La targa dedicata a Beppe Alfano, giornalista assassinato dalla mafia l’8 gennaio 1993, è stata vandalizzata con un’ingiuria volgare in una località siciliana storicamente legata alla criminalità organizzata. Stiamo parlando di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Un atto che va oltre il semplice vandalismo: si tratta di un chiaro segnale di sfida, un’intimidazione postuma contro chi ha osato sfidare il potere mafioso con la forza della verità.
Ma voi siete dei vigliacchi e non ci fate paura.
Il gesto arriva a poche settimane di distanza da un evento pubblico organizzato per ricordare la figura di Alfano. Durante la commemorazione di gennaio, Sonia Alfano, una donna dignitosa impegnata attivamente nella lotta alla mafia, ha sottolineato l’importanza di mantenere viva la memoria di suo padre e di tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita per la giustizia.
Chi era Beppe Alfano? Il giornalista che sfidò la mafia
Giuseppe “Beppe” Alfano era un insegnante e giornalista d’inchiesta siciliano, noto per le sue coraggiose indagini sulla criminalità organizzata. Con il suo lavoro, spesso svolto in condizioni di totale solitudine e senza il supporto delle grandi testate, Alfano aveva denunciato il connubio tra mafia, politica e imprenditoria.
Dalle colonne del quotidiano locale “La Sicilia”, Alfano raccontava il radicamento del potere mafioso a Barcellona Pozzo di Gotto, svelando gli affari illeciti, i rapporti tra clan e istituzioni, e le trame oscure dietro appalti e traffici illegali.
Le sue inchieste portarono alla luce la presenza del boss Nitto Santapaola nella zona, un dettaglio che la stessa magistratura non aveva ancora pienamente chiarito. Proprio per queste rivelazioni, il giornalista divenne un bersaglio. L’8 gennaio 1993, Beppe Alfano venne assassinato con tre colpi di pistola mentre rientrava a casa. Il suo omicidio è stato attribuito alla mafia, ma ancora oggi persistono dubbi sui mandanti e su chi, oltre al boss locale Giuseppe Gullotti, abbia orchestrato l’esecuzione.
La gravità dell’oltraggio: un segnale inquietante
Deturpare una targa dedicata a un giornalista ucciso dalla mafia non è solo un atto di vandalismo. È un messaggio. Chiaro, minaccioso, destinato a colpire non solo la memoria di Alfano ma anche chiunque continui a parlare di lui e della sua eredità. Le scritte ingiuriose rappresentano un’offesa alla libertà di stampa, alla lotta per la verità e a tutti coloro che, come Alfano, sfidano il potere mafioso con l’unica arma possibile: l’informazione.
In Sicilia, e in molte altre regioni d’Italia, il controllo del territorio passa anche dalla gestione della memoria: cancellare, intimidire, svilire il ricordo di chi ha osato ribellarsi fa parte della strategia mafiosa. Questo episodio conferma che la mafia, seppur colpita duramente negli ultimi decenni, mantiene ancora un’influenza culturale e sociale.
Le istituzioni locali, le associazioni antimafia e i cittadini devono rispondere con fermezza: questo non è un semplice sfregio, ma un attacco alla giustizia e alla verità.
Beppe Alfano non è solo un nome su una targa, ma un simbolo della resistenza al potere mafioso.
Il gesto vandalico è la dimostrazione che la sua storia fa ancora paura. Ed è proprio per questo che non deve essere dimenticata. L’auspicio è che le autorità intervengano rapidamente per ripristinare la targa, ma soprattutto che la società civile continui a raccontare la verità, a diffondere il ricordo di chi ha sacrificato la propria vita per un Paese più giusto.
Perché finché un giornalista viene ricordato, la sua battaglia non è mai persa.
Per non dimenticare Beppe Alfano
"Sopra al sangue di mio padre è possibile costruire qualcosa di positivo”. Sonia Alfano https://wordnews.it/2024/03/14/sonia-alfano-mio-padre-e-stato-prima-ucciso-e-poi-abbandonato/ 8 gennaio 1993: una...
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