Il Molise è spesso percepito come una terra marginale rispetto alle grandi dinamiche mafiose italiane, ma gli ultimi sviluppi dimostrano come la criminalità organizzata abbia messo radici anche in questa regione. Le recenti indagini della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Campobasso, il lavoro giornalistico di Paolo De Chiara e la controversa storia politica di Vincenzo Niro gettano luce su un sistema di corruzione, traffico illecito di rifiuti e collusione tra criminalità e politica.
L’ultima inchiesta della DDA di Campobasso ha rivelato un vasto traffico illecito di rifiuti tra Molise e Puglia, coinvolgendo 47 persone, tra cui Francesco Roberti, presidente della Regione Molise, accusato di corruzione.
Secondo le indagini, rifiuti pericolosi provenienti dal Molise venivano smaltiti illegalmente in una centrale a biomasse a Foggia, gestita dalla società “Energia Pulita”. Roberti, all’epoca dei fatti presidente della Provincia di Campobasso e sindaco di Termoli, avrebbe favorito la società in cambio di denaro e regali personali.
Questa vicenda svela ancora una volta la presenza della criminalità organizzata nel sistema degli appalti pubblici, un fenomeno denunciato più volte dal giornalista Paolo De Chiara, autore del libro-inchiesta Il veleno del Molise.
Nel suo libro-inchiesta “Il veleno del Molise. Trent’anni di omertà sui rifiuti tossici”, Paolo De Chiara denuncia il silenzio istituzionale e la complicità politica che per anni hanno permesso lo sversamento illegale di rifiuti tossici nel territorio molisano.
Secondo De Chiara, il Molise è stato utilizzato come discarica per rifiuti industriali altamente pericolosi, senza alcun controllo e con gravi conseguenze per la salute pubblica. Il libro rivela trenta anni di operazioni illecite, mostrando come la criminalità organizzata abbia trovato terreno fertile nella regione, grazie anche all’omertà diffusa e alla mancanza di reazioni istituzionali adeguate.
L’inchiesta di De Chiara mette in evidenza una strategia consolidata della mafia, che non si limita più alle tradizionali attività criminali, ma si è infiltrata nel tessuto economico e politico, sfruttando gli appalti pubblici e il traffico di rifiuti per ottenere guadagni illeciti.
Un’altra figura controversa che evidenzia il rapporto tra politica e criminalità in Molise è Vincenzo Niro, politico locale che ha ricoperto diversi incarichi di rilievo nella regione. Tuttavia, il suo passato è segnato da un episodio inquietante: negli anni ’80, quando lavorava come agente di custodia, Niro fu condannato per aver introdotto armi nel carcere di Campobasso, “favorendo” la Nuova Camorra Organizzata, Raffaele Cutolo. Questo gli valse il soprannome di “cutolino”.
Nonostante questa macchia nel suo passato (è stato riabilitato), Niro ha continuato la sua carriera politica senza ostacoli, arrivando a ricoprire ruoli di prestigio all’interno dell’amministrazione regionale. Il suo caso solleva domande sulla trasparenza e sulla selezione della classe politica, soprattutto in territori in cui la criminalità organizzata riesce a influenzare le scelte amministrative attraverso la corruzione e le collusioni politiche.
Non sono casi isolati, ma fanno parte di un meccanismo più ampio che coinvolge tutta l’Italia. Il sistema mafioso si è evoluto, passando dalla violenza esplicita alla gestione dell’economia legale attraverso strumenti più sofisticati:
Controllo degli appalti pubblici: La mafia utilizza aziende compiacenti per vincere gare d’appalto e ottenere finanziamenti pubblici.
Connivenza politica: Amministratori corrotti facilitano operazioni illecite in cambio di tangenti e favori personali.
Smaltimento illegale di rifiuti: Le mafie guadagnano milioni di euro attraverso la gestione illecita dei rifiuti, con gravi danni ambientali e sanitari.
Intimidazione e silenzio: Chi denuncia viene spesso isolato o minacciato, mentre le istituzioni faticano a rispondere con fermezza.
Per fermare il controllo mafioso dell’economia e della politica servono azioni concrete:
Maggiore controllo sugli appalti pubblici: Introduzione di verifiche più rigorose sulle aziende che partecipano a gare d’appalto.
Protezione per i giornalisti d’inchiesta e i testimoni di giustizia: Chi denuncia deve ricevere tutele adeguate per evitare ritorsioni.
Sanzioni più severe per i politici corrotti: Chi ha avuto rapporti con la criminalità organizzata non dovrebbe ricoprire cariche pubbliche.
Educazione alla legalità: È essenziale sensibilizzare i cittadini per creare una cultura della trasparenza e della responsabilità.
L’idea che il Molise sia immune dalle dinamiche mafiose è un’illusione. Le indagini della DDA di Campobasso, le rivelazioni di Paolo De Chiara e il passato oscuro di politici locali come Vincenzo Niro dimostrano che la criminalità organizzata è presente e ben radicata nella regione.
La lotta alla mafia non può essere lasciata solo alla magistratura e alle forze dell’ordine, ma deve diventare una battaglia collettiva, che coinvolga cittadini, istituzioni e giornalisti. Solo così si potrà evitare che il Molise diventi un laboratorio di impunità per la criminalità organizzata.
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