Non ci daremo pace fino a quando Cecilia non sarà liberata dal regime di Teheran. Nel 2024, quasi 2025, ancora è necessario fare le battaglie per la libera informazione. La libertà di stampa non potrà mai essere barattata. I vari regimi (non è che in Italia abbiamo proprio una libertà illimitata) si scontreranno sempre contro la nostra voglia di informare. Il nostro dovere è condizionato soltanto dal diritto della popolazione ad essere informata.
La vicenda di Cecilia è il nuovo spunto per tenere accesi i riflettori. Nessuno potrà mai imporre il bavaglio a chi cerca di fare al meglio il proprio dovere. Potete sanzionare (come il Governicchio italiano tenta di fare), punire, arrestare. Ma l’onda d’urto dell’informazione libera non sarà mai placata.
Cecilia Sala, in Iran per svolgere servizi giornalistici, con un regolare visto fornito dall’Ambasciata iraniana a Roma per lavorare, è stata fermata lo scorso 19 dicembre dalla polizia di Teheran. L’Ambasciata e il Consolato d’Italia a Teheran stanno seguendo il caso. “In coordinamento con la Presidenza del Consiglio, la Farnesina ha lavorato con le autorità iraniane per chiarire la situazione legale di Cecilia Sala e per verificare le condizioni della sua detenzione.”
Serve una condanna forte. Una presa di posizione nei confronti di un regime totalitario. Le parole servono a poco. E lo abbiamo visto con il caso Regeni. La diplomazia mischiata agli affari tra i vari Paese porta a situazioni vergognose. Noi pretendiamo l’immediato rilascio di Cecilia.
Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha espresso vicinanza alla collega e ai suoi famigliari, “auspicando che la vicenda possa concludersi nel migliore dei modi e più velocemente possibile”.
La giornalista si trova nella prigione di Evin in una cella d’isolamento. “E’ stata visitata dall’ambasciatrice d’Italia, Paola Amadei che ha effettuato una “visita consolare” per verificare le condizioni e lo stato di detenzione della giornalista”.
Cecilia è diventata un ostaggio da scambiare con un imprenditore iraniano. Lo ripetiamo, noi siamo vicini alla collega.
Alzare la voce per la stampa libera è sempre necessario. Deve trovare tutti d’accordo. Ma come mai nel caso di Assange questa regola è stata totalmente frantumata da alcune grancasse (sarebbe troppo definirli giornalisti) che non hanno speso una parola a sostegno di chi ha sputtanato gli Usa e i suoi complici per carte vere e piene di notizie. Di interesse pubblico.
Anzi le grancasse le hanno spese (le inutili parole) per attaccare colui che ha scontato 12 anni di “prigionia politica”. Rilasciato solo dopo pressioni psicologiche e fisiche, in stile Santa Inquisizione.
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