L’8 e il 9 giugno siamo chiamati a fare una scelta che riguarda tutti, al di là degli schieramenti politici: il lavoro non è una merce, ma un pilastro della società che deve essere tutelato e rispettato.
Viviamo in un’epoca in cui la ricchezza cresce, ma si concentra in sempre meno mani, impoverendo progressivamente la classe media e precarizzando milioni di lavoratori. Le regole del mercato non possono trasformare gli esseri umani in strumenti da sfruttare, compressi dalla logica del massimo profitto.
Non si può risparmiare sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Ogni vita ha un valore inestimabile, che non può essere subordinato ai bilanci aziendali.
Non si possono considerare i lavoratori stranieri integrati come cittadini di serie B. La loro dignità deve essere riconosciuta e garantita al pari di chiunque altro.
Questo referendum non è il cavallo di battaglia di una singola parte politica. È una battaglia di civiltà, di giustizia, di uguaglianza. È un’occasione per riaffermare che la dignità del lavoro è il fondamento della nostra Costituzione e della nostra convivenza democratica.
Sostenere questi quesiti referendari significa anche inviare un messaggio chiaro: basta investire in armi, guerra e riarmo. È tempo di investire in persone, diritti, lavoro, salute e istruzione.
L’8 e il 9 giugno non restare a guardare. Partecipa. Vota. Difendi i tuoi diritti e quelli delle generazioni future.
Il lavoro non è una merce. La dignità non si baratta. La democrazia si esercita.