A Somma Vesuviana, la camorra non ha mai smesso di marciare. Oggi lo fa con nuovi codici, nuovi simboli, nuovi volti. Ma il sangue è lo stesso.
Il tatuaggio “22” e il Kalashnikov: i simboli dell’appartenenza criminale
Un numero inciso sulla pelle, “22”, è diventato emblema di appartenenza criminale al clan Correale-De Bernardo. Un marchio che va oltre il simbolismo: è il biglietto da visita per entrare nell’organizzazione, per mostrarsi fedeli alla causa del clan.
E poi c’è lui, il Kalashnikov, non come semplice arma ma come simbolo ossessivo di potere, esibito, fotografato, idolatrato. Un’icona da culto per chi sogna di dominare le strade. Roberto De Bernardo – noto per la sua propensione alla violenza e l’ossessione per le armi – se ne vantava pur senza nemmeno conoscerne il funzionamento. Ma ciò che conta, in questa camorra da vetrina, è l’immagine, non la sostanza.
La foto del clan e i nuovi referenti: il potere non si spegne
In una foto di gruppo che sembra l’istantanea di una compagnia teatrale dell’illegalità, compaiono boss, gregari e pusher. Spicca la figura di Vincenzo Cinque, attuale referente operativo del clan sul territorio, mentre sullo sfondo restano le ombre ingombranti di Clemente Correale e dello stesso De Bernardo.
Anche se i capi storici sono ristretti nelle carceri, la macchina criminale continua a girare. E lo fa grazie alle donne del clan, che presidiano le piazze di spaccio, gestiscono i flussi, respingono gli “estranei” e proteggono gli affari. Non esitano a usare la violenza, se necessario. Anzi, ne fanno uno strumento ordinario.
Baby boss in ascesa: la gerarchia del denaro facile
A Somma Vesuviana sta crescendo un esercito di “baby boss”, ragazzi disposti a tutto pur di scalare i ranghi. Non cercano futuro, cercano rispetto, soldi facili e potere immediato. Li muove l’ambizione drogata della criminalità: meglio dieci anni da leone con il Rolex, che una vita da operaio con la schiena spezzata.
De Bernardo: il killer che voleva uccidere il boss
Nella foto in posa (pubblicata in alto) accanto a Clemente Correale, De Bernardo sorride. Ma dietro quel sorriso c’è una storia intrisa di sangue e tradimenti. Nonostante oggi sembri un alleato, aveva tentato di uccidere lo stesso Correale, scaricandogli contro numerosi colpi di pistola. È l’esempio perfetto della camorra di oggi: senza regole, senza onore, senza logica.
Complicità istituzionali e cecità politica: chi ha fatto finta di non vedere
Ripulire Somma Vesuviana sarà difficile. Forse impossibile. Ma sarebbe già un inizio smettere di far finta che la camorra non esista. Chi, negli anni passati, negava l’evidenza, chi faceva “campagna elettorale nel Parco Fiordaliso”, chi si sedeva a prendere il caffè con i boss, ha contribuito a creare questa realtà malata.
Chi oggi ricopre ruoli istituzionali, come un assessore alla legalità che tace e si comporta come se vivesse a Londra, è complice per omissione.
La nuova era della legalità: nomi, volti, indirizzi, movimenti
Oggi li conosciamo tutti. Abbiamo nomi e cognomi, sappiamo dove vivono, come si muovono, con chi si incontrano, quali auto guidano, chi nasconde droga e armi. Anche gli insospettabili.
Questa nuova camorra è affamata, imprevedibile, spavalda, ma proprio per questo più esposta. Non valuta le conseguenze, si muove di istinto. E proprio per questo può essere colpita.
La missione è una: non lasciarli respirare. Non devono più sentirsi padroni del territorio. Ogni loro passo è monitorato. Ogni mossa osservata.
E questo li innervosisce.
La paura ha cambiato direzione.