Armando D’Alterio, insieme ad altre 15 persone, è stata premiato, con “Menzione Speciale” come ‘Testimone del nostro Tempo‘ nella III Edizione del Premio Nazionale Lea Garofalo con la seguente motivazione:
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Potenza. Da PM “tenace” del caso Siani, il giovane cronista precario del Mattino di Napoli ammazzato dalla Camorra il 23 settembre del 1985.
Già Procuratore capo della DDA di Campobasso, dove ha dimostrato il suo costante e indiscutibile impegno professionale.
Grazie alla sua costante azione sono stati condannati all’ergastolo gli assassini calabresi di Lea Garofalo, la fimmina massacrata a Milano il 24 novembre del 2009.
Armando D’Alterio, Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Potenza. Qual è la sua impressione su questa III Edizione del Premio Nazionale Lea Garofalo svolta a Cittanova?
Si è trattato di un momento importantissimo, quale contributo indispensabile al contrasto della criminalità organizzata, basato anche sulla memoria delle vittime, sull’esempio delle esperienze fornite dai positivi risultati ottenuti ed anche sulla critica alle esperienze negative, formulata in termini costruttivi, che forniscano la certezza, o almeno l’indistruttibile speranza, di poter costruire una società migliore.
Si è parlato di legalità, di lotta alle mafie ma anche di diritti civili. Quanto sono importanti questi argomenti da trattare con le scuole?
Sono assolutamente essenziali. A prescindere dai fenomeni di devianza minorile maturati in ambienti caratterizzati da contiguità criminale, rispetto ai quali la possibilità di incidere negli ambiti scolastici, seppur non assente, è tuttavia ridotta, va ricordato che, anche nei riguardi del giovane estraneo a detti ambienti, la trattazione di temi attinenti alla legalità è assolutamente essenziale.
L’approccio educativo attuale, positivamente indirizzato, come si deve, verso lo stimolo alla creatività e l’indipendenza di giudizio, può tuttavia, se mal interpretato, essere oggetto di torsione verso l’insofferenza pregiudiziale verso schemi di condotta, da rifiutare sol perché precostituiti, attitudine che può degenerare in pulsione verso l’indisciplina sociale e verso il successivo passo della violazione delle regole come valore in sé. Va spiegato invece che, nello stato democratico, le regole errate o obsolete vanno criticate, modificate, aggiornate, o abolite, solo con le modalità dello stato democratico stesso. Va chiarito inoltre ai giovani che, a parte la necessità di corretto comportamento nella vita quotidiana, è onere degli stessi formarsi quali cittadini consapevoli dei propri diritti e doveri; e fra i doveri, quello di partecipare a iniziative come appunto il premio Lea Garofalo, nell’ambito delle quali è necessario non solo far sentire agli operatori delle istituzioni l’appoggio della società civile, ma anche la ferma richiesta di intensificare il proprio impegno ad assolvere le pubbliche funzioni con disciplina ed onore, come richiesto dall’art. 54 della Costituzione.
Grazie al suo prezioso lavoro si sono potuti sapere gli assassini del cronista Giancarlo Siani e di Lea Garofalo. Come si arriva ad un risultato complicato come questi?
Il procedimento penale e le indagini preliminari costituiscono ormai, in ragione della interpretazione, nell’ambito del nostro sistema processuale, delle giuste finalità di garanzia, in un’ottica spesso meramente formalistica, un itinerario che rischia di essere farraginoso e spesso infruttuoso. E’ dunque sempre più necessario un elevato impegno del pubblico ministero che curi il collegamento costante con la polizia giudiziaria, il diretto svolgimento degli atti d’indagine di maggiore importanza, l’immediatezza delle ricerca delle fonti di prova e nella assicurazione dei riscontri alle dichiarazioni di testi, imputati e collaboratori di giustizia, con attenzione scrupolosa ai dettagli, in un costante aggiornamento della visione strategica delle indagini, che comunque non deve pregiudicare l’imparzialità nella valutazione delle emergenze; il tutto con l’energia e la passione che derivano sia dall’ empatia con le vittime sia dalla consapevolezza che l’esigenza di rispetto degli imputati e della difesa costituisce un valore meritevole di uguale impegno.
Nella sua carriera ha trattato importanti e numerosi procedimenti giudiziari nei confronti di organizzazioni criminali anche in collaborazione con FBI e con forze di polizia estera. Quanto è importante la cooperazione a livello internazionale in questo campo?
E’ ovviamente primaria anche e soprattutto per il contrasto del riciclaggio dei profitti della criminalità organizzata e della corruzione, quest’ultima essenziale per consentire alla criminalità organizzata di diventare mafia attraverso il collegamento criminale con i pubblici amministratori.
Si riscontrano infatti casi di condotte ampiamente svolte sul territorio nazionale, ed “internazionalizzate” ai fini del versamento del prezzo del reato, per finalità funzionali all’esigenza di occultamento del pagamento della tangente, tanto più pregnante quando maggiori sono gli interessi in gioco ed il prezzo della corruzione.
Si mira dunque ad ostacolare l’illecito attraverso pagamenti su conti esteri, simulando nel contempo un’ operazione commerciale fittizia con l’estero.
Ma l’indagine può internazionalizzarsi anche quando il versamento del prezzo al pubblico ufficiale italiano avviene materialmente in territorio nazionale (corruzione interna) allorché successivamente detto provento transiti all’estero, per il deposito su conti bancari meno aggredibili ovvero ai fini di reimpiego, così integrandosi il riciclaggio all’estero del provento del reato di corruzione interna.
Riciclaggio che in tal caso rientra, anche o esclusivamente, nella competenza di diverso Paese, ma il cui accertamento, nel secondo caso, rileva quantomeno a fini probatori, da adempiere anche perché si tratta dei casi di corruzione interna di maggiore gravità.
Peraltro l’indagine in materia di corruzione non può mai prescindere da individuazione, sequestro e confisca dei proventi del reato.
E’ a questi aspetti internazionalistici del fenomeno che si ricollega l’esigenza di indagine all’estero, di individuazione delle tracce e di apprensione dei profitti del reato.
A tale scopo è necessaria la profonda conoscenza, teorico-pratica circa:
- i contenuti ed i limiti della collaborazione in ambiti UE ed internazionali concernenti la raccolta delle prove all’estero, oppure l’acquisizione della documentazione concernente prove già formate;
- norme e prassi in materia di sequestro e confisca dei proventi del reato di corruzione;
- la conoscenza fluente quantomeno della lingua inglese, che consente di interagire efficacemente e direttamente con gli operatori del diritto e la polizia di altri paesi.
In passato è stato anche consulente della Commissione Parlamentare Antimafia la quale oggi si trova al centro di diversi contrasti. Quale deve essere il ruolo e il compito della Commissione?
E’ fondamentale il ruolo istituzionale della Commissione parlamentare antimafia, volto allo studio del fenomeno criminale e delle migliori prassi operative del contrasto, funzionali sia a promuovere le innovazioni legislative che lo rendano sempre più efficace sia a costituire una memoria storica della sua evoluzione, operativa e normativa, che consenta di trarre dal passato le esperienze intese ad evitare che si commettano gli errori del passato, sì anche da sviluppare una cultura comune della cooperazione fra istituzioni che non sempre si è efficacemente realizzata.