camorristica che affonda le sue radici tra Secondigliano, Miano e le favelas campane nate dopo il terremoto dell’Irpinia.
Al centro del sistema c’è il Parco Fiordaliso, oggi divenuto una roccaforte della criminalità organizzata, un crocevia strategico per spaccio di droga, deposito di armi, occupazioni abusive e controllo del territorio.
Le origini del clan De Bernardo
Il capostipite è Roberto De Bernardo, legato a Giovanna De Felice, famiglia già segnalata per frequentazioni con clan camorristici attivi tra Miano e il Vesuviano. Dalla loro unione sono nati otto figli: quattro femmine (Maria, Assunta, Raffaella e Nunzia) e quattro maschi (Vincenzo, Rosario, Gennaro, Emanuele).
Con un’unica eccezione — Emanuele De Bernardo, estraneo agli ambienti criminali — tutti i membri della famiglia hanno collezionato condanne o sono stati coinvolti in attività camorristiche.
I figli maschi
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Vincenzo De Bernardo, ucciso in un agguato a Somma Vesuviana nel 2015, fu coinvolto nella vendetta legata all’omicidio del boss Emanuele Sibillo, alias ES17. Sposato con Maria Ravone (“Marinella”), ha avuto due figli: Roberto e Giovanna De Bernardo.
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Rosario De Bernardo, marito di Carmela Miranda, è padre di altri due rampolli: Roberto e Mariarosa De Bernardo.
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Gennaro De Bernardo (deceduto), sposato con Rita Esposito, ha avuto due figli: Roberto e Ivana De Bernardo, quest’ultima attualmente convivente del boss Clemente Correale, capo del clan Correale.
Le figlie femmine
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Nunzia De Bernardo ha tre figli: Daniele, divenuto collaboratore di giustizia; Antonio Baia, affiliato al clan Correale-De Bernardo e arrestato; e Anna Baia.
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Raffaella De Bernardo è sposata con Enrico La Vecchia, più volte condannato per associazione mafiosa e traffico internazionale di stupefacenti. Hanno quattro figli, tra cui Antonio La Vecchia, detto “Tyson”, attualmente detenuto e legato ai servizi cimiteriali della città. Sua sorella, Miriana La Vecchia, da anni gestisce diverse piazze di spaccio nel Parco Fiordaliso.
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Maria De Bernardo ha tre figli da Salvatore Grimaldi: Vincenzo, Annalisa e Giovanna Grimaldi.
Il Parco Fiordaliso è diventato il quartier generale del clan De Bernardo, un luogo simbolo della degenerazione urbana dove lo Stato ha perso completamente il controllo. Qui il clan non solo gestisce piazze di spaccio con minori armati, ma utilizza gli alloggi popolari come merce di scambio per garantire fedeltà e silenzio.
Il potere si tramanda di generazione in generazione. I nipoti dei fondatori sono oggi al centro di una rete sempre più articolata, che intrattiene alleanze con i clan Mazzarella e Rinaldi di San Giovanni a Teduccio. Le connessioni si rafforzano, la rete si espande, la camorra si rigenera.
L’intreccio con altre famiglie camorristiche
Intorno ai De Bernardo ruotano famiglie imparentate o colluse:
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I Lanzone-Ioia: con Franco Ioia, fratello di Maria (moglie di Gaetano Lanzone), già condannato come affiliato al clan D’Avino, e il figlio di Lanzone recentemente arrestato per appartenenza al clan Correale-De Bernardo.
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I Guardiglio: storicamente legati alla criminalità e coinvolti in più procedimenti penali.
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I Mirra e i D’Atri: figure che chiudono un cerchio criminale ampio, resistente e capace di infiltrarsi nella quotidianità sommese.
Il degrado sociale di Somma Vesuviana è stato aggravato da scelte politiche scellerate. Gli insediamenti popolari nati come risposta all’emergenza del terremoto del 1980 si sono trasformati in ghetti, dove intere famiglie camorristiche si sono insediate legalmente e illegalmente. Anni di abbandono istituzionale hanno consegnato questi quartieri alla criminalità.
Nonostante arresti, pentimenti e operazioni delle forze dell’ordine, la dinastia camorristica dei De Bernardo resta potente. Un clan capace di trasformarsi, di adattarsi alle nuove dinamiche criminali, di infiltrarsi nella politica e nel tessuto sociale di una comunità che troppo spesso ha preferito il silenzio.