Ci sono politici che si distinguono per la competenza. Altri per la moderazione.
Altri per le stronzate.
Elena Donazzan, invece, ha scelto la scorciatoia della provocazione permanente, dell’odio istituzionalizzato, della farneticazione senza ritegno.
Da assessora all’Istruzione del Veneto per quasi vent’anni a europarlamentare di un’Italia sempre più destra-centrica, Donazzan incarna ciò che resta quando si perdono i riferimenti etici e costituzionali.
“Israele ha il coraggio di fare quello che l’Europa non ha il coraggio di fare”
Queste parole, pronunciate il 16 giugno 2025 all’Europarlamento, sono di una gravità inaudita. In pieno genocidio documentato contro il popolo palestinese, mentre migliaia di civili, tra cui bambini innocenti, vengono cancellati da bombe e assedi, Elena Donazzan elogia Israele per il “coraggio” di fare ciò che altri non fanno. Di cosa sta parlando? Di un genocidio. E sembra sostenerlo come se fosse un atto di giustizia.
“I bambini di Gaza uccisi? Sono figli di terroristi usati come scudi umani”, ha dichiarato.
Una frase inumana, degna della propaganda bellica più spietata, che ignora i corpi mutilati, i pianti senza genitori, le vite bruciate tra le macerie.
Un curriculum da incubo
Quella di Donazzan non è una scivolata. È un copione. Un curriculum di dichiarazioni e gesti regressivi, discriminatori, nostalgici del fascismo:
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Ha cantato “Faccetta nera” in diretta radiofonica, senza imbarazzo.
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Ha definito una professoressa trans “un uomo vestito da donna” dopo il suo suicidio.
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Ha detto che i matrimoni misti favoriscono il terrorismo.
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Ha fatto circolare in tutte le scuole venete una lettera per celebrare solo la “famiglia tradizionale”, escludendo famiglie arcobaleno, monogenitoriali, adottive.
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Ha commemorato, durante il 25 aprile, non i partigiani, ma i nazisti caduti ad Asiago.
Un manifesto di intolleranza costruito con cura, pezzo dopo pezzo, anno dopo anno.
Il vero volto della destra veneta (e italiana)
Donazzan è stata l’assessora più longeva del Veneto. Sempre nominata da Luca Zaia, mai messa in discussione. Ora siede all’Europarlamento, portando le sue idee nella sede delle istituzioni democratiche europee. Un paradosso? No, una fotografia lucida della deriva politica attuale.
Perché, nel suo partito, non verrà sanzionata. Nessuno le chiederà le dimissioni. Anzi, probabilmente guadagnerà applausi, voti e spazio mediatico, perché la vergogna, oggi, è diventata medaglia.
In un Paese sano, un personaggio simile sarebbe incompatibile con qualsiasi incarico pubblico. In Italia, invece, continua a fare carriera, grazie a una destra che non ha mai fatto davvero i conti con il fascismo, che flirta con l’odio e che considera i diritti umani una variabile di comodo.
Le parole di Elena Donazzan non sono solo gravi: sono pericolose. Perché contribuiscono a normalizzare lo sterminio, a disumanizzare le vittime, a invertire la realtà: i carnefici diventano eroi, le vittime diventano colpevoli.
Se davvero esiste ancora un senso di giustizia, di dignità e di umanità in questo Paese, non possiamo restare in silenzio. Le parole di Donazzan vanno condannate, isolate, respinte con forza.
Se la politica non sa più distinguere il giusto dall’osceno, allora toccherà ai cittadini ricordarglielo. Perché il fascismo non torna in divisa, ma in giacca e microfono, applaudito da chi ha perso l’anima.
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