Amanda occupa la scena in maniera decisiva nella narrazione, come a voler colmare quel ricordo legato ad un fatto tragico attraverso la sensibilità e la “fragilità” che caratterizza la sua età o per meglio dire il suo vivere.
I due piani paralleli di narrazione permettono di individuare le crepe generazionali ed indagare nel vissuto dei giovani di oggi con Amanda che torna a casa e attraversa il buio, il malcontento, il distacco dalla realtà e la memoria delle due sorelle, anch’esse adolescenti, amiche della madre, che vengono brutalmente violentate ed uccise al Dente Del Lupo, in Abruzzo, vicino a Campo Imperatore.
La vita vera affonda in queste pagine in cui la scrittrice torna a parlare della sfera intima, con la delicatezza che è propria della sua penna, mai banale e ridondante, ma precisa, affilata nella terminologia e misurata nella trasfigurazione dei sentimenti che passano sotto l’occhio gigante della presa di coscienza, ma anche della “fragilità” che rende il mondo, gli esseri umani, veri ed esperti navigatori nell’oceano della sofferenza ed in quella che è la vita con le sue mille pieghe, i suoi dilemmi consumati nell’angolo appeso delle delusioni.
I personaggi sono quelli del mondo dell’autrice, come anche le ambientazioni, tanto che quando si legge un suo libro sembra che lei stessa parli, che sia lei la protagonista delle azioni, partecipe degli eventi in maniera immersiva. I paesaggi del suo Abruzzo, il mondo rurale e pastorale fanno da sfondo anche a questa storia, realmente accaduta, narrata attraverso un mondo in cui i pregiudizi e l’isolamento partorivano il disagio.
Le montagne del suo Abruzzo diventano così teatro di fatti efferati che coinvolgono e sconvolgono l’intera comunità, puntano il dito verso le fragilità di quella vita dura, di quell’ambiente chiuso che andava aprendosi timidamente alla modernità con la costruzione di campeggi.
Allora le due sorelle uccise, Doralice che si salva, ma solo dal massacro, perché martoriata nell’animo, e lei stessa, Lucia, la protagonista, rappresentano, con Amanda, “l’età fragile” di tutti gli esseri umani.
“Amanda è partita da una settimana e io non mi abituo alla sua assenza. Ieri ho comprato il latte di riso per lei che non lo berrà. Ci siamo lasciate litigando, aveva già lo zaino in spalla e non finivamo di dircele. Mi ha avvisata quasi all’ultimo momento, al solito. Come sono lontani a volte i pensieri dei figli da ciò che crediamo. Quella falsa sintonia con loro è solo un ricordo di quando eravamo bambini.
Rimettersi sui libri non le interessa proprio. Non le interessa, continuare nel percorso che aveva scelto, tanto i suoi crediti non arrivano a venti. L’ha confessato così, senza vergogna. Siamo noi fissati con la laurea, io e suo padre. Mi ha guardata con un senso di superiorità, forse un po' di disprezzo.
Io ho scalato questo piccolo mondo, sono partita dalla terra e ora abito in paese. Ho un ambulatorio in centro. Ciò che vale per me, conta così poco per mia figlia. Il lavoro di cui tanto ci riempiamo le vite. Niente che lei consideri. Non è una laurea a decidere chi sei”.
Tratto da “ L’età fragile”
Donatella Di Pietrantonio nasce ad Arsita, in provincia di Teramo, si è dapprima trasferita per studio all'Aquila dove, nel 1986, si è laureata in Odontoiatria, quindi a Penne, dove ha esercitato la professione di dentista pediatrico. Ha esordito nel 2011 con il romanzo Mia madre è un fiume, ambientato nella terra natale. Nello stesso anno pubblica il racconto Lo sfregio sulla rivista Granta Italia di Rizzoli.
Nel 2013 pubblica il suo secondo romanzo, Bella mia, dedicato e ambientato all'Aquila. L'opera, influenzata dalla tragedia del terremoto del 2009 e incentrata sul tema della perdita e dell'elaborazione del lutto, è stata candidata al Premio Strega ed ha vinto il Premio Brancati nel 2014. Il romanzo viene ristampato da Einaudi nel 2018 e nel 2020 vince il premio letterario internazionale "Città di Penne-Mosca".
Nel 2017 pubblica il suo terzo romanzo, L'Arminuta, anch'esso ambientato in Abruzzo; il titolo è un termine dialettale traducibile in «la ritornata». Il libro approfondisce il tema del rapporto madre-figlio nei suoi lati più anomali e patologici ed è risultato vincitore del Premio Campiello e del Premio Napoli. Dal romanzo è stato tratto, nel 2019, uno spettacolo teatrale e, nel 2021, il film diretto da Giuseppe Bonito.
Nel 2020 pubblica, ancora per Einaudi, Borgo Sud, sempre ambientato in Abruzzo e considerato il seguito de L'Arminuta, poiché descrive storie successive delle due sorelle protagoniste del precedente romanzo. L'opera viene selezionata per partecipare all'edizione 2021 del Premio Strega, classificandosi al secondo posto e riceve il Premio letterario Basilicata nella sezione "Narrativa”.
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2024-04-27 19:17:26
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