Nei primi anni del 2000, il plurindagato, prescritto e condannato Silvio Berlusconi a proposito dei magistrati, che a suo dire lo perseguitavano, usava le seguenti espressioni: “I magistrati sono il cancro del paese. I giudici sono delle persone mentalmente disturbate”.
Dopo più di 20 anni a perseguitare i magistrati e gran parte dell’intero paese è ancora lui, costretto a repentini e frequenti ricoveri ospedalieri per fuggire dalle incessanti convocazioni per i tanti processi che lo vedono imputato.
Così, con l’aiuto di abili avvocati e di medici compiacenti, ogni tre per due il Silvio nazionale ha bisogno di una messa appunto che regolarmente non gli permette di essere presente sul banco degli imputati. Ma cosa non si fa per amor di patria!
Ecco allora che gli italiani, mossi da una commozione senile e da una memoria sempre più corta, sospirano di fronte ai mai certificati malanni dell’imprenditore più famoso del mondo, strizzando l’occhio al simpatico vecchietto che “appare” ormai innocuo e vittima di famelici giustizialisti che da decenni lo rincorrono senza concedere tregua.
Maledetti pm e giudici, neanche di fronte all’avanzare del tempo riescono a provare un minimo di empatia e umana pietas!
Oggi, assistiamo sconcertati ad un fatto.
Dalle pagine del Foglio Quotidiano, noto giornale super partes diretto dal democratico e equidistante Paolo Cerasa (notoriamente estraneo a schieramenti politici e/o di parte), veniamo a sapere che Giuseppe Ayala, magistrato del pool di Palermo ai tempi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, parlando a proposito del procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, si sarebbe espresso utilizzando concetti simili a quelli utilizzati da Berlusconi durante i suoi tempi d’oro.
Criticando la scelta di Gratteri per aver scritto la prefazione di un libro, del quale Ayala non condivide gli argomenti trattati che considera vicini alle posizioni no-vax in tema di vaccini e pandemia, l’ex magistrato si sarebbe così espresso: «Se Nicola Gratteri ha scritto la prefazione senza leggere il libro siamo di fronte a qualcosa di imperdonabile. Se l’ha scritta dopo averlo letto è un’aggravante”. Stiamo parlando ancora del libraccio negazionista “Strage di Stato – Le verità nascoste della Covid-19”. Uno degli autori è un magistrato della corte d’appello di Messina. Le tesi che stanno dietro al testo ormai le conoscete: “I vaccini acqua di fogna”, “non è morto nessuno di Covid”. Ayala, stiamo zitti? “Assolutamente no. Innanzitutto diciamo che sono tesi ai confini della psichiatria”. E’ foraggio per le campagne di tutti gli spostati no vax, quelli che seminano zizzania contro i vaccini. Chi le ricordano? “I terrapiattisti, gente che non distingue la realtà. Apprendo che uno degli autori è un magistrato. Non è un problema di sanzioni. Anche io la penso come Luciano Violante. E’ qualcosa di più importante. Non bastano provvedimenti anche se il Csm delle valutazioni dovrà pure farle.»
L’ex magistrato del maxiprocesso alla mafia palermitana dice anche altro, facendo sua la proposta di Carlo Nordio (anche lui ex magistrato), il quale suggerisce da tempo di sottoporre ad esame psichiatrico i magistrati. Per Ayala sarebbero necessari esami ripetuti per valutare, nel corso degli anni, capacità di giudizio e lucidità.
Naturalmente tutte le opinioni vanno rispettate, ci mancherebbe altro.
Quello che inquieta e preoccupa sono gli attacchi sempre più feroci e “autorevoli” nei confronti di magistrati impegnati in importantissime inchieste, come quella che ha dato inizio al più grande processo contro la ‘ndrangheta e che trova in Nicola Gratteri il principale rappresentante.
Il silenzio della politica, delle istituzioni e dell’informazione rispetto allo svolgimento del processo Rinascita Scott è preoccupante. Dovrebbe esserlo soprattutto per un ex magistrato di punta come Giuseppe Ayala che non perde mai occasione di ricordare la forte amicizia che lo legava a Falcone e Borsellino negli anni del pool guidato dal dottor Caponnetto.
È doloroso sentire un ex magistrato come lui attaccare un collega che sta portando in Calabria una ventata di aria fresca, riportando alla popolazione (quella onesta che è la gran parte), la speranza di rinascere, di scrollarsi di dosso anni di soprusi, violenze e privazioni per la presenza delle mafie che da decenni avvelenano un territorio dove lo Stato ha subappaltato la gestione di ogni settore e ambito amministrativo.
Non vi è giorno che non ci sia notizia di arresti, sequestri, perquisizioni.
Nicola Gratteri è la speranza della Calabria e dell’Italia intera che vuole guardare oltre, ad un futuro senza mafia e corruzione.
Avrebbe fatto forse bene Ayala a chiamare in privato il suo collega Gratteri per manifestare dubbi e titubanze per quella prefazione ad un libro che tanto scandalizza l’ex magistrato siciliano.
In questa occasione ad Ayala è sicuramente mancata quella freddezza e quella capacità di giudizio che invece è riuscito a mantenere salde quel 19 luglio del 1992, quando accorse per primo in via D’Amelio dove, tra auto incendiate, macerie e brandelli di corpi, trovava la morte il suo fraterno amico Paolo Borsellino e gli agenti della scorta.
In quell’occasione Ayala ebbe la lucidità, nonostante la drammaticità del momento, di rifiutarsi nel prendere la borsa del giudice Borsellino, tolta dall’auto in fiamme, in quanto non essendo più magistrato, pensò prontamente di non aver titolo a trattenerla.
Da quella borsa sparì definitivamente l’Agenda Rossa di Borsellino che ancora oggi, dopo quasi 30 anni, potrebbe far luce sulle stragi che hanno segnato per sempre la storia d’Italia.
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2021-04-09 08:30:49
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