C’è chi guarda, chi resta in silenzio, chi commenta con distacco. E poi c’è chi, davanti all’orrore, grida. Lo fa con le parole di chi ha una coscienza che non accetta compromessi. È il caso dell’avvocato Enzo Guarnera, che ha deciso di rompere il muro dell’assuefazione e dell’ipocrisia, commentando con parole dure e coraggiose l’ennesima strage di civili nella Striscia di Gaza.
«Ho acceso la televisione per seguire il TG3.
Prima notizia: l’esercito israeliano bombarda a Gaza una casa dove viveva una dottoressa madre di 10 figli.
Di questi ne muoiono 9, il più piccolo aveva pochi mesi.Subito dopo scorrono immagini di bambini sporchi di calcinacci che piangono perché non sanno dove siano finiti i loro genitori.
Non resisto e spengo subito.»
Non è il gesto di chi si sottrae. È, al contrario, il rifiuto radicale di accettare la normalizzazione del crimine. Guarnera non cerca di edulcorare: «Non mi abituerò mai alla ferocia di un cinico genocidio ad opera di un sadico e folle nazista che governa lo Stato di Israele».
Parole che pesano, che bruciano. Non si tratta di antisemitismo, chiarisce subito l’avvocato: si tratta di umanità. Di verità. Di giustizia.
«Condanno con fermezza chi non si dissocia, anzi esprime vicinanza e fornisce armi ad un regime assassino.»
Il dito è puntato anche verso il governo italiano, verso chi, pur potendo parlare, sceglie la complicità. «Vedi Giorgia Meloni: sono uomo, sono padre, sono cristiano. Tu sei donna, sei madre, ma NON SEI CRISTIANA.»
Una dichiarazione forte, certo. Ma che affonda le radici nella contraddizione di chi sventola simboli religiosi e, al tempo stesso, sostiene con armi e silenzi una politica di sterminio. Una politica che uccide neonati e distrugge famiglie.
Guarnera si colloca «agli antipodi». Non per appartenenza ideologica, ma per scelta di civiltà. Perché in certe situazioni non si può restare equidistanti: o si sta con le vittime, o si è complici dei carnefici.
Il suo appello, prima ancora che politico, è morale. È un atto di resistenza civile in un tempo in cui l’indignazione viene messa a tacere, in cui il dolore viene ridotto a rumore di fondo, in cui l’informazione seleziona le lacrime.
Le parole di Enzo Guarnera non sono solo un commento. Sono un manifesto. Un invito a non spegnere il cuore, anche quando si spegne la TV. Un monito per chi governa, per chi tace, per chi finge di non vedere.
Perché, come scriveva Hannah Arendt, «il male non si presenta con il volto del mostro, ma con quello dell’uomo normale che obbedisce». E oggi, più che mai, disobbedire alla crudeltà è un atto di fede, giustizia e amore per la verità.