«Lo volete capire che siamo in guerra?» ha gridato in una recente trasmissione televisiva il viceministro alla salute Sileri.
Le metafore belliche ci accompagnano dall’arrivo della pandemia in Italia a marzo. Se siamo in guerra chi si trova più o meno nelle prime linee del fronte, nelle settimane delle cantate dai balconi, della retorica patriottarda e dei diluvi di parole, diventa un eroe. Nei primi mesi di quest’anno buio e funesto i primi ad avere la medaglia di eroi appuntati al petto sono stati medici, infermieri ed operatori socio-sanitari. A cui si sono aggiunti successivamente altri.
Attualmente, una di queste frontiere è la scuola: per mesi abbiamo assistito a discussioni su banchi a rotelle (che poi pare a rotelle fossero le sedie), plexiglass, grida isteriche di certi specialisti del politicume, proclami e tanto altro mentre le scuole e le loro, spesso smarrite, comunità sono rimaste lì. Con i relativi problemi cronici incrostati in decenni di tagli, privatizzazioni, esternalizzazioni, buone e cattive scuole, carenze e tanto altro su cui sono piombati protocolli che, calati nei contesti, assumono aspetti anche sconcertanti: si deve garantire la pulizia e la sanificazione anche con mezzi potenti e meccanici ma, se nelle scuole mancano anche guanti e da anni il personale è costretto anche ad autorifornirsi, si deve di certo lavare e sanificare ogni superficie ma troppo spesso i muri cadono a pezzi e i pavimenti mostrano i segni dei decenni; bambini e ragazzi inoltre spesso devono portarsi la carta igienica da casa, perché la scuola non può comprarla.
Per fronteggiare questa "guerra pandemica" il Ministero ha potenziato l’organico istituendo una tipologia contrattuale ad hoc, il personale COVID.
Migliaia e migliaia di insegnanti e ATA in più preannunciate, in buona parte sono arrivate. E subito la prima sgradita sorpresa: in caso di chiusura scuola o, addirittura, di lockdown i contratti sono sospesi. E beffa delle beffe: in caso di riapertura si può essere richiamati e quindi non si può accedere a NASPI e simili ma, se non si riapre, viene paventato il rischio che si potrà chiedere di accedere troppo tardi. Nel decreto agosto, ovviamente approvato quando agosto era finito da un pezzo, la clausola di licenziamento è stata abolita. Tutto risolto? Ovviamente no, ora si sta ancora cercando di capire se in caso di chiusura o lockdown nessun contratto sarà sospeso o solo quelli del personale «funzionale alla didattica a distanza».
Ma l’odissea del personale COVID non finisce qui. Le migliaia di lavoratori assunti con questi contratti nati ad hoc per questa emergenza, quasi un mese dopo la prima classica scadenza mensile, non vedono ancora la prima «busta paga» (il cosiddetto «cedolino»). Il 24 ottobre nulla è comparso sul portale informatico ministeriale e neanche nei giorni successivi. Anche negli anni scorsi è capitato che gli stipendi hanno avuto ritardi, siamo in un’emergenza mondiale drammatica, e ciò potrebbe apparire normale. Ma i giorni son passati, nulla è arrivato e sono cominciate ad arrivare le prime voci e informazioni frammentarie ma, come da tradizione italica, le responsabilità son sempre figlie orfane di madre vedova.
Il ministero sta ritardando nell’erogare i fondi. Trapela qualcosa in più quando alcuni uffici scolastici regionali hanno diramato circolari per fermare nuove assunzioni con «contratto COVID» e si comincia a capire che la coperta ha qualche problema, alcuni sindacati si cominciano a fare due conti che – sempre in omaggio alla tradizione italica – non tornano perché sembra mancar loro dopo il mese di marzo.
Che succederà per aprile, maggio e giugno? La schiarita è arrivata venerdì 13 novembre (disperati come siamo dobbiamo cominciare a credere alla superstizione?) dopo un incontro al ministero: i fondi ci sono ma le coperte sono corte, nel ripartirli qualcuno si è dimenticato che il personale COVID ha per esempio diritto a ferie e assegni familiari. Il «com’è umano lei» sembra sentirlo in sottofondo come colonna musicale di questa trionfale marcia.
Il dibattito sui gruppi facebook sul personale ATA di tutta Italia sono ovviamente infuocati: ci sono persone che hanno accettato incarichi anche a centinaia di chilometri, persone che hanno dovuto affittare appartamenti per poter lavorare, moltissimi hanno famiglie a carico che, in molti casi, non hanno altre entrate economiche. Balena addirittura la possibilità che – se tutto si dovesse risolvere in questi giorni – non si vedrà un euro prima della seconda metà di gennaio. Tutte e tutti costoro sono in balìa di un errore tabellare da parte di anonime (sempre in omaggio alla nobile tradizione italiana) «manine».
I prossimi giorni dovrebbero vedere qualche raggio di luce, sperando che non sia come la famosa luce in fondo al tunnel del governo Monti dopo il bollettino, veramente di guerra, di queste settimane. Il dirigente generale del Ministero dell'Istruzione Jacopo Greco il 18 novembre ha richiesto di «autorizzare con la massima consentita urgenza i ratei stipendiali ex art231bis DL 34/2020 entro e non oltre le ore 18.00 del 23 novembre». Nella stessa lettera si legge che il SIDI – Gestione Contratti sarà aperto anche sabato 21 e domenica 22 novembre. Richiesta e disposizione «al fine di consentire l'acquisizione dei ratei stipendiali da parte del sistema NOIPA per l'elaborazione del cedolino stipendiale in tempo utile alla sessione di emissione speciale prevista in via straordinaria» per il 25 novembre.
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2020-11-20 11:58:11
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