È giunto un altro anniversario del rapimento di Emanuela Orlandi e la verità su quanto accaduto quel giorno e sulla sua sorte non è ancora arrivata. Prosegue la lotta della famiglia Orlandi, il fratello Pietro sempre in prima linea, e proseguono anche depistaggi e macchine del fango, letture strumentali comode a determinati poteri e tentativi di servire cause ben diverse dalla verità e dalla giustizia. E molto più meschine.
Sabato prossimo a Roma Pietro Orlandi tornerà in piazza per un nuovo incontro pubblico – sit in «per continuare a pretendere verità e giustizia per Emanuela a 42 anni dal suo rapimento». 504 mesi di depistaggi, menzogne, finte piste, giustizia calpestata e verità negata. «A 42 anni dal suo rapimento vogliamo quella Verità che in troppi VERGOGNOSAMENTE continuano a nascondere» si legge nella locandina della manifestazione. Appuntamento alle ore 18 in piazza Risorgimento.
Il Sessantotto. Così nella memoria pubblica è passato alla Storia il 1968, un anno considerato spartiacque di tanti mutamenti sociali. Un anno di vitalità, ribellione, sogni. Come quelli che aveva una ragazza nata il 14 gennaio, all’alba di quell’anno, Emanuela Orlandi. Una ragazza piena di sogni, ideali, tutta una vita davanti. Fino al 22 giugno 1983. Aveva soli 15 anni e venne inghiottita da un buco nero.
Che oltre quarant’anni dopo attende ancora di essere illuminato e una famiglia di sapere cosa è accaduto quel giorno e cosa in questi otto lustri ad una propria cara.
L’Italia è il Paese dei depistaggi, delle trame, degli intrighi, dei misteri mai svelati. Cosa è stato di Emanuela Orlandi? In questi otto lustri abbiamo assistito a tutto e al contrario di tutto, sono fiorite ipotesi, rivelazioni che non rivelavano, crudeli bufale, irreali proposizioni di “verità” che della verità reale non sono neanche lontani parenti.
Interrogarsi, esercitare l’arte del dubbio, chiedere verità e giustizia dovrebbe essere impegno civile, umano, di ogni persona dotata di coscienza.
Che è sempre più rara in quest’Italia descritta da Pasolini, dominata da potenti maschere «imbrattate di sangue» (non più vagamente ma sempre più in decenni di stragi, mafia, depistaggi, giochi di potere che hanno assassinato, trucidato, violentato, perpetrato i crimini più orrendi e disumani) e dalla frenesia della colpevole incoscienza.
Esercitare l’arte del dubbio, dell’impegno civico e allo stesso tempo del rispetto più profondo.
Alla pluridecennale vicenda di Emanuela Orlandi ci si deve accostare con profondo rispetto, senza inerpicarsi in ricostruzioni che non ricostruiscono, in facili verità che tali non sono, in retoriche che aumentano solo la nebbia e la confusione. Su Emanuela Orlandi, sul suo possibile destino, su pupi e pupari che hanno i fili che hanno ingabbiato la sua giovane esistenza troppa la letteratura fiorita negli anni che non ha mostrato nessun rispetto per verità, giustizia, per il dramma della famiglia, per lei stessa.
Un rispetto, della famiglia e della verità, troppo spesso non praticato. «Emanuela è stata il tassello di un puzzle in un sistema di ricatti molto ampio» scrisse il fratello Pietro nel gennaio dell’anno scorso. Un puzzle in cui si sono inseriti, in questi oltre quarant’anni, intrighi e mezze verità, tritacarne mediatici, pupi, pupari e tanto altro dal sapore di depistaggi e verità di comodo. Nella primavera-estate di due anni fa una frase, estrapolata strumentalmente, di Pietro Orlandi alla trasmissione DiMartedì su La7 ha scatenato una canea e una catena di attacchi, insulti, tentativi di delegittimarlo poderosa. Quell’estate accadde ciò che ricostruimmo in un articolo l’11 luglio.
Anche nelle ultime settimane Pietro Orlandi varie volte ha smentito e smontato “ricostruzioni di comodo”, falsità e attacchi alla famiglia, alla memoria di Emanuela e alla ricerca di una verità vera. Due anni fa Alessandro Ambrosini, curatore del blog d’inchiesta “Notte Criminale” e colui che rese pubblico il video “Vatican Shock” e tra coloro che con tenacia e studio, approfondimento, conoscenza più sta seguendo e documentando, in un post facebook ha scritto di partita a scacchi sul caso Orlandi: «Carte fatte uscire a orologeria, dopo 40 anni. Secretate in qualche scaffale polveroso e che erano state già vagliate. Ha il sapore di un piano d’emergenza tenuto nascosto. Da usare in caso estremo. È una guerra di retroscena». Il mese scorso ha ricostruito quella che ha definito la strategia della gramigna.
Pietro Orlandi: un’inchiesta di Andrea Purgatori spiegò il mondo sporco tra Stato, Chiesa e criminalità di quegli anni». Purgatori intervistò la sorella di Mino Pecorelli che raccontò l’inchiesta sulla “Gran Loggia vaticana” con 121 affiliati, quattro conducono al rapimento di Emanuela Orlandi. «Mino mandò a Papa Luciani l’elenco dei prelati infedeli … Quella notte il Papa morì» ha ricordato Rosita Pecorelli.
Verità e giustizia per Emanuela Orlandi, sit in a Roma il 13 gennaio
Andrea Purgatori e le inchieste per la verità su Emanuela Orlandi
C’è stata «sudditanza psicologica dello Stato italiano nei confronti del potere vaticano» ha denunciato Pietro Orlandi.
La Commissione dovrebbe ascoltare i magistrati che si sono occupati dell’inchiesta, ha sottolineato ricordando uno dei fatti più gravi: l’incontro di Capaldo con esponenti vaticani in rappresentanza di papa Ratzinger e padre Georg. Capaldo chiese se Emanuela è morta la restituzione del corpo, «qua c’è stata una vera e propria corruzione», e gli fu risposto che poteva avvenire se la Procura avesse imbastito una storia che avesse tolta ogni responsabilità vaticana. Capaldo dichiarò all’ANSA che in Vaticano c’era qualcuno che sapeva tutto, Pignatone fece una dichiarazione pubblica contro Capaldo e lo rimosse. C’è un’intercettazione in cui affermano in Vaticano di stare tranquilli perché era «arrivato il procuratore nostro» con riferimento a Pignatone. Nominato procuratore vaticano da papa Bergoglio dopo la fine della sua carriera nella magistratura italiana.
«Sudditanza psicologica dello Stato italiano nei confronti del potere vaticano»