La regione Molise si trova al centro di una tempesta politica e giudiziaria senza precedenti. L’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) e l’interessamento della Commissione Parlamentare Antimafia hanno portato alla luce gravi interrogativi sulla gestione dei rifiuti e sull’infiltrazione della criminalità organizzata. La minoranza regionale ha chiesto con fermezza un passo indietro del Presidente Roberti, mentre le domande sull’operato delle istituzioni locali si fanno sempre più pressanti.
Il dato più inquietante di questa vicenda è che le denunce non sono nuove. Da anni il giornalista d’inchiesta Paolo De Chiara denuncia lo smaltimento illecito dei rifiuti, le collusioni tra politica e malavita e la presenza sempre più radicata di clan mafiosi nella regione. Queste segnalazioni, però, sono rimaste inascoltate, lasciando che il problema si aggravasse fino a esplodere in un’inchiesta giudiziaria che oggi scuote il Molise.
Il caso Roberti e la crisi politica in Molise
Le notizie riportate da Repubblica e l’attenzione della Commissione Parlamentare Antimafia rivelano un quadro preoccupante: il sistema di smaltimento illecito dei rifiuti sarebbe ormai infiltrato dalla criminalità organizzata. La minoranza consiliare sottolinea come il governatore Roberti, oggi indagato, non possa più rimanere in silenzio. Aveva promesso di chiarire la sua posizione in pochi giorni, ma finora non lo ha fatto.
Il nodo centrale è uno solo: le istituzioni possono ancora garantire trasparenza e legalità?
Le denunce inascoltate: un allarme ignorato per anni
Il nostro direttore Paolo De Chiara non è nuovo a questo tipo di inchieste. Già nel 2013, nel suo libro “Il veleno del Molise. Trent’anni di omertà sui rifiuti tossici”, denunciava il traffico di rifiuti pericolosi nella regione, rivelando come per decenni tonnellate di materiali tossici siano stati illegalmente interrati con la complicità di imprenditori e politici locali. Le sue parole suonarono allora come un monito, ma non vennero prese sul serio.
Nel corso degli anni, De Chiara ha continuato a indagare e a raccontare, in libri e reportage, come la criminalità organizzata abbia allungato i propri tentacoli su settori strategici dell’economia molisana. Il messaggio era chiaro: denunciare in Molise significa restare soli.
Più recentemente, nel 2023, con “Una vita contro la camorra”, De Chiara ha ribadito che la criminalità organizzata non è più solo un problema delle regioni meridionali più esposte, ma una realtà concreta anche in Molise, dove la ‘ndrangheta, la camorra e la mafia foggiana hanno trovato terreno fertile per le loro attività illecite.
I segnali della presenza mafiosa in Molise sono stati ignorati troppo a lungo. Le ultime inchieste confermano che la Società Foggiana, un’organizzazione criminale nota per la sua ferocia, ha esteso il proprio raggio d’azione nella regione, con attività legate a estorsione, usura e traffico di droga. Un commerciante di Campomarino è stato costretto a pagare ingenti somme di denaro sotto minaccia di ritorsioni, con espliciti riferimenti ai contatti camorristici.
Il silenzio della politica ha favorito questo processo. Per anni si è raccontata la favola di un Molise immune dalla mafia, un’“isola felice” che non esiste più. Le denunce di De Chiara e di altri giornalisti d’inchiesta sono rimaste nel vuoto, mentre le organizzazioni criminali consolidavano il loro potere. Solo oggi, con l’inchiesta della DDA forse si comincia a parlare apertamente di un fenomeno che da tempo avrebbe dovuto preoccupare le istituzioni.
Oggi il Molise è costretto a fare i conti con le proprie contraddizioni. Ma la vera domanda è: sarà sufficiente questa inchiesta a fare pulizia? Le istituzioni avranno il coraggio di agire concretamente per fermare l’espansione della criminalità organizzata? Oppure, come accaduto per le denunce di Paolo De Chiara, tutto verrà archiviato nel dimenticatoio, lasciando che il malaffare continui a governare nell’ombra?
La responsabilità di chi governa, oggi più che mai, è quella di scegliere da che parte stare.
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