Il giornale del Partito Comunista Russo era la Pravda, che significa “verità“. Non si potevano accontentare di chiamarlo “Manifesto del Partito“. No. “Verità“!!!!!
Berlusconi non “utilizzava” (copyright Ghedini) una prostituta minorenne, proteggeva la “nipote di Mubarack” (copyright Camera dei Deputati).
Vittorio Mangano non era un mafioso condannato per omicidio (copyright Corte Suprema di Cassazione), era un “eroe” (copyright Berlusconi).
Craxi non era un corrotto, era uno “statista“.
Andreotti non era un cinico complice dei mafiosi (copyright Corte Suprema di Cassazione) e sostenitore dell’assassino Sindona, era un “grande statista“.
E così la separazione delle carriere.
E’ chiaro come il sole perché la vuole un Governo che da quando è in carica (dopo soli venti giorni dall’insediamento ha modificato l’art. 4 bis dell’O.P. per non fare andare in carcere i corrotti condannati con sentenza definitiva) non fa altro che leggi che servono a garantire impunità ai criminali, facendo la faccia cattiva solo a quelli che vanno ai rave party (basti pensare all’abrogazione dell’abuso d’ufficio, che avrà conseguenze catastrofiche nel modo di gestire gli uffici pubblici).
Appena uno si azzarda a dire che l’unico scopo di questa riforma è il controllo politico della giustizia, subito insorge una folla di arrabbiati che, con la faccia indignata, urlano “ma come ti permetti“, “ma dove sarebbe, nella riforma, questo controllo politico” e altre amenità simili.
Non si capisce se questi sono così tanto stupidi da non essere in grado di vedere l’evidenza o se sono così tanto arroganti da pretendere che tutti gli altri ci adattiamo a recitare la parte degli imbecilli che credono alle menzogne del potere.
Professori universitari che spiegano dottamente quali preziosi obiettivi persegua la riforma, Camere Penali che si prostrano in ginocchio a lodare la santità di un Governo che non avrebbe altro obiettivo nella mente e nel cuore che rendere più efficiente la giustizia.
Ma poi arriva lo strepitoso Sottosegretario alla giustizia Delmastro, questo avvocato che apprende notizie riservate e le racconta al coinquilino, che le usa per fare politica, e, quando finisce sotto processo, dice, insieme alla fantastica Procura di Roma, che lui non aveva gli strumenti intellettuali per capire che le notizie erano riservate e, benché condannato in primo grado, resta a occuparsi della giustizia, perché nella politica italiana le condanne fanno curriculum.
Ecco, questa perla di Sottosegretario va su un giornale e dice spensieratamente, papale papale, che
“C’è un rischio nel doppio Csm. O si va fino in fondo e si porta il pm sotto l’esecutivo, come avviene in tanti paesi, oppure gli si toglie il potere di impulso sulle indagini. Ma dare un Csm al pm è un errore strategico che, per eterogenesi dei fini, si rivolterà contro”.
Come ho già scritto alcuni giorni fa (https://tinyurl.com/4evp4ynz), all’idea di Delmastro di togliere ai pubblici ministeri il controllo delle indagini Nordio sta già lavorando.
Dunque, Delmastro ci dice che il fine è dichiaratamente quello di “portare il pm sotto l’esecutivo“.
“Io credo che sia un errore dire di volere un giudice terzo. Dobbiamo avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome. Servono giudici UBBIDIENTI!”
E anche
“Nordio si deve dimettere, perchè è troppo moderato. Ci vuole qualcuno di molto più determinato. Basta con queste riforme all’acqua di rosa. La situazione è grave e sono necessarie leggi chiare ed efficaci”.
Il mio era un espediente retorico.
Ma il discorso di Delmastro, invece, è fatto “sul serio“.
Dal Sottosegretario di Stato alla Giustizia, che gode così tanto della piena fiducia della Presidente del Consiglio, che ella ci ha tenuto a dire urbi et orbi che Delmastro non si dimetterà nonostante la condanna.
Come si possa ancora continuare a sostenere che quello che Delmastro indica come “andare fino in fondo” (ossia “portare il pm sotto l’esecutivo“) non sia l’obiettivo del Governo è, ai miei occhi, un enorme mistero.
Ma sappiamo tutti che i valorosi propagandisti del potere continueranno imperterriti e, addirittura, con ancora maggiore zelo a ringhiare contro chiunque si permetta di dirlo. Con la stessa violenza di quelli che mettevano al bando chiunque si azzardasse a dire che Draghi mentiva sui costi e i tempi della guerra in Ucraina.
Il post dell’Avv. Cataldo Intrieri, certamente non sospettabile di essere complice degli orridi magistrati, e l’intera intervista al Delmastro.
Cito l’Avv. Intrieri perché è da anni fra i sostenitori della separazione delle carriere, ma oggi, con una onestà intellettuale della quale gli sono grato, riconosce che la riforma in corso di approvazione non è per nulla “un successo“.
“Ritorna l’interrogativo di Paolo Ferrua [Professore emerito di Procedura Penale, contrario alla riforma]: cosa ce ne facciamo di un pm separato quando si intimidiscono i giudici e il giusto processo è un panorama di macerie?”
Delmastro ha provato a dire di essere stato frainteso, ma il giornalista del Foglio ha tirato fuori la registrazione della intervista.
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