Un’espressione banale, quasi quotidiana: “Fate lavorare gli amici”. Ma dentro quella frase, intercettata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Campobasso, si condensano anni di relazioni, incarichi, promozioni, appalti e strategie. La cronaca degli ultimi giorni ha portato sotto i riflettori Francesco Roberti, governatore del Molise, finito sotto indagine per un presunto sistema di favori e corruzione legato al traffico illecito di rifiuti e agli appalti pubblici.
Una vicenda che – se confermata – travalica la sfera giudiziaria, aprendo interrogativi enormi sul funzionamento del potere locale, sul ruolo della politica nel controllo delle attività imprenditoriali, e sul confine labile tra “relazioni” e “connivenze”.
Le intercettazioni: come funziona la rete dei favori
Nel cuore dell’inchiesta c’è un mosaico di intercettazioni ambientali e telefoniche che, secondo gli inquirenti, mettono in luce una strategia precisa: facilitare l’accesso agli appalti pubblici a imprenditori “amici” o già inseriti nel circuito del potere.
In una conversazione riportata da la Repubblica, si legge:
“Prendi a Rocco, che tiene lo spaccio d’oro. Si preparerà ai grandi affari del futuro, visto che in carriera c’era la scalata alla politica…”
È la prova di un sistema che si autorigenera: si scelgono i subappaltatori non per competenze, ma per le relazioni. E nel frattempo si costruisce la base politica per “salire”, fino ai vertici della Regione.
Non solo. In altre telefonate, Roberti e sua moglie Elvira vengono citati direttamente in contesti che lasciano poco spazio all’immaginazione. Gli inquirenti parlano di una “collaborazione attiva” e di un comportamento “stabilmente asservito” agli interessi di una rete imprenditoriale che, secondo la DDA, si configura come associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti.
Il ruolo di Energria Pulita e l’imprenditore “di famiglia”
Uno dei nomi ricorrenti nell’inchiesta è quello dell’imprenditore Michele Di Geronimo, già noto per altre indagini in materia ambientale. È lui, secondo gli investigatori, ad aver beneficiato di un trattamento di favore da parte di Roberti. Il sospetto? Una rete di scambi di utilità reciproche tra politica e impresa.
“Lo conosciamo bene, è uno di famiglia. Facciamolo lavorare.”
Non si tratta di un singolo favore. Le intercettazioni ricostruiscono uno schema duraturo, con nomi suggeriti per incarichi, pressioni per far avanzare pratiche amministrative, e la creazione di un circuito economico-politico chiuso, impermeabile al controllo pubblico.
Formalmente, l’accusa a Roberti non include l’aggravante mafiosa. E il governatore, per ora, non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali. Ma il caso ha avuto una eco fortissima anche a Roma. La deputata di AVS Elisabetta Piccolotti ha chiesto che venga acceso un faro della Commissione Parlamentare Antimafia, mentre il PD, per voce di Walter Verini, ha chiesto “le dimissioni immediate” di Roberti.
Verini ha dichiarato:
“È inaccettabile che chi ricopre ruoli così delicati possa essere oggetto di accuse così gravi senza che la politica reagisca con la massima trasparenza.”
Una richiesta accolta con freddezza dal centrodestra molisano, che – almeno per ora – ha fatto scudo intorno al suo governatore.
Oltre le responsabilità individuali, ciò che emerge da questa vicenda è l’esistenza di un modello di potere opaco, in cui la distinzione tra pubblico e privato si sfuma. La gestione dei rifiuti, già campo sensibile per la sua storica vulnerabilità alle infiltrazioni criminali, si intreccia con i giochi della politica, dando vita a un sistema in cui il merito lascia spazio alla fedeltà.
Ed è proprio questo il punto più inquietante: che i criteri di selezione per appalti e subappalti non siano legati alla qualità delle offerte, ma alla capacità di “stare nei giri giusti”. Un capitalismo relazionale, ma con radici marce.
Il caso Roberti non è isolato. È il sintomo di un problema strutturale in molte aree del Paese: la debolezza dei controlli, la forza delle relazioni, la mancanza di trasparenza. In Molise, una regione piccola ma strategica, questo si traduce in una pericolosa sovrapposizione tra affari e politica.
Se confermate, le accuse rappresentano una ferita profonda alla credibilità delle istituzioni regionali. Ma anche se Roberti dovesse risultare estraneo a ogni illecito, la sola emersione di questo sistema relazionale impone una riflessione seria: su come si gestisce il potere, su chi lo controlla, e su quali anticorpi vanno attivati per difendere davvero l’interesse pubblico.
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