«Le guerre sono combattute dalla più bella gente che c’è, o diciamo pure soltanto dalla gente, per quanto, quanto più ci si avvicina a dove si combatte e tanto più bella è la gente che si incontra; ma sono fatte, provocate e iniziate da precise rivalità economiche e da maiali che sorgono a profittarne». Addio alle armi, Ernest Hemingway.
Il celebre scrittore si riferiva, ovviamente, alle guerre degli eserciti. Ma le sue parole descrivono perfettamente anche altre “trincee” di questa società. La fu sanità pubblica è l’apoteosi, la plastica dimostrazione di quanto sta accadendo da decenni. Stiamo raccontando da anni quel che accade, abbiamo riportato denunce le più diverse da pazienti e loro familiari. Odissee per ritirare referti, giornate interminabili nei pronto soccorso, liste d’attesa infinite, carenze di farmaci anche salvavita, l’elenco è ampio, migliaia e migliaia di persone che in alcune zone dell’Abruzzo sono rimaste senza medico di base.
«La Federazione italiana di medicina generale ha denunciato la settimana scorsa che in tutto l’Abruzzo sono oltre sessantamila le famiglie rimaste senza medico di base. Ciò significa che persone di tutte le età a cui non è garantito neanche sulla carta un diritto fondamentale sono almeno tra il doppio e il triplo. In pratica siamo intorno, per una regione di poco più di un milione e trecentomila abitanti, almeno (se non oltre) il 10% della popolazione totale. E il numero dei medici di base con i prossimi pensionamenti è destinato a scendere ulteriormente» abbiamo riportato in un articolo di venticinque mesi fa.
L’11 aprile è stato un venerdì nero, nerissimo: caldi raggi di un sole primaverile riscaldavano l’aria ma nel Pronto Soccorso dell’Ospedale “San Pio” di Vasto il clima era cupo, dalle più nere nubi possibili, un venerdì carico di attesa, tensioni, difficoltà.
A metà pomeriggio c’erano persone che, dopo aver effettuato il triage, erano in attesa dalla mattina presto, le otto circa. Un’altra persona, entrata intorno alle undici e mezza, è stata visitata solo dopo oltre sette ore. Una paziente oncologica, da due anni in lotta contro uno dei tumori più aggressivi e pericolosi, quello al pancreas, è arrivata all’ingresso del pronto soccorso dell’Ospedale “San Pio” accompagnata dai familiari. Diversi minuti di attesa solo per il triage, su una sedia a rotelle che aveva un braccio che si staccava, dopo ore di attesa e un’emicrania fortissima, con momenti in cui gli occhi bruciavano e lacrimavano, alle 19 e 30 ha avuto un attacco violentissimo di vomito. In quel momento la sala d’attesa era stracolma di persone in attesa, diverse dal mattino e tutte da ore aspettando una prima chiamata.
Molte altre persone, tra pazienti in attesa e familiari, erano costretti ad attendere nel piazzale e nella rampa d’accesso. Per fortuna, è stato il pensiero di tanti, non si è più nei tempi del distanziamento previsto nelle disposizioni anti-pandemiche. E il tempo era clemente, in caso di pioggia la situazione sarebbe stata ancor più insostenibile. Nel momento in cui la paziente oncologica, in età avanzata, ha iniziato ad avere gli attacchi di vomito immediata è stata la preoccupazione dei presenti e si è cercato di chiamare immediatamente i sanitari.
Ogni ambulanza che arrivava, ogni sirena che si vedeva balenare all’orizzonte, fonte di ansia e preoccupazione per i molti presenti. Temendo gravi situazioni, spontaneo moto d’empatia, per chi era all’interno e timore di ore di attesa in più in arrivo. All’interno erano almeno cinque i “codici rossi” in situazione gravissima, un solo medico che in un pomeriggio primaverile, a dieci giorni dalla Santa Pasqua, ha vissuto ore di vera passione dovendo cercare di realizzare il possibile e l’impossibile per sostenere la situazione.
Come può lavorare un medico così? Con tutta la passione, l’empatia e la professionalità possibile dei sanitari con dedizione, è stato il pensiero ricorrente in quelle ore di attesa e gravi preoccupazioni, la situazione è apparsa insostenibile. Per pazienti, alcuni gravi come la signora malata di tumore al pancreas, e i loro familiari.